Nuova audizione del figlio del sindaco di Palermo, che mostra una lettera a Berlusconi: "La scrisse mio padre, e il nuovo partito nacque dai contatti Stato-Cosa nostra"
PALERMO - Massimo Ciancimino torna a deporre al processo che vede imputato l'ex generale del Ros ed ex capo dei servizi segreti Mario Mori e parla della "terza fase" della trattativa che sarebbe stata intavolata fra Cosa nostra ed esponenti delle istituzioni a partire dal 1992, l'anno delle stragi Falcone e Borsellino. "Nel 1994, l'ingegner Lo Verde, alias Bernardo Provenzano, mi fece avere tramite il suo entourage una lettera destinata a Dell'Utri e Berlusconi - rivela Ciancimino - Io la portai subito a mio padre, che all'epoca era in carcere: lui mi disse che con quella lettera si voleva richiamare Berlusconi e Dell'Utri, perché ritornassero nei ranghi. Mio padre mi diceva che il partito di Forza Italia era nato grazie alla trattativa e che Berlusconi era il frutto di tutti questi accordi". C'è quella lettera al centro della deposizione di Massimo Ciancimino. "Ne è rimasta solo una parte - dice il testimone rispondendo alle domande del pubblico ministero Antonio Ingroia - eppure, fino a pochi giorni prima della perquisizione fatta dai carabinieri nel 2005 a casa mia, nell'ambito di un'altra indagine, il documento era intero. Ne sono sicuro. Non so cosa sia successo dopo". In ciò che è rimasto nella lettera si legge: "... posizione politica intendo portare il mio contributo (che non sarà di poco) perché questo triste evento non ne abbia a verificarsi. Sono convinto che questo evento onorevole Berlusconi vorrà mettere a disposizione le sue reti televisive". Il "triste evento" sarebbe stato un atto intimidatorio nei confronti del figlio di Silvio Berlusconi. Massimo Ciancimino spiega: "Provenzano voleva una sorta di consulenza da parte di mio padre: questo concetto di mettere a disposizione le reti televisive l'aveva suggerito proprio lui a Provenzano, qualche tempo prima. Mio padre si ricordava di quando Berlusconi aveva rilasciato un'intervista al quotidiano Repubblica. Diceva che se un suo amico fosse sceso in politica lui non avrebbe avuto problemi a mettere a disposizione una delle sue reti".
Vito Ciancimino avrebbe poi rielaborato la lettera di Provenzano: Massimo Ciancimino ha consegnato questa mattina al tribunale il secondo foglio della bozza scritta dal genitore. "La lettera è indirizzata a Dell'Utri e per conoscenza al presidente del consiglio onorevole Silvio Berlusconi - spiega il testimone - io fui incaricato di riportarla a Provenzano. Poi non so che fine abbia fatto e se sia stata consegnata". Insorge in aula l'avvocato Piero Milio, uno dei legali del generale Mori: "Cosa c'entrano questi argomenti con il processo, che si occupa della presunta mancata cattura di Provenzano nel 1995 a Mezzojuso, provincia di Palermo?". Il presidente della quarta sezione del tribunale, Mario Fontana, respinge l'opposizione e invita il pubblico ministero Ingroia a proseguire nelle domande: "E' comunque importante accertare cosa sia avvenuto eventualmente prima o dopo", dice. Secondo la ricostruzione di Massimo Ciancimino, fatta propria dalla Procura, la trattativa fra mafia e Stato condotta durante le stragi del 1992 avrebbe avuto una "terza fase": "A Vito Ciancimino, nel rapporto con Cosa nostra, si sarebbe sostituito Marcello Dell'Utri", è l'accusa del figlio dell'ex sindaco. Che aggiunge: " Mio padre mi disse che fra il 2001 e il 2002 Provenzano aveva riparlato con Dell'Utri". La "bozza Ciancimino" ha un passaggio in più rispetto al documento sequestrato nel 2005. E' scritto nel finale: "Se passa molto tempo e non sarò indiziato del reato di ingiuria sarò costretto ad uscire dal mio riserbo che dura da anni e convocherò una conferenza stampa". Chiede il pubblico ministero Nino Di Matteo: "Cosa sua padre minacciava di svelare?". Risponde Ciancimino junior: "L'origine della coalizione che aveva portato in politica Silvio Berlusconi". Chiede ancora il pm: "A quando risaliva la bozza?". Ciancimino: "Il 1994-1995".
