Era un sacco di tempo che non si vedeva tanta gente in piazza e, soprattutto, sinistra e centrosinistra in un corteo della Cgil. E questo un significato deve pur avercelo. Epifani ha osato, si è preso le sue responsabilità ed ha mobilitato il sindacato che si presentava solo a Roma, dopo la rottura con Cisl e Uil. Ha rischiato il flop, e il successo lo ripaga delle ansie della vigilia e dell’azzardo. Hanno ragione quelli che giudicano la protesta della Cgil, come una iniziativa politica. Non comprendiamo come possa essere chiamata una protesta che mette a nudo la crisi nel Paese, se non politica. Nel senso della scelta, della scelta di opporsi, di raccontare un’Italia che le forze di opposizione, dentro e fuori il Parlamento, per ragioni diverse, non riescono a raccontare. Quelli che dovrebbero fare opposizione in Parlamento sono paralizzati da veti incrociati, da differenze profonde sulla linea e sullo stesso modo di stare al mondo; quelli che stanno fuori non hanno voce e quando riescono a farsi sentire, la loro voce sembra venire dal secolo scorso e perciò non la sente nessuno ugualmente. La Cgil dunque è diventata l’opposizione riconoscibile nel Paese e quei due milioni e passa di uomini e donne che hanno sfilato per le vie di Roma hanno testimoniato il disagio del Paese. Quello che non arriva in televisione, alla radio e suoi giornali. Sono gli uomini e le donne che hanno perso il posto di lavoro, che non lo trovano, che non sanno quello che succederà domani, che sono in cassa integrazione. Gli uomini e le donne che non sanno come sbarcare il lunario perché non ce la fanno a campare con i quattro soldi della pensione o dello stipendio, che perde di valore ogni giorno di più. Il Paese che ha una casa in affitto che non può pagare. La protesta della Cgil ha consentito a questa gente di parlare all’Italia che vede i telegiornali dei grandi network e crede di vivere nel Paese dei balocchi, tutto rose e fiori. Ed ascolta i governanti che reclamano fiducia e pretendono che non si abbandonino le buone abitudini: andare a cinema, a teatro, acquistare vestiti, viaggiare, passare serate al ristorante. Una situazione kafkiana per chi non sa dove sbattere la testa. A questa Italia cui viene promesso il Grande Sogno, la moralità del fare (congresso fondativo del PDL), rispondono i disoccupati, sottoccupati e precari del corteo Cgil. Che non si poteva proporre certo la soluzione dei problemi sul tappeto, ma che ha svolto ad un compito fondamentale, di farli conoscere per quelli che sono, né più né meno. Il fatto che uno dei Ministri di punta, Renato Brunetta, abbia ironizzato pesantemente sulla manifestazione di Roma, giudicandola positiva per il fatto che ha obbligato tanta gente a viaggiare e andare al ristorante, è la riprova che la Cgil ha raggiunto il suo obiettivo. È assai probabile che in quella piazza il ministro Brunetta non avrebbe avuto modo di commuoversi per un applauso prolungato, com’è capitato durante il congresso del PDL. Scaricare le responsabilità dei guai del Paese sui fannulloni è molto più facile assumere provvedimenti che diano serenità a milioni di italiani su cui si è abbattuta la crisi come una mannaia. Una considerazione, infine, sui “contras” del PD. Avrebbero voluto che i dirigenti del centrosinistra restassero a casa perché la Cgil era sola in piazza. Ma un'opposizione che non si oppone, né in piazza né altrove, quale parte dovrebbe recitare? Del convitato di pietra?
Da "SiciliaInformazioni"
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