martedì 14 ottobre 2008

Il Presidente di Banca Etica: "E' l'ora di cambiare le regole: si dia spazio alla finanza etica"

Parla il presidente di Banca Etica, l'istituto di credito popolare del Terzo Settore, Fabio Salviato: "Il nostro modello è trasparente e premia chi fa economia reale, ma siamo penalizzati". La crisi finanziaria ha mostrato la debolezza dell'attuale sistema: "Si torni ai principi di sana e prudente gestione, finanziando chi migliora la società"
di ROSARIA AMATO
ROMA - Per anni Banca Etica è cresciuta a dispetto di un sistema che classificava i suoi investimenti come BB-, "spazzatura", ricorda il presidente Fabio Salviato. Senonché poi si è scoperto che la spazzatura vera era altrove, immessa nel mercato con lusinghieri e rassicuranti rating 'tripla A'. "Siamo arrivati al paradosso per cui si è puniti se si sostiene l'economia reale e premiati se si specula, vengono disincentivati i finanziamenti all'economia sociale ma si permette la piena operatività sul mercato dei derivati perché non regolamentato", dice Salviato. E adesso, nel pieno della bufera finanziaria che ha bruciato miliardi in tutto il mondo, premiata dai risparmiatori che negli ultimi due mesi hanno fatto registrare un aumento del 100 per cento dell'apertura di conti correnti, Banca Etica ha deciso di cogliere l'occasione non per dire "siamo i più bravi", ma per chiedere una revisione delle regole che penalizzano una realtà economica sana e che hanno permesso a istituzioni finanziarie non altrettanto scrupolose e trasparenti di gettare i mercati nel panico e di costringere i governi a massicce iniezioni di liquidità per evitare una rovina analoga a quella del '29.
Voi lamentate come in tutti questi anni le imprese finanziate da Banca Etica siano state considerate estremamente rischiose, e per questo penalizzate.
"Noi rappresentiamo le imprese non profit , comprese le parrocchie, per esempio. Lei ha mai visto una parrocchia che fallisce? Le nostre imprese presentano un tasso di sofferenza del 0,3% lordo. Noi finanziamo gran parte di quelle imprese che vengono considerate nel sistema del Terzo settore: per questa ragione dalla regolamentazione italiana e internazionale i nostri investimenti vengono considerati a rischio massimo, e penalizzati da difficoltà indicibili nella concessione del credito. Le valutazioni fatte dagli analisti non tengono conto dei piani di sviluppo a medio e lungo termine delle imprese richiedenti, ma badano all'utile immediato senza dare peso al grande valore sociale intrinseco in certe produzioni o in scelte di posizionamento nella comunità locale. E allora bisogna che ci mettiamo d'accordo su queste regole: non è possibile che chi fa economia reale, crea posti di lavoro, milioni di ettari di agricoltura biologica che impiegano il doppio dei dipendenti della Fiat, sia considerato a rischio massimo, e gli altri no. Bisogna rivedere queste regole e privilegiare criteri come i nostri, che hanno dimostrato di essere una buona prassi. Le regole attuali sono quelle che hanno contribuito a portarci a questa catastrofe".
Quali regole in particolare andrebbero modificate secondo voi, e come?
"La normativa Ias (i principi contabili internazionale, ndr) considera le imprese ai valori di mercato, come se si dovesse vendere ora. Perché non torniamo alle origini, considerato che le banche sono nate in Italia proprio grazie a San Francesco? Torniano al principio della sana e prudente gestione. Oggi con questi criteri inoltre non abbiamo strumenti con i quali far fronte alle speculazioni. Le regole vanno riviste, in un'ottica di maggiore protezione. Devono essere applicate a tutti: in questo momento è come se avessimo le autoambulanze costrette a fermarsi ai semafori e le Ferrari che possono sfrecciare a 300 all'ora. Infatti le banche d'investimento americane tipo Lehman Brothers non sono assoggettate a nessuna regola: ricevevano la tripla A, emettavano le obbligazioni che valevano più dei titoli di Stato italiani".

E quindi, come dovrebbe cambiare il sistema finanziario?
"Intanto la banca deve ricominciare a fare la banca: negli ultimi venti anni le banche hanno smesso di fare il loro ruolo, che era quello di raccogliere risparmio e dare fiducia agli imprenditori o ai privati, e hanno fatto sempre più finanza, non credito, alimentando con danaro il mercato finanziario con percentuali sempre più alte, favorendo la diffusione di derivati e altri prodotti altamente speculativi. E invece la banca deve tornare ad essere un soggetto che va a finanziare l'economia reale, naturalmente a ragion veduta".
Il problema è anche la trasparenza.
"La percezione attuale che si ha del sistema bancario è che ci sia una sorta di opacità. Quando l'Fbi ha cercato di trovare gli speculatori che in America avevano scommesso al ribasso contro alcuni titoli, compreso American Airlines, cinque giorni prima dell'11 settembre, guadagnando un miliardo e 400 milioni di dollari, non c'è riuscita, perché i colpevoli si sono persi nei paradisi fiscali. La trasparenza deve essere uno degli elementi che ci caratterizza, anche, e non solo, per evitare il riciclaggio della malavita: i paradisi fiscali rappresentano elementi di opacità. La trasparenza significa anche che il risparmiatore deve capire come viene investito il proprio danaro".
Il risparmiatore italiano però ha una cultura finanziaria quasi inesistente, tende ad accettare qualunque cosa gli propongano banca e consulente finanziario, senza rendersi conto dei margini di rischio.
"E' vero che nostri cittadini spesso hanno un rapporto poco responsabile verso la finanza. Però questo atteggiamento deriva anche dal rapporto di fiducia che c'è sempre stato verso la banca. Da un lato serve maggior trasparenza da parte delle banche, ma dall'altra anche il risparmiatore-investitore deve pretendere di avere maggiori informazioni, e deve conoscere alcune regole fondamentali: se io investo in un prodotto finanziario che rende molto più della media, è evidente che sto rischiando di più. Fatte salve le responsabilità del sistema finanziario, anche il risparmiatore deve assumersi le sue responsabilità".
Anche se voi siete una banca sana, non avete investito in derivati o in altri prodotti a rischio, il crollo dei mercati vi ha comunque danneggiati?
"Noi comunque siamo dentro il mercato, e quindi ne viviamo anche le pertubazioni, ma avendo una politica secondo la quale la raccolta viene utilizzata per i finanziamenti, e il resto rimane in tesoreria, investito principalmente in titoli di Stato, siamo tranquilli. E siamo anche una banca molto liquida, con una raccolta diretta di 550 milioni e indiretta di 100 milioni e impieghi per 400 milioni. Una gestione che ci ha premiati: in questo periodo stiamo assistendo all'apertura di conti correnti 10 volte superiore rispetto a un mese fa. Anzi, siamo in controtendenza perché stiamo avviando una nuova importante iniziativa".
Di che si tratta?
"Stiamo per realizzare la prima banca etica europea con francesi e spagnoli, utilizzando un modello cooperativo, in base a una legge europea del 2003. Avrà sede in Italia, e sarà controllata dalla Banca d'Italia. Quindi tutto sommato, a modo nostro, tuteliamo anche l'italianità: il nostro modello cooperativo è stato riconosciuto come interessante da altri Paesi, nei quali era ormai scomparso. Come pure il sistema di premiare gli investimenti 'sostenibili', assicurando migliori condizioni di credito a chi migliora l'ambiente o fa investimenti di particolare valore sociale".
(La Repubblica, 14 ottobre 2008)

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