martedì 31 marzo 2009

Corleone. Interrogazione sul Nuovo Piano Traffico

Al Signor Presidente del Consiglio comunale
Al Signor Sindaco del Comune di Corleone
L O R O S E D I


Il sottoscritto consigliere comunale

- PREMESSO CHE la Giunta Municipale ha approvato il “Nuovo Piano Traffico”, i cui grafici sono stati riprodotti in un manifesto che campeggia su tutti i muri della città;
- CONSIDERATO CHE il predetto Piano, a parte l’opportuna introduzione di qualche senso unico, per il resto pare che inverta la direzione di marcia di tanti altri, senza individuare soluzioni capaci di migliorare la vivibilità urbana, decongestionando i flussi di traffico;
- CONSIDERATO CHE col predetto manifesto si informano i cittadini che, entro dieci giorni, possono presentare proposte alternative o migliorative al nuovo piano del traffico, ma non appare chiaro da quando decorrono questi dieci giorni, dal momento in cui il manifesto non reca nessuna data;
- RITENUTO CHE il diritto riconosciuto genericamente a tutti i cittadini di presentare eventuali proposte alternative e/o migliorative dovrebbe essere riconosciuto anche al consiglio comunale e ai cittadini organizzati nei sindacati e nelle associazioni di volontariato, offrendo loro l’opportunità di potersi confrontare con i tecnici che hanno elaborato il Piano in questione;

INTERROGA LA S.V. PER SAPERE

1. Se non ritiene opportuno e necessario, al di la delle generiche frasi contenute nel manifesto pubblicitario, spiegare ai cittadini i contenuti e gli obiettivi del Nuovo Piano del Traffico;
2. Se, nelle more, non ritiene opportuno e necessario sospendere l’efficacia del Nuovo Piano del Traffico, sottoponendolo ad un confronto preventivo col consiglio comunale e con le organizzazioni sindacali, professionali e di volontariato;

Si prega di rispondere nella prossima seduta del Consiglio comunale.

Dino Paternostro

Corleone. Interrogazione sul Programma di riqualificazione urbana

Al Signor Presidente del Consiglio comunale
Al Signor Sindaco del Comune di Corleone
L O R O S E D I


Il sottoscritto consigliere comunale

- PREMESSO CHE la Giunta Municipale con delibera n. 38 del 30.01.2009 ha approvato l’atto d’indirizzo e l’individuazione del personale tecnico per la redazione degli atti di partecipazione al bando regionale “Programma di Riqualificazione Urbana per Alloggi a Canone sostenibile”;
- CONSIDERATO CHE con la stessa delibera la Giunta Municipale individua, senza indicarne criteri oggettivi, l’area di intervento indicando la stessa in una planimetria allegata all’atto;
- RILEVATO CHE tante altre aree della nostra città hanno le caratteristiche per essere individuate come destinatarie del Programma di Riqualificazione Urbana in questione;
- RITENUTO CHE, per una scelta così importante, sarebbe stato più opportuno e più conforme alle norme di legge in materia urbanistica che l’organo chiamato a deliberare l’atto d’indirizzo fosse il consiglio comunale;

INTERROGA LA S.V. PER SAPERE

1. In base a quali criteri oggettivi la Giunta Municipale ha individuato l’area destinataria del “Programma di Riqualificazione Urbana per Alloggi a Canone Sostenibile”;
2. Come mai la S.V. non ha sottoposto all’esame del consiglio comunale l’atto di indirizzo per l’individuazione dell’Area dove realizzare il Programma in questione.

Si prega di rispondere nella prossima seduta del Consiglio comunale.

Dino Paternostro

Ancora sull'aranciata senza arance

L'Italia si prepara a dire sì alla legge Ue: tolto anche l'ultimo ostacolo della percentuale minima di frutta basteranno aromi e coloranti. Ed è solo l'ultima beffa
Sembra aranciata ma non è. Sembra succo di pesca ma non è. È al gusto di, non per niente è "bevanda di fantasia" dice la legge. Peccato che poi la fantasia si scateni anche sull'etichetta mandando in confusione il povero acquirente, che allettato da succose arance e frutti maturi si ritrova nel bicchiere una bevanda che dentro ha tutto fuorché gli agognati agrumi. Rimarrà solo il colore (finto). Così sarà una volta che anche la Camera avrà abolito - già lo ha fatto il Senato - la norma che fissa al 12% la quantità minima di frutta perché una bevanda possa definirsi, per l'appunto, alla frutta. E avranno buon gioco le aziende più virtuose a precisare che la loro è vera sugli scaffali del supermercato dove già si combatte a colpi di packaging, posizionamento e offerte al ribasso. Il genere è già diffuso in Europa: in Italia arriverà con l'applicazione di una normativa europea.
A tutelare il consumatore c'era una legge del 1961: «le bevande vendute con denominazioni di fantasia, il cui gusto e aroma deriva dal contenuto di essenze di agrumi, o di paste aromatizzanti di agrumi, non possono essere colorate se non contengono anche succo di agrumi in misura non inferiore al 12%». L'articolo, il n.1 della legge 286/61, ora sarà abolito (art. 21 dell'Atto del Senato n. 1078). E già oggi malgrado fosse lì da 48 anni c'era chi non leggeva l'etichetta, non ci faceva caso, non sapeva: in fin dei conti domani cambierà qualcosa? Sì, la sostituzione del succo coi coloranti danneggerà i produttori e ingannerà i consumatori, dice Coldiretti, senza contare che «molte di queste sostanze sono oggetto di studi per il loro supposto effetto negativo sui bambini». Poi certo, la normativa impedisce che si possa chiamare aranciata un bibita senza arance, ma bisognerà fare ancora più attenzione. Pure agli zuccheri, di cui queste bibite abbondano: in Italia la percentuale di bambini obesi è arrivata al 30%, con punte al Sud del 49%. Per quanto riguarda le aziende l'eliminazione della soglia del 12% farà sparire dalle tavole 120 milioni di chili di arance l'anno, ha stimato la Coldiretti nel lanciare l'allarme. Per i piccoli produttori e l'alimentazione dei bambini, soprattutto, l'impatto sarà devastante.
Protestano anche Fipe, Adoc, Federconsumatori e Confagricoltura ma è solo l'ultimo di una serie di inganni. Ricordiamo i formaggi che prevedono l'uso di caseina e caseinati al posto del latte per ottenere formaggi a pasta filata, venduti come analoghi alla mozzarella o il cioccolato senza cacao, ossia con l'aggiunta di grassi vegetali diversi dal burro di cacao (che rende molto di più nell'industria cosmetica). Uno dei più recenti riguarda il vino: dopo la possibilità di aumentare la gradazione con l'aggiunta di zucchero, la commercializzazione di quello dealcolato, il vino ottenuto dalla fermentazione di altra frutta (come lamponi e ribes, di tradizione nordica) o il via libera all'invecchiamento artificiale coi trucioli al posto delle botti, l'Unione Europea ha dato il via libera ai miscuglio di vino bianco e rosso per ottenere il rosè anziché di produrlo con il metodo di vinificazione tradizionale.
A tutela del consumatore all'inizio dell'anno l'Ue ha deciso di rendere obbligatoria l'indicazione dell'origine delle olive impiegate nell'extravergine di oliva a partire dal mese di luglio, decretando la fine dei miscugli con spremiture di olive spagnole, greche e tunisine rivendute con etichetta "made in Italy". È una buona notizia, ma non basta: a quando il prossimo scempio?

lunedì 30 marzo 2009

Fini ai giovani: "La mafia è una dittatura. Bisogna ribellarsi con le armi della legalità"

Il presidente della Camera incontra gli studenti in Sicilia. "La politica garantisca trasparenza e la forza dell'esempio" E cita Kennedy: "Non chiedetevi ciò che lo Stato può fare per voi ma ciò che voi potete fare per lo Stato"
BAGHERIA (Palermo) - "La mafia è una dittatura, può togliere la vita, la libertà, e può cancellare la dignità delle persone e dei popoli. Come si fa contro le dittature, bisogna ribellarsi contro la mafia". Ha usato parole forti il presidente della Camera Gianfranco Fini rivolgendosi ai ragazzi che hanno partecipato a Bagheria alla cerimonia conclusiva dell'anno accademico del Parlamento della Legalità. E ha sottolineato che "contro le dittature si usano le armi, contro la mafia le 'armi' sono la legalità e il rispetto delle leggi". "Se non vogliamo che ci siano legami con la mafia, chi rappresenta il popolo, la politica, deve garantire trasparenza e la forza dell'esempio e del comportamento", ha proseguito il presidente della Camera, rimarcando che "c'è ancora da fare". Fini ha invitato gli studenti a "non votare chi vi dice dammi il voto e poi io ti dò un posto di lavoro". "E' questo - ha detto - il comportamento che ha portato capi mandamento e boss a dire 'ci pensiamo noi'". Secondo Fini, è lo Stato che deve garantire la selezione di coloro che meritano e non i boss "perché chi si impegna deve andare avanti". "Negli ultimi anni - ha sottolineato - sono stati fatti grossi passi in avanti che dobbiamo salutare con soddisfazione: oggi la luce c'è, lo Stato ha reagito, è cresciuta la volontà nella società di non calare il capo". "Lo Stato ha tolto la roba ai mafiosi. Lo Stato è passato dalla difensiva all'attacco: è un simbolo con cui si vuole rendere liberi i ragazzi oggi per farli diventare grandi domani", ha aggiunto Fini. Parole tanto più significative in quanto pronunciate nella sede del Centro studi del Parlamento della legalità, che sorge in un immobile confiscato alla mafia. E ancora: "Io sono qui perché le istituzioni non possono apparire solo la sera dalle televisioni ma devono essere tra la gente. Solamente stando tra la gente sono credibili". Rivolgendosi alla platea Fini ha quindi aggiunto: "A chi chiede 'chi te lo fa fare' rispondi con una pernacchia, dicendo 'lo faccio anche per te che non hai il coraggio'". Il presidente della Camera ha citato anche John Fitzgerald Kennedy, invitando a un impegno diretto e personale i giovani: "Per vincere contro la mafia bisogna guardare dentro se stessi. Bisogna liberarsi dalla pigrizia e dalla convinzione che tanto ci pensa qualcun altro. Un grande presidente americano disse 'non chiedeteci cosa l'America può fare per voi ma cosa voi potete fare per l'America' e io lo dico a voi giovani: 'non chiedetevi cosa può fare lo Stato per voi, ma quello che voi potete fare per lo Stato'".
(La Repubblica, 30 marzo 2009)

Per conoscere "Teatro Madre" di Nino Gennaro

LA LETTERA. Wilma Goich ed Italo Cucci all'inaugurazione dell'Associazione culturale italiana di New York