I servizi segreti. Nell'audizione torna il misterioso "signor Franco", l'agente dei servizi segreti che secondo Ciancimino junior sarebbe stato in contatto con il padre e con Provenzano. "Dopo un'intervista con Panorama, in cui emergeva in qualche modo un mio ruolo nell'arresto di Riina, il signor Franco mi invitò caldamente a tacere e a non parlare più di certe vicende perché tanto non sarei mai stato coinvolto e non sarei mai stato chiamato a deporre. Cosa che effettivamente avvenne - accusa Ciancimino junior - visto che fino al 2008, quando decisi di collaborare con i magistrati, nessuno mi interrogò mai". Anche durante gli arresti domiciliari Massimo Ciancimino avrebbe ricevuto una strana visita: "Un capitano dei carabinieri - dice il testimone - mi invitò caldamente a non parlare della trattativa e dei rapporti con Berlusconi".
L'incontro con Gelli. Un emissario del signor Franco gli avrebbe pure preannunciato un'imminente inchiesta nei suoi confronti e persino gli arresti domiciliari: "Per questo, ero stato invitato ad andare via da Palermo". Ciancimino riferisce ancora le parole che gli avrebbe riferito il capitano del Ros Giuseppe De Donno, collaboratore di Mori:"Mi rassicurò che nessuno mi avrebbe mai sentito sulla vicenda relativa all'arresto di Riina. Su questa vicenda - mi disse - sarebbe stato persino apposto il segreto di Stato". "Franco" avrebbe intensificato i suoi rapporti con i Ciancimino nell'estate delle stragi e avrebbe svolto un ruolo, prima in veste defilata poi da protagonista, nella cosiddetta "trattativa" tra Cosa nostra e le istituzioni. In quei mesi Vito Ciancimino avrebbe anche incontrato Licio Gelli a Cortina.
La perquisizione. Secondo la Procura, l'ultimo mistero legato al caso Ciancimino sarebbe quello della perquisizione del 2005: "Nessuno dei carabinieri presenti - accusa il testimone - chiese di aprire la cassaforte, che era ben visibile nella stanza di mio figlio". Si commuove Massimo Ciancimino quando vede le fotografie della casa, fatte di recente dalla Dia su ordine della Procura. "In quella villa di Mondello ho tanti ricordi - spiega - lì ha vissuto mio figlio dopo la nascita". Dopo una breve sospensione dell'udienza, Ciancimino torna ad accusare: "I carabinieri e qualcun altro sapevano che in quella cassaforte c'erano il papello e altri documenti".
Le minacce. "Anche la settimana scorsa ho ricevuto delle pesanti intimidazioni - denuncia Massimo Ciancimino - sul parabrezza della mia auto è stata lasciata una lettera dal contenuto molto chiaro: neanche i magistrati di Palermo ti potranno salvare".
Le reazioni. "Siamo alla pura invenzione che sfiora, anzi sicuramente entra nel campo della pazzia". E' la durissima reazione di Marcello Dell'Utri, che conclude; "Lo Stato non eravamo noi. In ogni caso, a parte che non siamo lo Stato, non siamo mai stati in condizione di essere parte in questi discorsi". A lui si aggiunge il commento di Gaetano Quagliarello, vicecapogruppo Pdl in Senato: "La farsa continua".
La Repubblica, 08 febbraio 2010
FOTO. Dall'alto: Massimo Ciancimino; la lettera "incriminata".
La Repubblica, 08 febbraio 2010
FOTO. Dall'alto: Massimo Ciancimino; la lettera "incriminata".
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