giovedì 19 marzo 2009

Quarantamila in corteo a Gomorra. Don Ciotti: "La chiesa non sia ambigua"

Dalla Lombardia alla Sicilia in tanti hanno raggiunto il comune di Casale, nel casertano, per ricordare il sacerdote ucciso dai sicari della camorra il 19 marzo 1994 nella sua parrocchia. Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera e Gruppo Abele: "La Chiesa respinga le ambiguità. Deve parlar chiaro, non deve fare sconti"
Un fiume di persone. Quarantimila, dicono gli addetti ai lavori. Ma forse, addirittura di più, nelle terre di Gomorra per ricordare don Peppino Diana, prete coraggio ucciso dai clan. Ma quella di Casal di Principe non è solo una celebrazione. Lo fa capire subito don Luigi Ciotti, fondatore di Libera e Gruppo Abele, che accusa la chiesa. Don Luigi chiede risposte e impegno a tutti nella lotta ai clan: alla gente, alla politica ma anche alla stessa chiesa che, in merito alla lotta alla criminalità organizzata "deve parlar chiaro, non deve fare sconti", dice scandendo bene le parole.

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Don Ciotti chiede "meno parole e più fatti" e aggiunge riguardo alla chiesa: "Serve una linea di fermezza, bisogna ribadire sempre l'incompatibilità tra l'azione criminale e il Vangelo"."Fuori dalla chiesa - urla dal palco don Ciotti - uomini e donne di mafia. E' incredibile che al matrimonio di Totò Riina c'erano tre preti che celebravano la messa". Quindi l'appello finale: "La chiesa, tutta la chiesa respinga le ambiguità". Uomini, donne, bambini e anziani si sono incontrate nelle terre di Gomorra per ricordare il prete coraggio, don Peppino Diana, ucciso dai sicari della camorra il 19 marzo 1994 nella sua parrocchia di Casale. Molti pullman hanno viaggiato per tutta la notte da nord a sud per raggiungere il comune casertano. Altri sono arrivati in aereo e poi in auto, in treno. In corteo gonfaloni e scritte colorate di intere scolaresche dalla Lombardia alla Sicilia. Al corteo ha partecipato anche il padre del sacerdote coraggioso, Gennaro Diana, che ripete con un sorriso velato da malinconia: "Ma la camorra si può battere". Il personaggio più ricercato è proprio il padre di don Peppino, emozionato ma attivissimo, dice a tutti: "La camorra bisogna combatterla sempre, soprattutto ora che i casalesi stanno fallendo". E aggiunge: "Loro, i camorristi, stanno peggio dei morti. Uccidendo mio figlio si erano illusi di aver conquistato la libertà e invece è iniziata la loro fine. Sai quante volte si sono pentiti di avere ucciso mio figlio, sì don Peppe è morto ma loro stanno anche peggio di lui".
(La Repubblica, 19 marzo 2009)

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