E' stata una delle piu’ belle serate alla quale hanno partecipato sabato sera quasi 300 persone per la inaugurazione della nuova ASSOCIAZIONE CULTURALE ITALIANA DI NEW YORK, con sede a Ridgewood Queens .Sono venute da ogni dove, dai 5 boro della citta’ di New York, da Long Island, finanche da Filadelfia. C’erano presenti numerosi presidenti di altre Societa’ italiane con i loro membri e diversi ospiti venuti direttamente dall’Italia. L’evento si e’ tenuto presso il ben noto ristorante “LA BELLA VITA“ di Ozone Park, che per l’occasione ha segnato il tutto esaurito. Sal Palmeri, nota personalita’ radiofonica italiana, nonche’ membro e direttore artistico della Associazione, ha aperto la serata dando il benvenuto a tutti. Poi ha presentato i ragazzi che frequentano i corsi d’italiano della Associazione, i membri dell’Amministrazione e gli ufficiali della Associazione ed infine gli ospiti dall’Italia, le cantanti Wilma Goich con sua figlia Susanna Vianello e Anna Vinci, Francesca Calligaro e Italo Cucci, noti giornalisti della popolare trasmissione RAI “La Giostra dei Gol “.
“L’evento di questa sera – ha detto Tony Mulè, il presidente- segna il punto di partenza della nostra Associazione culturale - siamo tutti testimoni della nascita di questa creatura. Per l’occasione di questo battesimo abbiamo fatto venire dall’Italia dei padrini d’eccellenza e molto noti come Italo Cucci, Wilma Goich, Francesca Calligaro e Anna Vinci”. “Noi rappresentiamo l’altra Italia – ha concluso Mulè – anche noi, da questa parte dell’Oceano, possiamo organizzare eventi come quelli che si fanno in Italia... anzi meglio... Concludo dicendo che il miglior prodotto che l’Italia esporta nel mondo è proprio l’Italiano all’estero”.
Il Cav. Tony Di Piazza, chairman della nuova Associazione, ha ringraziato tutti i gli ufficiali dell’Associazione che hanno collaborato con lui per la fondazione di questa società ed ha rivolto un ringraziamneto speciale a tutte le personalità presenti in sala. A fare il tradizionale brindisi è stato chiamato il Cav. Joe Meccariello, vice chairman. Italo Cucci, commosso e onorato per essere stato insignito “Uomo dell’Anno” dell’Associazione, ha detto di sentirsi molto vicino agli Italiani all’estero e ha ricordato che anche lui fa parte di una famiglia di emigranti, essendo i suoi fratelli emigrati in Cile. Si è sentito felice di trovarsi tra tanti italiani che gli stringevano la mano e gli chiedevano di fotografarsi con lui. Ogni domenica durante “la Giostra dei Gol“, ogni qualvolta fissa una telecamera, lui è consapevole di essere seguito da milioni di italiani all’estero, che rappresentano una grande risorsa per l’Italia.
Francesca Calligari è già di casa qui da noi. “In ogni mio viaggio a New York è come se venissi a trovare l’altra mia famiglia”, ha detto al microfono. Anche lei si è divertita a farsi fotografare con molti suoi fan e ammiratori in sala.
Tra le personalità intervenute c’erano l’On. Salvatore Ferrigno, nuovo presidente dell’Inter Comites e rappresentante del partito MPA-USA, Quintino Cianfaglione, presidente dei Comites di New York e Conn., Sal Rapaglia, presidente dell’Eastern NY State Soccer Association. L’evento si è concluso con il sorteggio di tanti preziosi premi, messi in palio dalle varie ditte italo-americane.
Sal Palmeri

domenica 29 marzo 2009

FUTURO SI INDIETRO NO

Contributo di Paolo Hendel alla manifestazione nazionale della CGIL il 4 aprile a Circo Massimo Roma.



FUTURO SI INDIETRO NO - 4 APRILE 2009

Cgil, la sfida del Circo Massimo del prossimo 4 aprile. Sul palco precari e medici

