Il difensore di un ventenne detenuto a Catania svela la terribile storia dopo due anni. Dura reazione Arcigay. Il pm Ingroia: "Boss mafiosi gay? Si nascondono per paura"
CATANIA - L'hanno violentato in carcere perchè lui, giovane picciotto, scriveva poesie d'amore. Nella legge non scritta degli "uomini d'onore", un vero mafioso non può essere omosessuale: "Scrivere quelle cose è da arruso, da finocchio. Meriti di essere sodomizzato", gli dissero.
La denuncia dell'avvocato. Fu punito perchè aveva modi effeminati e si dilettava a comporre "versi sdolcinati"; stuprato nel carcere Piazza Lanza di Catania da otto detenuti in carcere anche loro per mafia. "In infermeria gli diedero nove punti di sutura all'ano": lo svela dopo due anni l'avvocato del ventenne violentato, Antonio Fiumefreddo, penalista e sovrintendente del Teatro Bellini di Catania, invitato alla trasmissione Klauscondicio condotta da Klaus Davi su YouTube.
Ingroia: "I boss gay ci sono, eccome". Due settimane fa, Antonio Ingroia, sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, invitato alla stessa trasmissione di Klaus Davi, dichiarò che "di boss mafiosi gay ce ne sono, eccome, ma si nascondono e non escono allo scoperto. Sono ben lontani dal fare outing", disse il giudice da molti indicato come erede di Paolo Borsellino. "Questi boss mafiosi omosessuali non si sono mai dichiarati per un semplice motivo: hanno paura di essere estromessi dall'organizzazione perchè ritenuti meno affidabili. Se l'essere gay costituisce ancora un tabù per la società italiana, figuriamoci in una società arcaica come quella mafiosa. Vivono la loro omosessualità clandestinamente e con paura".
"La mafia italo-americana più tollerante". Diverso il discorso per i mafiosi americani: sono trascorsi 16 anni dall'omicidio di Johnny D'Amato detto Boy, membro della famiglia dei De Cavalcante egemoni a New Jersey, assassinato nel '92 perchè la "famiglia" scoprì che frequentava locali per scambisti e "amoreggiava con uomini". "Nelle nuove generazioni, più aperte, come la mafia italo-americana - ha detto il pm di Palermo - c'è una maggiore tolleranza verso l'omosessualità. I tempi sono cambiati: ci sono anche boss gay più palesi".
Dura la condanna dell'Arcigay. Sull'episodio di Catania denunciato dall'avvocato Fiumefreddo, l'Arcigay interviene duramente: "Che si venga a conoscenza di un fatto simile dopo due anni è stupefacente", scrivono Aurelio Mancuso, presidente nazionale Arcigay, e Paolo Patanè, presidente Arcigay Sicilia. "Chiediamo immediati ragguagli alle autorità competenti. Il giovane è ancora rinchiuso nel carcere catanese. Vogliamo conoscere le sue attuali condizioni di vita e quali siano le misure messe in atto per la sua protezione".
(La Repubblica, 3 agosto 2008)
lunedì 4 agosto 2008
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