Giuseppe Grizzaffi |
L’informativa del Ros del 16 dicembre 2009 evidenziava un interessante colloquio registrato il 24 giugno 2008 nella Casa circondariale di Termini Imerese tra Francesco Grizzaffi (già condannato per l’estorsione del mangimificio) e sua moglie, Anna Lucia Maniscalco. Nel corso del dialogo, la donna, informava il marito che la cognata Gaetana Anna Spadafora (moglie di Mario Salvatore Grizzaffi) e probabilmente il figlio di Toto Riina, si erano appropriati delle somme estorte a Romeo senza dividerle con tutti gli altri familiari. Lucia: “dice che questi… Sono tutte cose sue… E dice che se li doveva prendere lei… E voleva questi soldi… eh… (inc. a bassissima voce) noialtri… se li è presi e se li è messi in tasca…” – poi continua “Se li è presi e non ha dato niente a nessuno… dice che erano suoi… tuo cugino è uscito… dice no… quelli sono i nostri… Se li sono divisi lui e lei…. Giuseppe così mi ha detto… si sono presi metà l’uno”.
Sembra inoltre che la mafia nutrisse un interesse per la Alizoo che non si limitava alla messa a posto, ma che vi esercitasse un’influenza diretta, che andava dalla designazione dei fornitori, all’assunzione del personale: dal 2007 al 2008 Alessandro Correnti prestò servizio nella ditta. C’e un fatto: la società di Romeo si trova posizionata in una zona che formalmente ricade nel territorio di Monreale, ma che in realtà risulta vicina al territorio di Corleone, essendo ubicata al km 44 sulla strada provinciale San Cipirello – Corleone. Vi sono stati disquisizioni e scontri in Cosa Nostra sulla gestione di un’attivita al crocevia. L’11 gennaio 2010 Nicolò Romeo, fratello e socio di Salvatore, viene assassinato. I carabinieri di Monreale il 14 gennaio 2010, intercetteranno una conversazione telefonica tra Salvatore Romeo e un suo conoscente, Angelo Bellini, il quale lo aveva chiamato per porgergli le condoglianze: Bellini: “Buongiorno, niente ho saputo ieri sera…”Romeo: “Purtroppo siamo a Palermo e quindi lei capisce il motivo per cui… Perché non gli basta che un cristiano va a pagare, ma deve sapere a chi… secondo me…. poi certo prove, prove non ne abbiamo”.
Un delitto che nemmeno Alessandro Correnti e Gaetano Riina riuscivano a spiegarsi. Due mesi dopo l’omicidio, veniva registrata una loro conversazione. In particolare, Riina lasciava intendere che seppure adottando tutte le cautele necessarie aveva cercato di acquisire notizie sul delitto e su chi avesse dato il permesso di compierlo. L’agguato aveva comunque creato imbarazzo nella famiglia di Corleone. Romeo pagava il pizzo e, dunque, andava protetto.
LiveSicilia, 3 luglio 2011
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