di Massimo Franchi
e Felicia Masocco
Le divisioni sindacali e le strategie del governo. I rapporti con il Pd e il ruolo del lavoro nella politica. Ma soprattutto le scelte della Cgil che sabato prossimo sarà in piazza, al Circo Massimo, per una grande manifestazione. Lo slogan «Futuro sì, indietro no». Il segretario Guglielmo Epifani, ospite de L’Unità, risponde alle domande della redazione e dei lettori.
La Cgil è sotto attacco, è accusata di essere una forza politica, di non partecipare alle trattative ma di godere poi dei risultati. Accuse ripetute dal ministro Renato Brunetta. La risposta?
«Non si considerano mai le posizioni della Cgil per quelle che sono e si usano altri argomenti: si dice che facciamo opposizione di tipo politico, che seguiamo vecchie ideologie, ci accusano di conservatorismo. Luoghi comuni. E quasi sempre si rifugge dal merito. Ieri (venerdì, ndr) Sacconi ha detto che la Cgil muoveva critiche al nuovo Testo unico sulla sicurezza senza averlo letto. La cosa buffa è che tutti si sono espressi subito, la Confindustria ha fatto una nota di tre pagine ma, guarda caso, Sacconi ha parlato solo di noi. Eppure avevamo detto, già in passato, che è un errore cambiare un testo che neanche è in vigore e che conveniva applicarlo e fare una verifica dopo due anni per eventuali correzioni».
A prescindere dal merito, dice. Come può essere?
«Mi sto convincendo che in realtà dia fastidio l’autonomia di giudizio della Cgil, che dia fastidio tutto quello che non corrisponde ai modi di dire e di fare del governo. Un governo che ha una grande capacità di comunicazione e fa passare posizioni che spesso non corrispondono al vero. Sacconi ha detto che sono aumentate le sanzioni rispetto alla legge 626, dimenticando di dire che sono diminuite rispetto all’ultima legge. E fa così per tutto il resto. Le accuse non sono solo per noi: quando Emma Marcegaglia ha reclamato soldi veri che fino a quel momento avevano visto solo le banche, o quando Confindustria ha fatto previsioni fosche sul Pil, sono piovute accuse di catastrofismo. È un governo che dà una rappresentazione non veritiera della realtà e su di essa costruisce risposte per coloro che hanno punto di vista diversi. Questa è la nostra battaglia democratica: tenere aperta la possibilità di avere un punto di vista diverso».
Il governo ha la capacità di attrarre a sé Cisl e Uil e di isolare la Cgil, segue la strategia della divisione. Quali pericoli porta questo isolamento?
«Riguardano l’efficacia dell’azione sindacale, il sindacato unitario è più efficace. Se sul Testo unico avessimo tutti detto le stesse cose, oppure sul fisco, il governo avrebbe avuto più difficoltà. Il governo punta sistematicamente a dividere, e Cisl e Uil hanno un po’ perso la capacità di tenere il filo della coerenza con le rivendicazioni unitarie. Questo comporta la frantumazione dell’azione con il rischio che il sindacato produca meno risultati».
Si può recuperare, e come, un rapporto unitario?
«È complicato perché i dissensi sono veri. E, dove non ci sono, noi sosteniamo le proposte unitarie e gli altri non sempre lo fanno. Siamo sempre stati d’accordo nel chiedere meno fisco per il lavoro dipendente o la lotta all’evasione, eppure non diventano campagne unitarie».
Perché si è arrivati a questo punto?
«È come se Cisl e Uil avvertissero - e capisco anche il ragionamento - che questo è un governo forte, da non sfidare a una battaglia a fronte aperto ma soltanto condizionare di volta in volta. A mio avviso dobbiamo invece tenere ferme le nostre linee e, come fa un sindacato fare negoziati, compromessi, arrivare o meno agli accordi. Ma questo oggi manca: il governo non apre mai tavoli di confronto. Non lo fa con le Regioni e i Comuni se non è costretto, e non lo fa con noi, non ha aperto una sola discussione. Neanche sulla crisi. Quando Fini propone gli stati generali sull’economia, riconosce che una sede di confronto sulla crisi non c’è mai stata. Il governo di volta in volta si sceglie gli interlocutori e non dialoga, cerca di convincerli della bontà delle sue scelte».
Come sono i rapporti con il Pd? Qualcuno ha detto che il Pd soffriva dell’azione politica più netta della Cgil e che questa sofferenza si sia tradotta in qualche attrito. La nuova fase le sembra diversa?
«Il Pd a mio avviso è ancora in divenire. Formalmente è un partito ma nella sostanza è ancora un cantiere aperto, lo dimostrano i problemi nel tesseramento e che a livello locale le radici sono molto differenziate. Le stesse regole con cui è stato costruito andrebbero semplificate».
Un esempio?
«L’uso delle primarie. Se servono a far correre un assessore contro il sindaco -al primo mandato- che l’ha nominato, non sono più uno strumento democratico per far pesare la società civile, ma servono alla nomenclatura se divisa. È un assurdo. Dopo la sconfitta elettorale il Pd era diviso tra il bisogno, logico, di dialogo sulle grandi riforme, e quello di fare un’opposizione più netta. Da qui una fase di indeterminazione e, di fronte a una Cgil che ha fatto scelte di merito e dato battaglia, qualche problema si è creato».
Anche oggi o è cambiato qualcosa?
«Oggi vedo più sintonia sul merito, talvolta le posizioni sembrano coordinate ma non è così. Noi poniamo il problema della casa e degli affitti e lo stesso fa Pd, ci si arriva autonomamente, ma su tante questioni si fanno battaglie comuni. Ho visto il giudizio sul Testo unico, le comuni preoccupazioni sul piano casa, comune è la critica al governo che affronta la crisi senza una politica industriale. L’opposizione che sta facendo il Pd nel Paese e nel Parlamento è a tratti molto simile all’iniziativa della Cgil. È un bene, perché su grandi questioni come queste la Cgil non può stare in campo da sola, la Cgil non può che restare un soggetto sindacale e le battaglie politiche spetta alla politica farle».
Lei ha origini socialiste, oggi ci sono socialisti che rivendicano un po’ dappertutto la loro origine. Ieri Berlusconi ha parlato lungamente dell’amico Craxi. Qual è stato il suo percorso?
«Mi sono iscritto alla federazione dei giovani socialisti a venti anni, ho fatto due, tre anni, di attività e sono passato in Cgil. Coglievo troppa differenza tra la concretezza del lavoro sindacale e il modo di far politica. Allora in Cgil c’erano le correnti, ho lavorato in quella socialista, poi le abbiamo superate, ma mantengo l’ispirazione che viene dalla mia storia: la laicità, un’idea riformistica dell’acquisizione dei risultati, il rispetto dell’avversario, sempre. E se vedo che c’è chi continua a professarsi socialista e si schiera nel centrodestra penso che c’è qualcosa che non va. Penso a Brunetta che non celebra il 25 aprile perché è “dei comunisti”. Come fa un socialista a dirlo? Penso a cosa significava il 25 aprile per Pietro Nenni, Carlo Lombardi, Sandro Pertini, per lo stesso Craxi il cui padre è stato prefetto della liberazione a Como. I socialisti si rivoltano nella tomba».
Gli altri sono tutti precipitati nel gorgo degli anni 80?
«Sì ma questo non giustifica il tornare indietro da scelte di valore fondamentali: la democrazia, l’antifascismo, la Costituzione. Sono valori che appartengono alla grande tradizione socialista, comunista, democristiana, e sono i valori della Repubblica».
Ma in quegli anni si sono radicati anche rancori personali che poi si sono fatti politica. Si sente parlare con tanta acrimonia di anticomunismo da persone che erano adulte negli anno Settanta o Ottanta.
«Siamo l’unico Paese in cui ancora si parla, l’ha fatto ancora il premier, di anticomunismo. Non ne parla più nessuno, non c’è più il tema. Si evoca il fantasma dell'anticomunismo quando non c’è il comunismo e si ipotizza l’idea di un comunismo sopravvissuto a se stesso. È un’idea molto materialistica della storia».
Ma perché? Cosa vuole suscitare?
«Nella sua idea c’è la rinascita di una grande democrazia cristiana “moderna”, quindi è come se se rievocasse lo schema del ‘48. Ma la Dc aveva voluto la Costituzione, poi c’è stata una battaglia politica, ma è stato un partito della Repubblica».
Torniamo al lavoro, riportato drammaticamente al centro dalla crisi. Negli ultimi anni la sinistra, il centrosinistra, il Pd non lo hanno un po’ dimenticato? Si pensi alla candidatura di molti imprenditori...
«Si è passati da un estremo all’altro. Fino a 20, 25 anni fa i partiti erano molto presenti nei luoghi di lavoro, avevano radici, orientavano, sentivano. Poi l’opposto, non si sono più occupati, se non indirettamente, delle questioni del lavoro. Anche se non vale per tutti: la Lega nord è molto attenta, quando ha fatto cadere il primo governo Berlusconi sulle pensioni pensava alla propria base. E quando oggi Bossi sulle pensioni dice di andarci cauti, ha in mente l’operaio del Nord. C’è questo bisogno, anche per il Pd. Naturalmente non si può più immaginare che solo l’identità del lavoro fondi una forza politica, ma neanche che fondino un’identità tutti i soggetti e al mondo del lavoro non viene riconosciuto il suo ruolo. Credo che questo sia stato il figlio della sbornia che Tremonti chiama “mercatista”, cioè dell’idea che il mercato era fine e strumento. Ma oggi, dopo gli eccessi della speculazione, il lavoro dovrebbe tornare ad essere un riferimento nel Pd. Non può essere solo la Cgil a fare rappresentanza sociale, c’è bisogno di sponde nelle istituzioni. Se con le elezioni dovesse esserci un arretramento del centrosinistra nelle amministrazioni, verrebbe a mancare al sindacato un importante interlocutore».
Per la Cgil l’obiettivo resta il lavoro stabile o si accontenta della flessibilità senza precarietà come dato strutturale di un’economia moderna?
«In un sistema di mercato aperto a una competizione fatta di produzione di qualità è evidente che una stabilità della prospettiva del lavoro è condizione necessaria. Poi è vero che ci sono esigenze di flessibilità che vanno riconosciute. Quello che non si può fare è scaricare tutto sul precario e va fatta attenzione a non creare un mercato di lavoro doppio, con chi ha garanzie e chi non le ha».
Continuerete a difendere il contratto nazionale sfidando l’accusa di conservatorismo?
«Lo facciamo perché è quello che garantisce un riferimento universale sul salario e sulle norme. Resto dell’opinione che siccome la flessibilità interna ai settori è oggi più forte che nel passato, si possono avere griglie normative via via più ampie, da riempire. Ma nel modello che non abbiamo condiviso non c’è questo: c’è meno contrattazione in entrambi i livelli. Perché si pensa che il sindacato, che contratta, sia un intralcio».
Rapporto con il Pd. Alberto da Brescia le dice: “Credimi, nelle fabbriche i rapporti sono difficili”.
«Lo so. Il problema non è avvicinare i vertici, ma avvicinare le basi. Bisogna rovesciare lo schema, è dal basso che devi ricostruire una modalità di ascolto nella società e nel mondo del lavoro. Io lo dico sempre anche per la Cgil: partire dal basso, tanto più con una crisi come questa, ricostruire le radici dal basso perché la forza della Cgil è sempre stata questa, non la legittimazione che altri ti hanno dato. Se tu rappresenti, se tu capisci il nuovo, i cambiamenti produttivi, se con la fatica ti sporchi le mani, se sei presenti tra le persone che hanno problemi, allora sì che acquisti autorevolezza».
Mimmo da Salerno: “Bisogna che si modifichino le regole delle elezioni delle Rsu e allora sai quanti delegati?. Ma la Cisl blocca le elezioni”.
«È la nostra sfida. Noi vogliamo più democrazia. La Piaggio dell’altro giorno è un esempio: due posizioni diverse, i lavoratori hanno deciso. Così bisogna fare per gli accordi inter-confederali e per i grandi accordi. Ma non lo dico per usare la leva democratica contro gli altri perché, come si è visto, puoi vincere e puoi anche perdere. L’unica cosa che non va bene e che voti solo quando sei sicuro di vincere, non va bene come idea democratica».
Ritorno al Circo Massimo. Qual è la differenza con il 2002? Lì c’era la difesa dell’articolo 18 ora sembra che manchi uno slogan unificante.
«Nel 2002 le tre differenze con oggi erano che il governo ci attaccò sull’articolo 18 e anche sul “Patto per l’Italia” firmato da tutti tranne che da noi. L’articolo 18 fu il simbolo, l’idea unificante. La seconda differenza è che il quadro politico è cambiato: lì c’era un governo in difficoltà e un’opposizione molto forte che immaginava di poter concorrere a governare di nuovo. La terza differenza è che non c’erano le fabbriche chiuse, non c’era la paura del futuro. Questo era il 2002. Oggi siamo in una situazione in cui il governo è molto forte e l’opposizione è molto debole, c’è una crisi che riguarda i lavoratori delle fabbriche e le decine di migliaia di precari dalla Pubblica amministrazione che andranno a casa a giugno e quelli della scuola che non saranno confermati a settembre. In più il governo ti attacca in maniera più intelligente, non toccando i temi apparentemente più simbolici (non a caso dice: sulle pensioni non faccio niente), ma poi ti attacca sul Testo unico sulla sicurezza, sul fatto che non dà più restituzione fiscale ai lavoratori, sulla cassa integrazione, sulla politica industriale. Quindi abbiamo più di una questione e per questo abbiamo fatto lo slogan “Futuro sì, indietro no”, perché la Cgil vuole guardare avanti, su come ricostruire un paese dopo la crisi. “Indietro no” vuole dire tante cose: indietro no sui temi della Costituzione, sul tema dei diritti, sul tema di pensare ai lavoratori per ultimi. Vogliamo guardare avanti, ma per portare in questa idea di paese quei valori essenziali dei diritti e della coesione sociale. Questa è la sfida vera del 4 aprile».
Quale partecipazione si aspetta?
«Devo dire che girando il paese il sentimento di dire “Ci vediamo a Roma” sta diventando molto molto serio. La gente vuole partecipare in prima persona a far capire che bisogna contrastare la crisi in un altro modo. Ci sono valori come quelli della partecipazione democratica che vanno consegnati al paese che verrà. Se usi la crisi per ridurre i diritti, c’è una regressione e i diritti rischi di non riconquistarli più. La cosa che ci colpisce è che questo avviene solo in Italia: in tutto il resto d’Europa questa crisi viene utilizzata per rimettere al centro politiche industriali, idee di coesione, sostegno ai ceti più deboli. Quando dico che il governo non ha speso nulla, e poi il governo si arrabbia, dico la verità perché fino ad oggi per il triennio il governo ha messo 16 miliardi di spese aggiuntive di cui 12 destinati alle banche, quindi tutto il resto sono 4 miliardi. Quindi poi tutto il resto dei numeri (opere pubbliche, eccetera) sono tutti già stanziati, sono una rimodulazione di cifre, quella roba lì già c’era. La verità è che tutta questa crisi fino ad oggi viene affrontata con 4 miliardi in cui ci sta il mezzo miliardo per l’industria dell’auto, un po’ per la social card, un po’ di politiche per le famiglie, per altro neanche partite. È un governo che ha affrontato la crisi con l’occhio al bilancio e se tu guardi solo al bilancio il paese esce peggio dalla crisi».
Daniele, lavoratore dei call center: “Come mai il sindacato ha deciso in maniera improvvisa che i lavoratori dei 4 più grandi gestori di telefonia non potranno essere al Circo Massimo?”
«Nei luoghi di lavoro c’è una spinta forte a partecipare. C’è più voglia di manifestare nei lavoratori che nei quadri intermedi. Questi sono portati sempre a pensare: “Cosa si fa dopo?”. Il problema è che il 4 aprile non è sciopero, abbiamo deciso di fare una manifestazione nazionale. Poi alcune categorie o articolazioni territoriali, come la Cgil Lazio, hanno deciso autonomamente di scioperare per garantire di esserci anche a chi di sabato normalmente lavora. Ma io voglio che sia chiaro, soprattutto in questo periodo di crisi, che l’uso dello sciopero deve essere un uso molto attento. Perché non è facile chiedere ad una famiglia di un lavoratore in cassa integrazione a 700 euro di perdere una parte importante del proprio salario: ci sono casi in cui scioperare può costare, con i computi dei ratei su permessi e ferie, anche come tre giorni di lavoro. Devi capire che la gente vuole scioperare, ma proprio non ce la fa e rispettarla».
Un nonno da Torino si preoccupa della nipote perché è una precaria e non sa dove mettersi nel corteo.
«I precari sabato saranno tanti e li faremo parlare. Dopo una parte musicale, sul palco parlerà una giovane precaria, un delegato Fiat di Pomigliano, un medico per la questione dell’autodenuncia, un immigrato e un’anziana pensionata. Parleranno quindi tutti i segmenti sociali più esposti alla crisi. Posso poi anticiparvi che l’attore che ha interpretato Di Vittorio, Pierfrancesco Favino, leggerà un passo di un suo discorso e che a gestire tutto ci sarà Massimo Wertmuller, che nello sceneggiato su Di Vittorio interpretava Togliatti. Ci sarà una presenza importante. Una grande presenza da tutt’Italia. Certo, dalla Sicilia è più difficile quando non ci sono più treni a disposizione. Ma sono convinto che sarà una straordinaria manifestazione. Sul fatto di tornare al Circo Massimo: prima o poi dovevamo farlo e questo è il momento giusto. Anche perché siamo in tempo di crisi e ci sono grandissime manifestazione in tutta Europa: in Francia ci sono stati due scioperi generali grandissimi, oggi c’è una manifestazione a Londra. Lì si sta per aprire il G20 e noi sabato manifesteremo quando il summit si sarà appena chiuso».
Parliamo del 4, ma poco si sa ancora sul primo maggio.
«La manifestazione unitaria la terremo con gli altri sindacati a Siracusa, città che è un grande polo edile, ed essendo in Sicilia sarà legata non solo alla crisi ma anche al tema della legalità e dei diritti. Quella zona del Paese ci chiede di stare assieme e noi lo faremo. Con Cisl e Uil noi possiamo litigare su tutto, e lo facciamo, ma quando c’è da evitare di chiudere una fabbrica ci impegniamo tutti insieme».
In Francia ci sono stati episodi di rabbia. C’è questo rischio anche da noi?
«In Francia ci sono state grandi iniziative nonostante Sarkozy abbia fatto molto contro la crisi. La crisi può produrre due reazioni: da una parte la rassegnazione e dall’altra l’esasperazione. Probabilmente le due condizioni convivono in molti. E qui c’è l’importanza della Cgil: cerchiamo di evitare le forme di esasperazione di pochi e la rassegnazione degli altri. Proviamo ad evitare che nella crisi ognuno pensi a sè, come vorrebbe Berlusconi».
Qual è il termometro della crisi?
«La crisi è pesante ed è la ragione per cui stiamo disperatamente strappando accordi aziendali, come ieri sera all’Eurallumina di Portovesme in Sardegna (dove Berlusconi è arrivato, ha promesso e poi è sparito). Più difficile è nelle piccole e piccolissime imprese: guardando al numero dei fallimenti ad esempio a Treviso si coglie una realtà impressionante, le sofferenze sono altissime. Solo che per vederlo devi avere attenzione all’economia reale e il governo non l’ha».
Chiudiamo con la stampa: è in difficoltà soprattutto nei grandi gruppi. Le sembra un’emergenza?
«Sì, perché la carta stampata è in difficoltà in tutto il mondo. Un po’ a causa dei nuovi mezzi, un po’ per il calo della pubblicità. Poi c’è un problema di conformismo della stampa, c’è un uso di questo conformismo da parte di questo governo, ancor di più se anche i tg pubblici e i grandi giornali cambieranno direttori. Il rischio è di avere una stampa che ricostruisce un’immagine del Paese che non è. In più è stato firmato il contratto: so che c’è malumore, ma resto dell’opinione che per fortuna si è riconquistato il contratto. Perché fino all’ultimo il rischio è stato non solo di non averlo adesso, ma di non averlo più. Una parte degli editori ha cercato fino all’ultimo di non firmare nè ora nè mai, per arrivare ad un modello di contratto ad hoc per ogni giornale. Il contratto invece garantisce più diritti a tutti».
L’Unità, 29 marzo 2009

