Intervista ad Anna Finocchiaro di Maria Zegarelli
Ha lasciato la Sicilia soltanto ieri. Lo doveva all’Emilia Romagna, dove è candidata capolista al Senato. «Ho ricevuto un’accoglienza commovente, hanno capito che in Sicilia si sta combattendo una battaglia vera per la democrazia e che quello era il mio posto durante la campagna elettorale». Anna Finocchiaro oggi è di nuovo nella sua terra, la Sicilia di Toto’ Cuffaro e di Raffaele Lombardo (candidatura nel segno della continuità) «non è più la stessa di sette anni fa. E loro, quelli del Pdl non l’hanno capito».
Senatrice, Berlusconi ha definito il presidente della Repubblica un uomo di parte eletto dalla sinistra. Finito il fair play?
«Questo rivela quale è la sua concezione delle istituzioni: le considera una merce da spartire. Come si fa a parlare così del presidente della Repubblica? Evidentemente non ha idee chiarissime sul punto. Ha fatto bene Veltroni a scrivergli quella lettera per richiamargli alcune questioni fondamentali. In un paese dove la politica è normale, dove il patto sociale costituzionale vige a prescindere dalle appartenenze tutto questo non deve succedere».
Come va letta la riabilitazione che Dell’Utri ha fatto dello stalliere di Arcore, Vittorio Mangano?
«Mangano era un signore con un ergastolo per tre omicidi. È un eroe perché non ha detto quello che sapeva o siamo di fronte a un inno all’omertà? È incomprensibile. Gli eroi che conosco io si chiamano Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Rosario Livatino, Pio La Torre, Carlo Alberto Dalla Chiesa. Mi chiedo se i valori su cui fondano la loro identità politica, siano questi, sul fatto che Mangano è un eroe e che il presidente della Repubblica si debba dimettere per dare una Camera al Pd».
Restiamo ai revisionismi: Dell’Utri ha promesso che si rimetterà mano ai libri di storia circa la Resistenza. Come mai secondo lei si parla di questo negli ultimi giorni di campagna elettorale?
«Sono molto nervosi. Dell’Utri è un uomo colto, sa che la storia l’hanno voluta riscrivere solo i tiranni. Se c’è qualche capitolo da aggiungere è sulla Resistenza, semmai».
L’Italia è l’unico Paese occidentale dove i due candidati premier non si confrontano in televisione. Perché?
«Lombardo ha in Sicilia lo stesso atteggiamento che Berlusconi ha a livello nazionale. Ha rifiutato il confronto, glielo ho offerto tante volte, inutilmente».
Dicono: chi è in vantaggio non ha interesse ad andare ad un confronto. Lei lo farebbe?
«Le regole non si cambiano in base ai sondaggi. Se sono così sicuri di vincere non dovrebbero sottrarsi, lascerebbero agli italiani la possibilità di scegliere. Forse la motivazione è altra: nel faccia a faccia, a differenza di quanto avviene dalle dichiarazioni separate, emerge con chiarezza la diversità di visione della società. In questa campagna elettorale si stanno scontrando due visioni: una moderna e una pre-moderna, sia dell’Italia sia della Sicilia. Loro non sono più il nuovo, non sono più niente».
Lombardo ha corretto il tiro: la sua arma è l’autonomia, i fucili non servono più. Come mai questo passo indietro?
«Lombardo ha detto che i siciliani hanno i fucili e sanno come usarli. Mi sembra del tutto evidente che un candidato dovrebbe dire altro. Mai più un fucile in Sicilia: questo dovrebbe dire. Qui i fucili hanno sparato per uccidere, sono stati le armi della mafia. Adesso si è inventato la storia dell’autonomia, ma la sua è un’autonomia senza responsabilità. Nulla a che vedere con quanto sta avvenendo in Sardegna o in Friuli Venezia Giulia, dove c’è un senso di grande responsabilità. Lombardo, come dice Francesco Merlo, ha un modello di autonomia più simile a quello degli accattoni davanti alla porta della cattedrale».
Ma i siciliani lo vogliono o no il Ponte sullo Stretto?
«Ho incontrato migliaia e migliaia di persone: ce ne fosse una che mi ha chiesto il ponte. Non gli imprenditori, non i cittadini, non i professionisti. Tutti chiedono strade, autostrade, ferrovie, porti. Il resto del mondo pensando alla Sicilia pensa a uno dei luoghi geopolitico-economici più importante del mondo, al centro del Mediterraneo. Ho l’impressione che Lombardo pensi alla Sicilia come ultima provincia dell’Impero, piuttosto che come prima regione d’Europa».
Lei ha lanciato un appello alle madri siciliane. Crede davvero che possano fare la differenza?
«Ne sono convinta, devono prendersi la parola in queste elezioni. Quello che è sembrato per tanto tempo il crisma della Sicilia, questo malinteso senso dell’onore, deve essere sostituito da un altro crisma, quello della dignità delle donne siciliane».
Lei qualche settimana fa ha detto che il vento sta cambiando. Sarà sufficiente a cambiare le sorti di queste elezioni che in Sicilia sembrano segnate?
«La Sicilia non è più la stessa di sette anni fa. I siciliani hanno capito che c’è bisogno di un cambiamento vero e questo vento non si fermerà più».
L’Unità, 10.04.08
giovedì 10 aprile 2008
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