martedì 1 settembre 2009

Diario dai campi di lavoro. A Palermo in via D'Amelio, alla Cattedrale e all'Antica Focacceria S. Francesco, simbolo di riscatto dalla mafia

Dopo la settimana di fatiche finalmente la sveglia stamattina suona gradita (e un po’ più tardi, per la gioia delle nostre stanche membra!). La colazione è più abbondante del solito… pregustando la giornata di degustazioni siciliane, iniziamo a testare la capacità del nostro stomaco fin da subito. Così, dopo il puntuale ritardo siciliano di ogni mattina, partiamo alla volta della scoperta di Palermo! Durante l’oretta di viaggio c’è chi dormicchia, chi ci delizia con le sue doti canore e chi si perde in lunghe disquisizioni filosofiche…”ma si dice arancino o arancina?” Il dubbio viene dissipato ben presto. Appena arrivati ci lanciamo all’assalto del primo bar che incontriamo…arancini, cannoli, granite, paste e chi più ne ha più ne metta… ci lasciamo conquistare subito da questi sapori che sanno di oriente, di mosaici bizantini e di un incontro di culture che scopriremo poi visitando le meraviglie artistiche della città. Come per incanto veniamo trascinati dalle parole di Calogero alla scoperta di questa affascinate città. ...la maestosa Cattedrale ci affascina per la sua grandiosità e bellezza e molti di noi iniziano a chiedersi come sarebbe bello affacciarsi alla finestra del liceo classico lì a fianco durante tutti gli intervalli! La multiculturalità di Palermo si evidenzia soprattutto nella struttura architettonica della chiesa La Martorana, inizialmente concepita come moschea: i capitelli recanti il nome di Allah sostengono il soffitto a cupola decorato con la rappresentazione di Cristo. La cosa che più ci colpisce è che queste architetture imponenti e preziose convivono con una realtà più nascosta fatta di vicoli, palazzi scoperchiati e cassonetti traboccanti. Eppure, nonostante il degrado evidente di alcune zone, veniamo travolti dalla profonda umanità che abita proprio nel contrasto e nella complessità di una città che ancora ci sfugge. Decisamente emozionante e coinvolgente è la visita in via D’Amelio, dove Paolo Borsellino fu ucciso da una bomba mentre si recava a trovare sua madre. Nel luogo della tragedia troviamo un albero pieno di pensieri e di doni che i visitatori prima di noi hanno lasciato per commemorare la strage. Anche noi decidiamo di lasciare un cappellino con i nostri nomi, come simbolo del nostro passaggio e testimone dell’impegno del campo Liberarci dalle spine. Ogni giorno di più diventiamo sempre più coscienti della ricchezza di quest’esperienza e del continuo confronto con persone coraggiose che hanno fatto dell’antimafia la loro scelta di vita. E domani….. POMODORIIIIII!!!!

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