L'Intervista a Carlo Lucarelli: "Informazione e cultura per non sottovalutare le mafie"

“Politicamente Scorretto”, televisione, informazione, soldi, criminalità organizzata: lo scrittore e conduttore televisivo a cuore aperto su Libera Informazione
Un’ intera giornata dedicata alla bellezza da riconoscere e difendere, perché, unica e preziosa, ci insegna ad essere liberi. L’etica libera la bellezza - il tema scelto da Libera di Don Ciotti per il 21 marzo che da quattordici anni all’avvento della primavera ci aiuta a non dimenticare e a tenere alta l’attenzione e l’impegno civile - è perfetto per essere declinato domenica 29 marzo in chiave “Politicamente Scorretto”, cioè attraverso i linguaggi, gli strumenti e i media della cultura. Ne parliamo con Carlo Lucarelli, con il quale tocchiamo anche diversi punti sensibili per quanto riguardo mafie e informazione.
“L'etica libera la bellezza” è il titolo non solo del 21 marzo voluto da Libera per Napoli ma anche dell'iniziativa che Politicamente Scorretto organizzerà domenica a Casalecchio di Reno, di cosa si tratta?
L'idea è nata perché da tempo volevamo dedicare una giornata intera a questi argomenti, mafia e dintorni, ma sicuramente il titolo e il tema di Libera è stato di sprone perché riteniamo che questo sia il momento giusto per parlare di queste tematiche. Per quanto riguarda la giornata in sé, è prevista una maratona di letture, dibattiti e interventi sul tema delle mafie, a Casalecchio, all'interno della Casa della Conoscenza.
Restituire alle città, ai cittadini i beni confiscati alla mafia, destinandone una parte alla cultura dice il sito di Politicamente scorretto. Questo appello che Libera Informazione ha sottoscritto cosa prevede e come è nato?
Abbiamo ritenuto di dare una nostra visione su un tema molto attuale. Ne ha parlato Baricco appellandosi a una maggior accessibilità alla cultura da parte di tutti e anche Saviano ha fatto riferimento a questo aspetto durante la prima serata di Rai 3 di mercoledì. Noi vogliamo dare quindi la nostra opinione a riguardo: non è vero che mancano i soldi, ci sono eccome, sono là nel patrimonio mafioso, da confiscare e secondo noi da destinare in parte a un settore importante come la cultura, da finanziare anche come metodo per contrastare la mafia.
Per contrastare la mafia è necessario far prendere coscienza alle persone del problema. Casalecchio, Bologna, Emilia Romagna, in che modo far sentire vivo nelle persone emiliane, in questo caso, il pericolo delle mafie?
Sicuramente è difficoltoso perché la gente tende a pensare che non ci sia il problema della mafia al Nord, soprattutto molti amministratori locali che dicono che nel settentrione questa “problematica” non esiste, spesso perché sono poco preparati. Evidentemente non esiste un immaginario nostro legato a mafia e nord. Allora bisogna raccontarglielo, bisogna raccontare alla gente gli episodi che sono avvenuti e far notare quelli che sono i “segnali” della presenza mafiosa al nord: i beni confiscati nel alla criminalità organizzata, che sono tanti, i dati dell'economia mafiosa al nord, che sono tanti. Bisogna riuscire a mettere insieme tutte le piccole esperienze. E così capita che parlando con un amministratore del nord di questi argomenti, intendo quei pochi illuminati, finisce che lui ti dica “si in effetti anche io a casa mia avrei questo piccolo problema, questi episodi che si verificano...”. Bisogna metterli in rete questi episodi, e raccontarli.
L'immagine stereotipata di una mafia che invece si è rinnovata nell'esteriorità e nel modus operandi è anche uno dei motivi per cui spesso si vuole ignorare la presenza mafiosa al centro nord, cosa ne pensa?
Su questo argomento posso dirti che è la narrativa quella che potrebbe ricostruire un immaginario. Noi siamo abituati ai mafiosi del padrino, una narrativa scritta, una fiction televisiva, un film, tutti elementi molto importanti per il nostro immaginario, che parlino di mafia al nord, che facciano vedere un padrino che non è di Corleone, ma di Milano, che opera con le banche e poi anche ammazza perché questo fa parte del business, ebbene, credo che sarebbe davvero importante.
Ha visto Saviano su Rai 3, cosa pensa soprattutto della scelta di dare la prima serata?
Penso che abbia fatto bene, una scelta coraggiosa dei dirigenti. Anche se in fondo tanto coraggiosa non era visto che sapevamo che tante persone l'avrebbero seguito. Ma è stato comunque bello scoprire che tanta gente ha seguito e ascoltato queste storie. Una ottima scelta, ce ne fossero di più e su tutte le reti.
Anche lei si è occupato di mafia, come è nata in lei la passione e Blunotte tornerà ancora ad occuparsene? Come?
La voglia di occuparmene come scrittore è nata perché sono stimoli della quotidianità: basta tenere le orecchie aperte, questo problema c'è. Problematica importantissima al punto che un programma come il nostro non può non occuparsene anche spesso. Noi racconteremo altri pezzi delle storie delle mafie che finora abbiamo trascurato; abbiamo raccontato tante cose ma ci sono diversi buchi. I Casalesi ad esempio, siamo arrivati a un pre-Saviano, ora vogliamo raccontare anche il post, ci sono tante province italiane da raccontare, abbiamo molte idee in cantiere.
Usare questo metodo divulgativo ma comunque rigoroso nell'approccio possa essere un punto di svolta nel raccontare e far conoscere certi temi a una Italia che preferisce guardare la televisione che leggere i giornali?
Non so se è un punto di svolta ma può essere utile. Chiaramente si tratta solo di un pezzo del mestiere, quello divulgativo. Una persona che guarda i programmi di Piero Angela non è che poi si laurea, però sono molto utili, servono parecchio. Poi c'è l'informazione, l'azione concreta, la politica, ma noi siamo il primo passo, l'alfabetizzazione anche da un punto di vista emotivo, non solo da un punto di vista formativo.
Parlando all'informazione, non il suo campo, ma un terreno attiguo al suo, pensa che in Italia ci si occupi poco e male di mafia?
Sicuramente si, non solo per la mafia ma anche per tanti altri temi. Chi lo sa che si sta celebrando il processo per la strage di Brescia? Invece tutti sanno cosa sta succedendo a Sollecito e Amanda Knox. Gli omicidi di cronaca sono tutti i giorni in prima pagina, le altre cose no perché non fanno notizia. Sono d'accordo che questo sia un comportamento sbagliato, sappiamo tutto di Cogne e ben poco sul processo Spartacus, molto importante nella mia vita quotidiana rispetto al processo alla signora Franzoni. Queste cose passano invece per cose che non fanno notizia e non mi capacito del perché non riescano a capire, tutte le volte che incontrano una cosa come quella di Saviano, che invece anche parlare di mafia fa notizia, basta raccontarla nel modo giusto.
Tornando alla realtà emiliana, lei pensa che esistano dei segnali visibili della presenza mafiosa in questa regione, cosa appurata da indagini e relazioni delle distrettuali antimafia?
Teoricamente non molti se non il cemento. Nel senso che uno va in giro e vede un sacco di costruzioni, alcune sono ferme da un sacco di tempo, allora la domanda sarebbe “da dove vengono quei soldi?”, “cosa è successo?”, perché qualsiasi altro imprenditore sarebbe fallito. Questo potrebbe essere un segnale. Perché per il resto non è facile. Uno non lo sa che gli costa di più quello che sta mangiando perché dietro magari c'è un taglieggiamento, che costa un sacco di soldi mangiare il pesce perché la filiera che sta dietro a questa industria magari mantiene un sacco di 'ndrine e cosche. Questo qualcuno non lo può sapere se qualcuno non glielo racconta. Chi vive in certe zone, magari in provincia di Modena, in provincia di Modena, dalle parti di Carpi, o vicino a Reggio Emilia, ecco magari lì ha qualche sentore in più perché vede qualche negozio bruciato. Altrimenti è difficile vederli, per quello ci vuole l'informazione, che ti racconti che quella cosa che stai vedendo, anche se non ti sembra quello che ti immagineresti a Corleone, è la stessa cosa.
Da privato cittadino cosa pensa del ddl sulle intercettazioni?
Io ho sempre pensato che siamo in guerra e che quindi ci vogliono tutti i mezzi per combatterla, che non sia questo il momento di privarsi di alcuni mezzi sulla base di ragionamenti che magari andrebbero bene in un paese ideale. Qualunque cosa che restringa un certo tipo di azione per me non va bene.
Da: LiberaInformazione

