mercoledì 15 ottobre 2008

A Palermo e Piana degli Albanesi, ricordando Giovanni Orcel e ragionando di futuro

La Sicilia (e l’Italia) oggi sarebbero di sicuro più sviluppate se la “questio-ne agraria”, che si era posta con forza alla fine del 1800 e subito dopo le due guerre mondiali, fosse stata affrontata e risolta dal punto di vista del movimento contadino. Invece, il presidente del consiglio Francesco Crispi all’epoca dei Fasci (1892-94), i governi liberali durante il “biennio rosso” (1919-20) e i governi a guida Dc nel secondo dopoguerra (1948-50) preferirono stare dalla parte degli agrari assenteisti, che affidavano i loro feudi ai gabelloti mafiosi, tollerando (e a volte “promuovendo”) la sistematica repressione del movimento contadino e operaio meridionale, sfociata spesso in delitti e stragi.
Un delitto particolare fu quello consumato a Palermo la sera del 14 ottobre 1920. A cadere sotto i colpi di pugnale di un killer fu Giovanni Orcel, capo degli operai metallurgici, ma anche leader dell’ala intransigente del Partito socialista. Era noto l’astio nei suoi confronti dei "padroni" del Cantiere Navale, specie dopo la lunga occupazione del settembre 1920. «Con Orcel bisogna romperla», aveva detto qualche ora prima dell’assassinio l’amministratore della fabbrica palermitana, Berio. Giovanni Orcel aveva avuto intensi rapporti anche con i comuni della provincia di Palermo. In particolare, con i comuni contadini dell’interno come Prizzi e Corleone. Da questi rapporti era anche nato un solido rapporto umano e politico con Nicola Alongi, prizzese e leader del movimento contadino. Insieme, avevano maturato l’idea che, senza l’unità di classe tra contadini ed operai, non era possibile vincere la battaglia per la libertà e la democrazia in Sicilia. «Nacque così, per la prima volta in Sicilia, e forse in Italia, l’alleanza operai-contadini», sostiene lo storico Giuseppe Carlo Marino, anticipatrice di quella che sarebbe stata, qualche anno dopo, una delle più famose teorie di Antonio Gramsci. E fu l’elaborazione teorica più importante del "biennio rosso" nella nostra isola. Non a caso, l’offensiva reazionaria e mafiosa, che aveva l’obiettivo di fermare le lotte operaie e contadine, prese di mira, in rapida sequenza, proprio i due leader. Alongi venne assassinato a Prizzi la sera del 29 febbraio 1920, Orcel a Palermo la sera del 14 ottobre. Sempre a Palermo, domenica 23 gennaio 1921, alle 19,30, in via Lincoln, all’angolo con via Castrofilippo, un uomo cadde ucciso con una pugnalata alle spalle. Era don Silvestre "Sisì" Gristina, capomafia di Prizzi. Per la giustizia ufficiale questo delitto rimase un mistero. Solo nel 1971, grazie ad un reportage del giornalista de “L’Ora” Marcello Cimino, si scoprì che ad assassinarlo fu un gruppo ristretto di fidati compagni di Orcel ed Alongi. Una disperata quanto sommaria "giustizia proletaria", come reazione allo Stato di allora che aveva frettolosamente archiviato come ad opera di ignoti i delitti dei due dirigenti sindacali. Martedì 14 ottobre 2008, l’88° anniversario dell’assassinio di Orcel è stato ricordato con un convegno a Palermo (“Sviluppo, legalità, diritti”), al quale, tra gli altri, ha partecipato Susanna Camuso, e con una tavola rotonda a Piana degli Albanesi (“Le stragi nella storia repubblicana) con i segretari generali delle Camere del lavoro di Palermo (Maurizio Calà), Brescia (Marco Fenaroli), Firenze (Mauro Fuso) e Milano (Onorio Rosati), e con Italo Tripi, segretario generale Cgil Sicilia, e Carlo Grezzi, presidente della Fondazione “Di Vittorio”.
D.P.
FOTO: Da sx: Giovanni Orcel; i partecipanti alla tavola rotonda di Piana degli Albanesi.

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