giovedì 26 marzo 2009

I punti chiave della riforma sanitaria

Diciassette aziende sanitarie complessive al posto delle attuali ventinove, istituzione dei nuovi distretti ospedalieri, criteri rigorosi per la scelta dei manager, deospedalizzazione e potenziamento dei servizi territoriali, controllo interamente pubblico per il servizio di emergenza urgenza, maggiori controlli sui dirigenti e sul raggiungimento degli obiettivi. Sono questi i principali punti contenuti nella legge di riordino del sistema sanitario regionale che l’assemblea regionale siciliana ha approvato questo pomeriggio. La legge rappresenta uno strumento di radicale innovazione organizzativa con l’obiettivo di riqualificare l’offerta sanitaria perseguendo l’equilibrio economico. Le novità riguardano soprattutto gli strumenti e le procedure della programmazione, l’organizzazione e l’ordinamento del servizio sanitario regionale, l’erogazione delle prestazioni, i criteri di finanziamento delle Aziende del servizio sanitario regionale, le disposizioni patrimoniali e contabili delle aziende del SSN e il sistema della rete dell’emergenza – urgenza 118. La legge prevede che il SSN ispira la propria azione al principio della sussidiarietà solidale e della complementarietà tra gli erogatori dei servizi, assicura la parità di accesso ai servizi sanitari nel rispetto del diritto di libera scelta dei cittadini tra soggetti pubblici e privati accreditati entro i budget individuali assegnati e garantisce i livelli essenziali di assistenza (Lea). Programmazione, obiettivi, controlli, responsabilità, sanzioni: sono questi i pilastri della riforma. La programmazione sanitaria è affidata al piano sanitario regionale, proposto dall’assessore regionale, della durata triennale, ed approvato dalla Giunta col parere vincolante della commissione Sanità dell’Ars. Il primo piano sanitario dovrà essere approvato entro 240 giorni dall’emanazione della legge. Novità sul fronte dei soggetti che concorrono alla programmazione sanitaria: oltre alle realtà territoriali presenti nella conferenza permanente per la programmazione sanitaria e sociosanitaria regionale, avranno un ruolo le Università, gli Irccs, gli enti di ricerca pubblici e privati, e nell’ambito delle rispettive competenze, anche le associazioni di categoria del settore sanitario maggiormente rappresentative e le associazioni di volontariato e di tutela dell’utenza. Con i piani attuativi, le Aziende sanitarie provinciali (Asp) e le aziende ospedaliere (Ao), sviluppano in loco il piano sanitario, definendo le attività da svolgere nei limiti delle risorse disponibili. Le Asp, le Ao, e le aziende ospedaliero - universitarie concorrono anche allo sviluppo a rete del sistema sanitario regionale attraverso la programmazione interaziendale di bacino che ha come finalità la integrazione ottimale delle attività sanitarie. I “bacini” saranno due, quello della Sicilia Occidentale (Palermo, Agrigento, Caltanissetta e Trapani) e quello della Sicilia Orientale (Catania, Messina, Siracusa, Ragusa ed Enna). Sarà istituito un Comitato composto dai dirigenti generali delle Aziende che avrà il compito di programmare e monitorare gli interventi. Istituita anche la Consulta regionale della Sanità che svolgerà gratuitamente funzioni di consulenza in ordine a questioni di rilevanza regionale e di interesse diffuso in materia di servizi sanitari e socio sanitari. Definiti gli obiettivi ed i vincoli di destinazione delle risorse finanziarie al fine di garantire un corretto equilibrio tra la funzione ospedaliera e quella territoriale. Accentuati i poteri di controllo dell’assessore regionale alla Sanità che dovrà verificare la corrispondenza tra i risultati raggiunti dalle Aziende e quelli fissati negli atti di programmazione locale e assicurerà il controllo, anche con verifiche trimestrali effettuate dal dipartimento per la pianificazione strategica, sull’operato dei direttori generali in relazione agli obiettivi programmatici assegnati. La valutazione dei direttori generali è affidata ad un soggetto esterno: l’agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali ovvero altra qualificata agenzia esterna che l’assessore individuerà attraverso procedure ad evidenza pubblica La legge prevede il divieto per le Aziende di affidare mediante appalto di servizi o con consulenze esterne l’espletamento di funzioni il cui esercizio rientra nelle competenze di uffici o di unità operative aziendali. Previste deroghe solo nei casi di comprovata necessità con adeguato provvedimento di motivazione del direttore generale e previa approvazione dell’assessorato. Le aziende sono state ridotte da 29 a 17: 9 aziende sanitarie provinciali, 3 aziende ospedaliere di riferimento regionale, 2 aziende Arnas (azienda di riferimento nazionale di alta specializzazione) e tre aziende ospedaliero – universitarie. Ciascuna azienda sanitaria provinciale si articola nei distretti ospedalieri (complessivamente 20) che sono costituiti dall’aggregazione di uno o più presidi ospedalieri appartenenti alle soppresse Ausl con le soppresse Aziende ospedaliere, nonché dalle aggregazioni degli altri presidi ospedalieri pure appartenenti alle soppresse Ausl. I distretti ospedalieri rappresentano strutture dotate di autonomia tecnico gestionale ed economico finanziaria nonché di adeguate risorse e saranno guidati da un coordinatore sanitario e da un coordinatore amministrativo individuati dal direttore generale. I distretti sanitari costituiscono invece l’articolazione territoriale dell’azienda sanitaria provinciale all’interno della quale vengono erogate le prestazioni in materia di prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione ed educazione sanitaria. I distretti sanitari fanno capo all’area territoriale coordinata da un direttore sanitario e un direttore amministrativo individuati con le stesse modalità dei distretti ospedalieri e dotati dello stesso grado di autonomia. Prevista l’istituzione dei presidi territoriali di assistenza (PTA) che anche attraverso il Centro unico prenotazione (CUP) garantiranno in materia capillare l’erogazione delle prestazioni in materia di cure primarie, servizi socio-sanitari integrati con le prestazioni sociali, servizi a favore dei minori e delle famiglie con bisogni complessi, servizi di salute mentale. Le Aziende ospedaliere assicurano le attività sanitaria di alta specializzazione, di riferimento nazionale e regionale, con dotazioni di tecnologie diagnostico-terapeutiche avanzate ed innovative e svolgono i compiti specificamente attribuiti dagli atti della programmazione regionale oltre a rappresentare punto di riferimento per le attività specifiche delle aziende sanitarie provinciali. Le aziende ospedaliero universitarie mantengono la propria autonomia ma è prevista la possibilità di integrazioni tra Aziende ospedaliere e Università sulla base di specifici protocolli d’intesa. La legge assegna all’assessore alla Sanità compiti di controllo sulle attività espletate e sulle prestazioni erogate dalle strutture ospedaliere, specialistiche ed ambulatoriali, sia pubbliche che private sotto il profilo della qualità e dell’appropriatezza, della riduzione del rischio clinico, del mantenimento delle condizioni igienico – sanitarie e dei requisiti dell’accreditamento. L’assessore verificherà anche flussi e dati economici gestionali. Vengono puntualmente disciplinati i requisiti, le condizioni, le modalità di nomina dei direttori generali e l’ipotesi di decadenza e commissariamento. I direttori generali decadranno automaticamente in caso di mancato raggiungimento dell’equilibrio economico di bilancio in relazione alle risorse negoziate nonché in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi: il loro contratto avrà durata triennale, rinnovabile per altri tre anni nella stessa azienda. Gli attuali direttori decadranno automaticamente il primo settembre 2009, allorquando diventerà operativo il nuovo sistema aziendale. Il rapporto con le strutture private terrà conto, fra l’altro, del fabbisogno sanitario, degli standard occupazionali e del rispetto degli obblighi contrattuali in materia di lavoro e di previdenza. Previsto il criterio della premialità per le strutture capaci di produrre mobilità attiva. Il servizio di emergenza urgenza 118 sarà affidato a un organismo di diritto pubblico. E’ espressamente previsto che nel triennio successivo all’entrata in vigore della legge è fatto divieto di procedere all’impiego di personale in numero superiore a quello utilizzato dall’attuale gestore non ci saranno assunzioni per tre anni rispetto a quello in atto niente costo aggiuntivi. Sarà garantita l’assistenza sanitaria a tutti i cittadini che si trovino sul territorio regionale senza distinzione di sesso, razza, lingua e religione senza che ciò implichi alcun tipo di segnalazione all’autorità. La legge prevede anche che le aziende devono conseguire risparmio energetico mediante l’utilizzazione di fonti rinnovabili.

mercoledì 25 marzo 2009

La Sicilia ha una nuova Sanità

di Salvatore D'Anna
Per il governo tagliati costi e dirigenti, ma l'opposizione non ci sta
25 marzo 2009 21:13
Diciassette aziende sanitarie invece di ventinove, centoventidue posti da dirigente. Cui però se ne aggiungono, secondo l’opposizione, altri quarantasei, quelli dei direttori dei presidi ospedalieri, che per il Pd non scompaiono. La riforma sanitaria regionale, approvata oggi pomeriggio a Sala d’Ercole, dopo una telenovela durata mesi, per il centrosinistra rischia di moltiplicare le poltrone. Una beffa, se fosse vero, se si pensa che l’obiettivo primo del governo è quello di abbattere i costi e gli sprechi della Sanità siciliana. Guardando ai costi, il taglio di dodici aziende comporterà un risparmio, secondo l'assessore alla Sanità Massimo Russo, di 36 milioni di euro, circa tre ad azienda. Che, per il governo, potrebbero anche salire a 50. Ma Russo, raggiante con i giornalisti in conferenza stampa subito dopo l'approvazione del ddl, parla di stima "al ribasso". Quantificare adesso il risparmio per la Regione siciliana è difficile anche per l'ex pm. Sulla riforma sanitaria si giocano i numeri. Ci saranno diciassette direttori generali, uno a capo di ogni azienda, ognuno affiancato da un dirigente amministrativo e uno sanitario. E sono cinquantuno. A questi si aggiungeranno quaranta coordinatori, venti sanitari e venti amministrativi, che dovranno guidare i vari distretti ospedalieri in cui è diviso il territorio siciliano, tre ciascuno a Palermo e Catania e due nelle restanti province. Novantuno. Per arrivare a quota centonove ne mancano diciotto, che sono poi i due dirigenti dei nove distretti sanitari, uno per provincia. E centoventidue con i tredici direttori sanitari di presidio, sette per gli Arnas, cinque per le Aziende ospedaliere e tre per i policlinici. Qui si ferma il calcolo del governo, e sarebbe un risparmio, 64 direttori e 58 coordinatori, un taglio netto delle poltrone, rispetto ai 160 direttori della situazione attuale. Russo in conferenza stampa rivendica con forza, carte e dati alla mano, il cambiamento di rotta rispetto al passato. Ma il Pd non ci sta e, con il deputato regionale Roberto De Benedictis, sostiene che nelle sue stime l'assessore dimentica qualcosa: "Al computo bisogna aggiungere anche i direttori dei quarantasei presidi ospedalieri". Approvata con il voto compatto dei tre partiti della maggioranza di centrodestra, mentre il Pd ha votato no (nonostante l'appello in aula di Lino Leanza, capogruppo e segretario dell'Mpa, ha definito la riforma "la legge delle leggi"), la norma rivoluziona il settore ospedaliero e nelle intenzioni dei legislatori dovrebbe riorganizzare e migliorare il derelitto sistema sanitario. Nove aziende sanitarie provinciali, tre aziende ospedaliere di riferimento regionale, due aziende Arnas (aziende di riferimento nazionale di alta specializzazione) e tre aziende ospedaliero–universitarie. In totale fanno diciassette, contro le ventinove che esistono oggi. Ciascuna azienda sanitaria provinciale si articolerà poi in distretti sanitari, in tutto venti, costituiti dall’aggregazione tra uno o più presidi ospedalieri che appartenevano alle soppresse Ausl con le soppresse Aziende ospedaliere, nonché dalle aggregazioni degli altri presidi anche essi appartenenti alle soppresse Ausl. I distretti ospedalieri avranno una propria autonomia tecnico gestionale ed economica e saranno guidati da un coordinatore sanitario e da un coordinatore amministrativo individuati dal direttore generale. Ci sono poi i distretti sanitari, che costituiscono l’articolazione territoriale delle Asp all’interno della quale saranno erogate le prestazioni sanitarie. Questi distretti fanno capo all’area territoriale coordinata da un direttore sanitario e un direttore amministrativo individuati con le stesse modalità dei distretti ospedalieri e dotati dello stesso grado di autonomia. Due i bacini di riferimento: uno, quello della Sicilia Occidentale, l’altro della Sicilia Orientale, che contengono rispettivamente Palermo, Agrigento, Caltanissetta e Trapani e dall’altra Catania, Messina, Siracusa, Ragusa ed Enna. Sarà istituito un Comitato composto dai dirigenti generali delle Aziende che avrà il compito di programmare e monitorare gli interventi. Istituita anche la Consulta regionale della Sanità che svolgerà gratuitamente funzioni di consulenza in ordine a questioni di rilevanza regionale e di interesse diffuso in materia di servizi sanitari e socio sanitari. La riforma accentua i poteri di controllo dell’assessore regionale alla Sanità che dovrà verificare la corrispondenza tra i risultati raggiunti dalle aziende e quelli fissati negli atti di programmazione locale e assicurerà il controllo, anche con verifiche trimestrali effettuate dal dipartimento per la pianificazione strategica, sull’operato dei direttori generali in relazione agli obiettivi programmatici assegnati. La valutazione dei direttori generali è affidata ad un soggetto esterno: l’agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali ovvero altra qualificata agenzia esterna che l’assessore individuerà attraverso procedure ad evidenza pubblica. La legge prevede il divieto per le Aziende di affidare mediante appalto di servizi o con consulenze esterne l’espletamento di funzioni il cui esercizio rientra nelle competenze di uffici o di unità operative aziendali. Previste deroghe solo nei casi di comprovata necessità con adeguato provvedimento di motivazione del direttore generale e previa approvazione dell’assessorato.
SiciliaInformazioni, 25.03.2009

Il monologo di Saviano in tv: "Non sono solo in questa battaglia"

IL PERSONAGGIO - Lo scrittore a "Che tempo fa" con Fazio. Mostra i titoli incredibili dei giornali locali che chiamano "infami" i pentiti . "Cercano di colpire me, perché sono il più debole"
MILANO - Un monologo quasi teatrale, una rassegna stampa del Corriere di Caserta che chiama "infame" il pentito in un titolo, che elegge a eroi i boss locali, amici dei politici. Le foto dei ragazzini ammazzati, quelli degli innocenti coperti da un lenzuolo, il sorriso di un carabiniere ventenne trucidato per vendetta. Il titolo diffamante: "Don Diana a letto con due donne". Don Diana, il prete dell'impegno ucciso quindici anni fa. "Che tipo di paese se permette tutto questo?". "Il silenzio è colpevole anche perché non lascia capire". E' stata la serata di Roberto Saviano, ospite di Fabio Fazio a "Che tempo che fa". "Si pensa che l'essere minacciato sia una corona data dalla camorra per un merito ma non è un merito. Non è un merito, cercano di colpire me perchè con altri non riescono". Il silenzio e la diffamazione sono armi terribili in mano alla camorra e l'ordigno adatto per combatterli è quello della parola. E Saviano ha scelto di parlare a lungo e con cruda chiarezza. Lui stesso si è definito una "operazione mediatica", nata e portata avanti perchè si conoscano gli orrori della camorra e si capisca che riguardano tutti. Il suo "sogno" è che la lotta alla criminalità organizzata diventi una vera e propria moda. E' quello che "i grandi editori, le televisioni, trovassero un punto comune, anche conveniente. Perchè non creare una moda?". Lo scrittore ha parlato anche delle minacce della camorra. "Non immaginavo che sarebbe andata così - ha detto -. Pensavo che sarebbe durata poco, sono tre anni ed è pesantissimo". E nel ringraziare "tutte le persone che mi scrivono, nel ringraziare tutti per quello che è stato fatto per me", cita le parole di Kennedy quando diceva "perdonare sempre dimenticare mai". "Io - ha detto Saviano - non dimenticherò mai quello che di bene mi è stato fatto". Ha ringraziato i paesi che lo hanno ospitato, "la Spagna, Parigi, Israele ma non ringrazio chi mi ha rifiutato la casa, gli amici che hanno liquidato la mia causa come se me la fossi cercata". "Mi dà fastidio l'accusa di essermi arricchito. Sono i lettori che mi danno la possibilità di vivere e pagare gli avvocati". E ha citato una frase di Biagi: "Sei arrivato davvero quando fanno un falso del tuo libro e ti accusano di plagio' e io ce li ho tutti e due". "Questa battaglia non è la mia battaglia ma la battaglia di molti e va anche bene se per una volta succede il miracolo che grandi interessi economici si fondano con l'interesse del paese, che grandi editori di libri, televisivi, si uniscano per combattere la camorra". "Che tempo fa, questa sera, è durato fin oltre le 23. Nella seconda parte, due grandi scrittori come l'americano Paul Auster e l'israeliano David Grossman, hanno discusso con Saviano riconoscendo un valore enorme a Gomorra: "E' scritto benissimo - ha detto Auster - E' esploso come una bomba e ha costretto tanta gente in tutto il mondo a guardare dentro il fenomeno camorra. Anche tanti che non ne sapevano nulla o pensavano fosse una cosa locale italiana". (La repubblica, 25 marzo 2009)

L'Assemblea Regionale Siciliana dice sì alla riforma sanitaria

PALERMO - Dopo una lunga maratona d'aula, l'Assemblea regionale siciliana si è conclusa intorno alle 5 con l'approvazione di tutti i singoli articoli della riforma sanitaria. Il presidente dell'Ars Francesco Cascio ha aggiornato i lavori alle 16,30 di oggi con all'ordine del giorno l'approvazione definitiva del nuovo sistema in cui si articolerà la sanità in Sicilia.La riforma riduce le aziende sanitarie e ospedaliere da 29 a 17, mentre i distretti saranno guidati da due direttori: uno sanitario e uno amministrativo.Nel lungo e complesso dibattito a Sala d'Ercole, per l'esame dei singoli articoli del provvedimento e degli emendamenti presentati da parlamentari di tutti i gruppi, si sono anche ripetute le votazioni a scrutinio segreto, in una delle quali il governo di Raffaele Lombardo è stato battuto, essendo stato approvato un emendamento, presentato dal Pd, con il quale è stata tagliata una norma che prevedeva l'attribuzione di un'indennità ai direttori generali decaduti, secondo le previsioni dei contratti individuali di lavoro, il cui termine è previsto nel 2010.Sono stati 39 i deputati che nel segreto dell'urna hanno approvato la norma e 37 quelli che hanno votato contro. La legge stabilisce inoltre che le aziende sanitarie provinciali e quelle ospedaliere di nuova istituzione saranno operative dal primo settembre del 2009.Il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, e l'assessore regionale alla Sanità, Massimo Russo, esprimono grande soddisfazione dopo che l'Assemblea regionale siciliana ha completato all'alba l'esame degli articoli del disegno di legge di riforma del sistema sanitario."Una riforma ampiamente condivisa - dice Lombardo - come è giusto che sia per le riforme di sistema. È venuta fuori un'ottima sintesi, altro che compromesso al ribasso come ha detto qualcuno. Questa legge è fortemente innovativa e credo che il sistema sanitario regionale si candidi adesso come uno tra i migliori di tutta Italia". Per l'assessore Russo "è un'ottima riforma frutto dello slancio che ha contraddistinto il lavoro dell'Assemblea, impegnata in un vero e proprio tour de force: sono proprio convinto che dall'Aula esce un vero vincitore, il cittadino che, grazie a questa riforma, potrà avere le risposte necessarie ai suoi bisogni di salute".

sabato 21 marzo 2009

Rassegna stampa, Napoli 21 marzo 2009

Mafia: Libera, in 150mila a Napoli per la giornata della memoria delle vittime

Napoli, 21 mar. - (Adnkronos) - Circa 150mila persone, secondo le stime degli organizzatori, hanno partecipato oggi a Napoli alla quattordicesima edizione della 'Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime delle mafie", promossa da 'Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie', per ricordare tutte le vittime innocenti delle mafie e rinnovare in nome di quelle vittime l'impegno di contrasto alla criminalita' organizzata. Al corteo hanno preso parte oltre 500 familiari delle vittime delle mafie in rappresentanza di un coordinamento di oltre 3mila familiari, rappresentanti di ong provenienti da circa 30 paesi europei. Un saluto a tutti i partecipanti al lungo corteo, che ha attraversato il lungomare di via Caracciolo per giungere a piazza Plebiscito, e' arrivato dal presidente nazionale di Libera Don Luigi Ciotti che ha parlato di "un abbraccio alla citta', un segno di attenzione a chi si impegna tutti i giorni per combattere la criminalita' organizzata". Per consentire all'affollato corteo di sfilare per le vie della citta' sono stati disposti divieti e chiusure al traffico. Durante la marcia sono stati letti a ripetizione i nomi delle oltre 900 vittime delle mafie, semplici cittadini, magistrati, giornalisti, appartenenti alle forze dell'ordine, sacerdoti, imprenditori, sindacalisti, esponenti politici e amministratori locali, morti per mano delle mafie. 'Libera' ha voluto sul palco allestito per l'evento anche lo scrittore Roberto Saviano, autore del best-seller 'Gomorra', che ha letto i nomi di alcune vittime della criminalita' organizzata.

MAFIE: IN MIGLIAIA SFILANO A NAPOLI PER RICORDARE 900 VITTIME(ASCA) - Napoli, 21 mar - Un 'abbraccio' ad una citta' 'piena di attenzione per quanti si impegnano tutti i giorni nel combattere la corruzione, la criminalita' e le mafie'. Questo il saluto rivolto dal presidente di 'Libera', Don Luigi Ciotti, alle migliaia e migliaia di partecipanti alla XIV Giornata nazionale che ricordano oggi le 900 vittime di tutte le mafie. I nomi di magistrati, imprenditori, sacerdoti, appartenenti alle forz dell'ordine, giornalisti, esponenti politici, sindacalisti giovani e donne caduti per mano delle organizzazioni criminali sono stati scanditi nel corso di tutto il corteo che e' sfilato lungo via Caracciolo arrivando in piazza del Plebiscito dove e' stato allestito un grande palco. In testa al corteo molti familiari delle vittime di mafie, al collo le foto dei loro cari di cui, in molti casi, ancora non e' stato individuato l'omicida materiale. Sono in cinquecento, in rappresentanza di tremila famiglie. Al loro fianco rappresentanti di organizzazioni sindacali, di scuole ed associazioni, il presidente della Regione Antonio Bassolino, il sindaco di Napoli Iervolino. Quando il corteo si e' sciolto in piazza del Plebiscito a sorpresa, inatteso, lo scrittore Roberto Saviano e' salito sul palco. Neanche una parola, nessuna dichiarazione, solo la sua presenza a ricordare l'impegno delle giovani generazioni contro la camorra, la mafia, la 'ndrangheta. Forte e chiaro il messaggio di Don Luigi che alla classe politica chiede 'di agire in maniera seria, credibile, attenta, soprattutto di farlo i maniera veloce'. Per Bassolino la manifestazione di oggi rappresenta 'un grande segnale di speranza e di fiducia', la dimostrazione che si puo' 'andare avanti nella battaglia contro la camorra e la criminalita' organizzata'. Promossa dalla Regione Campaia, dal Comune e dalla Provincia di Napoli, la XIV edizione della Giornata della Memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie gode dell'Alto Patronato della Presidenza della Repubblica. Nel pomeriggio il programma della manifestazione prevede sette diversi seminari e, alle 17,30 un concerto con l'esibizione di numerosi gruppi ed artisti.

ANTIMAFIA: LIBERA, 150 MILA PERSONE IN MARCIA A NAPOLI (ANSA)
NAPOLI, 21 MAR - Oggi a Napoli oltre 150mila persone hanno marciato per la quattordicesima giornata della Memoria delle vittime della mafie: e' questo il bilancio di Libera, l'associazione promotrice di una tre giorni dedicata all'impegno antimafia. Oltre due chilometri e mezzo di percorso, sul lungomare di Napoli, fra Piazza della Repubblica e Piazza del Plebiscito: il corteo si e' poi radunato davanti al palco. I manifestanti, provenienti da trenta Paesi del mondo e da tutte le regioni italiane, hanno camminato insieme in silenzio, mentre si leggevano a ripetizione al megafono i nomi di oltre 900 vittime delle mafie. Un elenco che e' stato riproposto alla fine, ben due volte, dal palco sul quale sono saliti i parenti delle vittime delle mafie.

ANTIMAFIA: NAPOLI; FOTO VITTIME APRONO CORTEO,SI CANTA MAMELI (ANSA)
NAPOLI, 21 MAR - La marcia del 21 marzo a Napoli, per la quattordicesima giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie inizia con l'inno d'Italia. Lo cantano i familiari delle vittime della criminalita' organizzata, in testa ad un corteo che raggiungera' piazza del Plebiscito. Migliaia di persone hanno gia' affollato il lungomare napoletano: provengono da trenta Paesi del mondo e da tutte le regioni italiane. 'Migliaia e migliaia di persone sono qui oggi per un abbraccio alla citta' - dice don Luigi Ciotti, presidente nazionale dell'associazione Libera che ha promosso la tre giorni dedicata all'antimafia - e' un segno di attenzione a chi si impegna tutti i giorni contro la criminalita' organizzata. Oggi siamo qui per ripetere che occorrono meno parole e piu' fatti'. A Napoli sono arrivate 1500 persone dal Piemonte, mille dalla Sicilia, a bordo di due navi, 300 dalla Toscana, 800 autobus di studenti delle scuole di tutto il Paese, negli alberghi partenopei sono stati ospitati la notte scorsa 480 familiari delle vittime, gli stessi che aprono il corteo di Libera, esponendo le fotografie dei loro cari scomparsi. (ANSA).

ANTIMAFIA: DON CIOTTI, VIA IPOTECHE SU BENI CONFISCATI (ANSA)
NAPOLI, 21 MAR - La banche devono cancellare le ipoteche dai beni confiscati alla criminalita' organizzata: lo ha sostenuto Don Ciotti, parlando dal palco di piazza del Plebiscito, a Napoli, a conclusione della marcia per la quattordicesima giornata della memoria delle vittime delle mafie organizzata da Libera. Don Ciotti ha ribadito l'importanza del ruolo di una agenzia per la confisca dei beni, idea tramontata 'che avrebbe reso invece piu' efficace la confisca, e meno burocratiche e piu' agibili le procedure'. 'Abbiamo il 36% dei beni confiscati sotto ipoteca bancaria - ha continuato - i Comuni non sono in grado di riscuotere, le associazioni tanto meno, e questi beni rischiano di andare all'asta. Chi se li riprende poi?' Il rischio, ha spiegato, e' che ricadano nelle mani della criminalita' organizzata. 'Su 1091 aziende confiscate ai mafiosi solo 64 sono sopravvissute - ha concluso - dobbiamo chiederci perche', evidentemente c'e' qualcosa che non funziona''.(ANSA).

ANTIMAFIA: DON CIOTTI A MAFIE, CONDANNATI A VITA FERMATEVI (ANSA)
NAPOLI, 21 MAR - 'Alle mafia, alla camorra, al crimine dico: fermatevi, ma che vita e' la vostra? Ne vale la pena?'. Don Luigi Ciotti grida questo appello dal palco di Napoli, in occasione dalla quattordicesima giornata della Memoria e dell'Impegno di Libera. 'Vi aspettano carcere, clandestinita', tanti morti - ha continuato - se avete beni ve li confischeremo tutti, e vi porteremo tutto via quello che avete'. 'Fermatevi, alla fine cosa vi resta? Come giustificate il male che fate agli altri? La vostra e' una condanna a vita - ha concluso - non puo' essere questa la vita. Non basta pentirsi ogni tanto, bisogna convertirsi'.(ANSA).

Napoli in corteo contro le mafie
Centomila. Quando la testa del corteo organizzato da Libera arriva a Piazza Plebiscito, la coda è ancora alla Rotonda Diaz. Un serpentone di 2 chilometri e mezzo, allegro ma silenzioso. Sul palco si alternano i familiari delle vittime e rappresentanti delle istituzioni cittadine a leggere i nomi delle quasi 500 persone che hanno perso la vita a causa della criminalità. A sorpresa, sul palco è salito anche Roberto Saviano: tocca a lui chiudere il lungo elenco, tra cui anche i nomi dei sei immigrati ghanesi uccisi nella strage di Castelvolturno lo scorso 18 settembre dai Giuseppe Setola e dai suoi sicari. La marcia del 21 marzo a Napoli, per la quattordicesima giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie era iniziata con l'inno d'Italia. Lo hanno cantano i familiari delle vittime, in testa al corteo con le fotografie di questi innocenti scomparsi. «Migliaia e migliaia di persone sono qui oggi per un abbraccio alla città - dice don Luigi Ciotti, presidente nazionale dell'associazione Libera che ha promosso la tre giorni dedicata all'antimafia - è un segno di attenzione a chi si impegna tutti i giorni contro la criminalità organizzata. Oggi siamo qui per ripetere che occorrono meno parole e più fatti». «Questa è soprattutto una giornata di impegno e tutti i ragazzi che ci sono qui intorno sono il segno di una fortissima speranza». Lo ha detto il sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino. «La veglia di ieri in ricordo di don Peppino Diana - ha detto il sindaco - ha trasmesso la sensazione viva di quanto Napoli abbia sofferto. C'è voglia di pulizia, di civiltà, Napoli è sempre stata una città civile». «Questa città - ha concluso il sindaco partenopeo - deve poter sviluppare tutte le sue energie, libera da interessi malavitosi perchè il governo della città deve essere nelle mani dei napoletani e non sotto il controllo della camorra». In piazza anche il presidente della Regione, Antonio Bassolino che dice: «La camorra e la mafia non sono invincibili, non sono eterni . Da questa manifestazione arriva un messaggio straordinario di speranza e di fiducia, e questo non era scontato. La risposta di Napoli e della Campania sono straordinarie, come l' energia messa in moto oggi da questa terra e da questo paese». Il governatore sottolinea l'importanza della costanza nella guerra alla criminalità organizzata: «La parola d'ordine è continuità. Contro la camorra e la mafia bisogna combattere 365 giorni all' anno, perchè 365 giorni all'anno agisce la criminalità organizzata». Alla domanda se il governo attuale faccia abbastanza per contrastare le mafie, Bassolino ha risposto: «Il ministro dell'Interno si impegna con serietà su questo fronte. Servono più risorse e mezzi per le forze dell' ordine e la magistratura. In molte parti del Sud Italia quella contro le mafie è una battaglia impari». Ci sono anche i lavoratori dello stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco al corteo contro le mafie. Un gruppo di operai, da tempo in lotta per mantenere il posto di lavoro contro la paventata chiusura dello stabilimento, si è unito alla marcia in memoria delle vittime di mafia e camorra. Urlano slogan in difesa dello stabilimento e hanno uno striscione con su scritto «Pomigliano non si tocca». L'Unita.it

Vittime mafie, in migliaia a Napoli
In migliaia, forse in 150mila secondo gli organizzatori, hanno sfilato a Napoli alla "Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime delle mafie", promossa dall'associazione Libera. Al corteo hanno partecipato oltre 500 familiari delle vittime della criminalità. "Vi aspettano carcere, clandestinità, tanti morti - è l'appello di don Ciotti, presidente di Libera, ai mafiosi -. Fermatevi, alla fine cosa vi resta?" Oltre due chilometri e mezzo di percorso, sul lungomare di Napoli, fra Piazza della Repubblica e Piazza del Plebiscito: il corteo si è poi radunato davanti al palco. I manifestanti, provenienti da trenta Paesi del mondo e da tutte le regioni italiane, hanno camminato insieme in silenzio, mentre si leggevano a ripetizione al megafono i nomi di oltre 900 vittime delle mafie. Un elenco che è stato riproposto alla fine, ben due volte, dal palco sul quale sono saliti i parenti delle vittime delle mafie. Una morte assurda Un lungo applauso ha accompagnato il discorso di Alessandra Clemente, figlia di Silvia Ruotolo, giovane mamma uccisa dalla camorra mentre accompagnava i figli a scuola. "Aveva 39 anni - ha detto la ragazza tra la commozione dei presenti sul palco - è stata uccisa senza alcuna logica e spiegazione. Occorre trasformare la rabbia in qualcosa di positivo. Quello che abbiamo vissuto non deve capitare più a nessuno. Impegnarsi per la memoria non è né stupido né inutile. Voglio ringraziare tutti e finalmente lo posso dire grazie a Napoli". L'appello di don Ciotti "Alle mafia, alla camorra, al crimine dico: fermatevi, ma che vita è la vostra? Ne vale la pena?". E' l'appello di don Luigi Ciotti ai boss. "Vi aspettano carcere, clandestinità, tanti morti - ha continuato - se avete beni ve li confischeremo tutti, e vi porteremo tutto via quello che avete. Fermatevi, alla fine cosa vi resta? Come giustificate il male che fate agli altri? La vostra è una condanna a vita - ha concluso - non può essere questa la vita. Non basta pentirsi ogni tanto, bisogna convertirsi". TGCOMA

Napoli oltre 100mila contro le mafie, sul palco anche Saviano
NAPOLI (Reuters) - Più di centomila persone, secondo gli organizzatori, hanno sfilato in corteo oggi a Napoli per ricordare le vittime delle mafie e chiedere alle istituzioni di combattere la criminalità organizzata, che opprime soprattutto il Sud Italia. E sul palco, insieme a familiari delle vittime, magistrati e rappresentanti istituzionali è salito a sorpresa anche il giovane scrittore Roberto Saviano, sotto scorta dopo il sucesso del suo "Gomorra" e divenuto un simbolo vivente della lotta alla camorra. Nella città partenopea, dove forte è la presenza della camorra, sono arrivati in gran parte giovani da tutta Italia e da 30 paesi europei, per celebrare la XIV giornata della memoria e dell'impegno per le vittime di tutte le mafie, organizzata dall'associazione "Libera" di don Luigi Ciotti che da anni lotta contro criminalità e narcotraffico. "Non girarsi dall'altra parte", "No alla legalità sostenibile che accetta mediazioni", erano alcuni dei messaggi lanciati dai manifestanti. Un monito era rivolto anche alle banche: "Cancellino le ipoteche presenti sul 36% dei beni confiscati alla camorra" ha detto don Ciotti, ricordando che i Comuni non riescono a farsene carico, col rischio che una " una volta messe all'asta tornano alle mafie". "Noi dobbiamo essere la spina propositiva dello Stato. Questa è una Repubblica fondata sul lavoro e la lotta alle mafie comincia dal lavoro. Ma non chiediamo solo allo Stato, dobbiamo noi cittadini per primi a fre la nostra parte. Noi tutti non dobbiamo mai girarci dall'altra parte" ha detto il religioso, noto per il suo impegno sociale. Il corteo concluso in piazza del Plebiscito è stato scandito, così come l'inizio della manifestazione in piazza, dai nomi delle 900 vittime delle mafie, alcuni letti anche da Saviano, acclamato dalla piazza . Vittime che in molti casi non hanno ottenuto ancora giustizia e per le quali gli oltre 500 familiari presenti a Napoli chiedono anche verità. Pietro Polimeni e Anna Adavastro, di Reggio Calabria, genitori di Daniele ucciso a 18 anni nel 2005, sono tra loro. "Era uno studente, è scomparso il 30 marzo ed è stato ritrovato il 2 aprile del 2005 carbonizzato. Stiamo ancora lottando per sapere. Allo Stato chiediamo di poter sapere la verità" dicono padre e madre, che spiegano di di non aver sentito la vicinanza dello Stato. "Quel che è certo è che deve fare qualcosa di diverso da quello che (lo Stato) ha fatto fino a oggi, perché ci sono ancora vittime delle mafie". Un'esperienza diversa è quella di Michele Panunzo, figlio dell'imprenditore edile di Foggia Giovanni Panunzo, ucciso da chi voleva estorcergli soldi. "Mio padre é stato ucciso a pochi metri dal consiglio comunale di Foggia il 6 novembre del 1992", racconta Panunzo, che regge un cartellone con la foto del padre. " E' stato minacciato e ha denunciato chi voleva estorcergli soldi. Non ha girato la testa dall'altra parte e lo hanno ucciso". "Ho sentito la presenza e la vicinanza dello Stato - ha detto l'uomo - da noi qualcosa si sta muovendo. E' stato firmato un protocollo interistituzionale, ma è importante anche che la gente denunci e non si volti dall'altra parte. Bisogna avere coraggio e denunciare anche in forma anonima, per permettere alle forze dell'ordine di intervenire". Tra i magistrati, i rappresentanti dele istituzione e delle politica, anche Giancarlo Caselli, procuratore capo a Torino, secondo cui il disegno di legge del governo sulle intercettazioni, in discussione al Parlamento, rappresenta "un forte rischio per la sicurezza sociale". "E' come dire a un medico di nonu sare Tac o risonanza magnetica perché sono invasive. Si sta dicendo alle forze dell'ordine di non utilizzare le intercettazioni, che sono come radiografie giudiziarie, perché sono troppo invasive. Chi chiede tolleranza zero e ronde sia coerente e non consenta che si tolgano le intercettazioni, che sono il baluardo per la tutela dei cittadini".

Napoli. Centomila in corteo contro le mafie

Centomila. Quando la testa del corteo organizzato da Libera arriva a Piazza Plebiscito, la coda è ancora alla Rotonda Diaz. Un serpentone di 2 chilometri e mezzo, allegro ma silenzioso. Sul palco si alternano i familiari delle vittime e rappresentanti delle istituzioni cittadine a leggere i nomi delle quasi 500 persone che hanno perso la vita a causa della criminalità. A sorpresa, sul palco è salito anche Roberto Saviano: tocca a lui chiudere il lungo elenco, tra cui anche i nomi dei sei immigrati ghanesi uccisi nella strage di Castelvolturno lo scorso 18 settembre dai Giuseppe Setola e dai suoi sicari.La marcia del 21 marzo a Napoli, per la quattordicesima giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie era iniziata con l'inno d'Italia. Lo hanno cantano i familiari delle vittime, in testa al corteo con le fotografie di questi innocenti scomparsi. «Migliaia e migliaia di persone sono qui oggi per un abbraccio alla città - dice don Luigi Ciotti, presidente nazionale dell'associazione Libera che ha promosso la tre giorni dedicata all'antimafia - è un segno di attenzione a chi si impegna tutti i giorni contro la criminalità organizzata. Oggi siamo qui per ripetere che occorrono meno parole e più fatti».«Questa è soprattutto una giornata di impegno e tutti i ragazzi che ci sono qui intorno sono il segno di una fortissima speranza». Lo ha detto il sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino. «La veglia di ieri in ricordo di don Peppino Diana - ha detto il sindaco - ha trasmesso la sensazione viva di quanto Napoli abbia sofferto. C'è voglia di pulizia, di civiltà, Napoli è sempre stata una città civile». «Questa città - ha concluso il sindaco partenopeo - deve poter sviluppare tutte le sue energie, libera da interessi malavitosi perchè il governo della città deve essere nelle mani dei napoletani e non sotto il controllo della camorra». In piazza anche il presidente della Regione, Antonio Bassolino che dice: «La camorra e la mafia non sono invincibili, non sono eterni . Da questa manifestazione arriva un messaggio straordinario di speranza e di fiducia, e questo non era scontato. La risposta di Napoli e della Campania sono straordinarie, come l' energia messa in moto oggi da questa terra e da questo paese». Il governatore sottolinea l'importanza della costanza nella guerra alla criminalità organizzata: «La parola d'ordine è continuità. Contro la camorra e la mafia bisogna combattere 365 giorni all' anno, perchè 365 giorni all'anno agisce la criminalità organizzata». Alla domanda se il governo attuale faccia abbastanza per contrastare le mafie, Bassolino ha risposto: «Il ministro dell'Interno si impegna con serietà su questo fronte. Servono più risorse e mezzi per le forze dell' ordine e la magistratura. In molte parti del Sud Italia quella contro le mafie è una battaglia impari». Ci sono anche i lavoratori dello stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco al corteo contro le mafie. Un gruppo di operai, da tempo in lotta per mantenere il posto di lavoro contro la paventata chiusura dello stabilimento, si è unito alla marcia in memoria delle vittime di mafia e camorra. Urlano slogan in difesa dello stabilimento e hanno uno striscione con su scritto «Pomigliano non si tocca».
L'unità, 21.3.2009

giovedì 19 marzo 2009

Quarantamila in corteo a Gomorra. Don Ciotti: "La chiesa non sia ambigua"

Dalla Lombardia alla Sicilia in tanti hanno raggiunto il comune di Casale, nel casertano, per ricordare il sacerdote ucciso dai sicari della camorra il 19 marzo 1994 nella sua parrocchia. Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera e Gruppo Abele: "La Chiesa respinga le ambiguità. Deve parlar chiaro, non deve fare sconti"
Un fiume di persone. Quarantimila, dicono gli addetti ai lavori. Ma forse, addirittura di più, nelle terre di Gomorra per ricordare don Peppino Diana, prete coraggio ucciso dai clan. Ma quella di Casal di Principe non è solo una celebrazione. Lo fa capire subito don Luigi Ciotti, fondatore di Libera e Gruppo Abele, che accusa la chiesa. Don Luigi chiede risposte e impegno a tutti nella lotta ai clan: alla gente, alla politica ma anche alla stessa chiesa che, in merito alla lotta alla criminalità organizzata "deve parlar chiaro, non deve fare sconti", dice scandendo bene le parole.

LE FOTO I VIDEO


Don Ciotti chiede "meno parole e più fatti" e aggiunge riguardo alla chiesa: "Serve una linea di fermezza, bisogna ribadire sempre l'incompatibilità tra l'azione criminale e il Vangelo"."Fuori dalla chiesa - urla dal palco don Ciotti - uomini e donne di mafia. E' incredibile che al matrimonio di Totò Riina c'erano tre preti che celebravano la messa". Quindi l'appello finale: "La chiesa, tutta la chiesa respinga le ambiguità". Uomini, donne, bambini e anziani si sono incontrate nelle terre di Gomorra per ricordare il prete coraggio, don Peppino Diana, ucciso dai sicari della camorra il 19 marzo 1994 nella sua parrocchia di Casale. Molti pullman hanno viaggiato per tutta la notte da nord a sud per raggiungere il comune casertano. Altri sono arrivati in aereo e poi in auto, in treno. In corteo gonfaloni e scritte colorate di intere scolaresche dalla Lombardia alla Sicilia. Al corteo ha partecipato anche il padre del sacerdote coraggioso, Gennaro Diana, che ripete con un sorriso velato da malinconia: "Ma la camorra si può battere". Il personaggio più ricercato è proprio il padre di don Peppino, emozionato ma attivissimo, dice a tutti: "La camorra bisogna combatterla sempre, soprattutto ora che i casalesi stanno fallendo". E aggiunge: "Loro, i camorristi, stanno peggio dei morti. Uccidendo mio figlio si erano illusi di aver conquistato la libertà e invece è iniziata la loro fine. Sai quante volte si sono pentiti di avere ucciso mio figlio, sì don Peppe è morto ma loro stanno anche peggio di lui".
(La Repubblica, 19 marzo 2009)

martedì 17 marzo 2009

L'Interrogazione al sindaco per combattere il randagismo anche a Corleone

Al Signor Sindaco del Comune di Corleone
Al Presidente del Consiglio comunale
S E D E

OGGETTO: Interrogazione sul fenomeno del randagismo.

PREMESSO CHE il fenomeno di branchi di cani randagi che si aggirano nelle città e nei paesi della Sicilia, specie dopo i recenti episodi di aggressioni a persone, che hanno provocato la morte di un bambino e il gravissimo ferimento di una turista, sta creando un vivo allarme sociale;
TENUTO CONTO CHE questo fenomeno interessa anche il territorio del comune di Corleone, dove si notano branchi di cani randagi, che si aggirano minacciosi non solo nelle periferie, ma anche per le strade interne della nostra cittadina;
RITENUTO CHE ormai è improcrastinabile un intervento anche straordinario da parte dell’Amministrazione comunale per dare serenità ai cittadini e alle famiglie prima che possa accadere qualcosa di irreparabile;
CONSIDERATO CHE la soluzione (per ragioni etiche e per ragioni legali) non è quella di abbattere i cani randagi, come da alcune parti s’invoca, ma quella di avviare con estrema urgenza una campagna di sterilizzazione degli stessi e un loro ricovero nei canili comunali o convenzionati con i comuni:

SI INTERROGA LA S.V. PER SAPERE

1. Se il Comune ha stipulato o intende stipulare una convenzione con Associazioni di volontariato per la sterilizzazione dei cani randagi;
2. Quanti cani randagi sono stati sterilizzati con le precedenti campagne;
3. Come mai non si è mai costruito un canile municipale o intercomunale, dove ricoverare i cani ed evitare che gli stessi diventino randagi e pericolosi per la popolazione;
4. Se non ritiene necessario ed urgente attivare ogni iniziativa per la realizzazione di un canile municipale o intercomunale e, nelle more, attivare una convenzione con canili privati dove ricoverare i randagi che insistono sul territorio comunale.

Si prega di rispondere nella prossima seduta del consiglio comunale

Corleone, 18 marzo 2009

IL CONSIGLIERE COMUNALE
Dino Paternostro

Diecimila cani randagi nelle strade di Palermo

Dalla Favorita a piazza Marina, sono diecimila i cani randagi a Palermo. Alcuni di loro sono pericolosi, come testimoniano i racconti di chi è scampato ai morsi ma anche di chi opera nei principali ospedali palermitani. Un progetto da 270 mila euro che mira a sterilizzare duemila dei diecimila cani randagi della città nel giro di un anno e che ha coinvolto anche le associazioni animaliste
Alla Favorita nei pressi della colonia comunale, a Villa Niscemi, a piazza Marina, in via Cosenza, e nella zona del Cep, ma anche tra i viali degli ospedali e dei plessi universitari. Si muovono in branco e attaccano a sorpresa. Sono diecimila i cani randagi a Palermo e alcuni di loro sono pericolosi. Lo testimoniano i racconti di chi è scampato ai morsi ma anche di chi opera nei principali ospedali palermitani. «Negli ultimi mesi abbiamo medicato bambini morsicati alle gambe e alle mani - racconta Saverio Richiusa, infermiere del pronto soccorso dell´Ospedale dei bambini - noi forniamo il primo soccorso, ma poi li mandiamo al dipartimento di prevenzione veterinaria in via Onorato». «Su un milione di abitanti della provincia - spiega Paolo Giambruno, direttore del dipartimento - c´è sempre qualche caso che richiede il vaccino se non viene ritrovato il cane. Casi fortunatamente in diminuzione». Ora, però, la morte del piccolo Giuseppe, dilaniato a Scicli da un branco, riaccende i riflettori sui pericoli che si nascondono nei viali della Favorita e in città. I luoghi sono i più impensabili: venerdì, per esempio, un fotografo di un´agenzia di stampa è stato aggredito dai randagi che stazionano nel giardino del commissariato San Lorenzo: «Mi hanno strappato i pantaloni - racconta - ma sono riuscito a scappare». Alla Favorita attaccano senza preavviso, diffondendo il panico in passanti e podisti. Uno di loro, Giuseppe La Barbera, 52 anni, è stato attaccato da un meticcio nero mentre correva: «Sono riuscito a scappare. Ma quel cane è ancora libero».A Villa Sofia, il presidio più vicino alla Favorita, c´è qualcuno che si fa medicare perché è stato appena morsicato: «Ne ho visti parecchi - racconta Giuseppe Ducato, medico del pronto soccorso - anche negli ultimi mesi». La paura è diffusa in tutta la città. «L´ultima volta che sono stata in centro - racconta la lettrice Sabra sul sito di Repubblica Palermo - sotto i portici ed all´inizio di corso Vittorio e Via Maqueda c´erano vari gruppi di cani». «A Piazza Marina - le fa eco Verona101 - ci sono molti randagi e potrebbero essere pericolosi». Nittocarrazzo, sempre sul sito, segnala: «In via Cosenz e nella piazza del Cep ci sono diversi randagi, e uno è aggressivo». «Frequento ingegneria - racconta Marco, studente - l´altro giorno durante una lezione sono entrati in dipartimento alcuni cani. Circolano indisturbati lungo viale delle Scienze». E si può imbattere in qualche randagio aggressivo anche in via Nuova e via Ugo La Malfa.
Una settimana fa Ausl 6 e Comune hanno siglato un protocollo per contrastare il randagismo. Un progetto da 270 mila euro che mira a sterilizzare duemila dei diecimila cani randagi della città nel giro di un anno e che ha coinvolto anche le associazioni animaliste. «Lo scorso anno sono sterilizzati 800 cani - spiega il direttore generale dell´Ausl, Salvatore Iacolino - l´Ausl è la prima in Sicilia per l´uso di microchip, applicati già ad 80 mila cani tra città e provincia». «Prevediamo di sterilizzare nei prossimi cinque anni tutta la popolazione randagia - assicura l´assessore comunale alla Sanità Aristide Tamajo - e di modernizzare il canile, che presto sarà anche dotato di una seconda sala operatoria».
(La Repubblica, 17 marzo 2009)