mercoledì 9 dicembre 2009

Le mani di Gianni Nicchi sui lavori del tram: il prefetto ha segnalato tre imprese sospette

di Salvo Palazzolo
Gli investigatori stanno esaminando un palmare che era nel giubotto del boss arrestato sabato. Lì sarebbero nascosti molti dei segreti del giovane mafioso che era diventato il padrino più influente della città

PALERMO - La prefettura torna a segnalare all´Amat e al Comune il rischio di infiltrazioni mafiose nel più grande appalto in corso a Palermo, quello per il tram. Nei mesi scorsi, da Villa Whitaker era già partita una nota riservata che esprimeva pesanti perplessità su tre ditte che si occupavano dello smaltimento degli inerti nei cantieri sparsi in città. E quelle ditte erano state subito allontanate. Adesso, il nuovo allarme è per tre aziende che forniscono il cemento. Una di queste sarebbe vicina all´entourage del boss Gianni Nicchi.L´Amat, che è la stazione appaltante, e l´ufficio Traffico del Comune, che sta seguendo da vicino i lavori, hanno già messo in moto le procedure per allontanare le aziende del calcestruzzo ritenute vicine ai clan. Ma l´allerta resta altissima: il gruppo d´intelligence voluto dal prefetto Giancarlo Trevisone continua a monitorare tutti gli appalti in città, anche attraverso un frequente scambio di informazioni con gli organi investigativi di polizia e carabinieri. L´appalto per il nuovo tram di Palermo, un lavoro da 235 milioni di euro, è da anni uno dei chiodi fissi di Cosa nostra. Già nel 2006, Salvatore Lo Piccolo scriveva a Bernardo Provenzano chiedendogli se volesse partecipare con una sua ditta di fiducia a «un consorzio», in vista della realizzazione della grande opera. Di recente, Marcello Trapani, l´avvocato dei boss Lo Piccolo diventato collaboratore di giustizia ha spiegato: «Calogero Lo Piccolo mi disse che nell´immediato era disposto a mettere un milione di euro per l´avvio di un´impresa di calcestruzzo».Le indagini della Dda dicono da tempo che il cemento è tornato ad essere la passione dei mafiosi. Il maxiappalto per il tram e i lavori di realizzazione di diversi centri commerciali hanno sollecitato gli appetiti di Cosa nostra. I poliziotti della squadra mobile sperano di trovarne conferma nel palmare di Gianni Nicchi, che sembra conservare molti segreti del boss più influente di Palermo. Di certo, le indagini di questi ultimi mesi fatte da polizia e carabinieri hanno svelato che proprio attorno alla gestione di alcuni impianti di calcestruzzo si sono riaccesi contrasti fra i clan. Le intercettazioni effettuate dai carabinieri del Gruppo Monreale nell´ambito dell´indagine Perseo dicono ad esempio che il clan Badagliacca pretendeva il pagamento del cinque per cento su una fornitura di 400 mila euro fatta da una ditta di calcestruzzo vicina ai Capizzi di Santa Maria di Gesù in territorio di Monreale. Questa è la regola del pizzo: devono pagare anche i mafiosi se lavorano in trasferta. In realtà, quella manovra sarebbe stata un tentativo di Antonino Badagliacca, il reggente di Monreale, di rompere il monopolio dei Capizzi, vicinissimi a Nicchi, nella fornitura del cemento in molte zone di Palermo. Per fortuna, il cemento è anche l´ultima frontiera dell´antimafia. La Calcestruzzi ericina, l´azienda simbolo del boss Francesco Virga, uno dei manager più fidati di Provenzano a Trapani, è gestita ormai da una cooperativa. A costituirla, sotto la bandiera di Libera, sono stati gli ex dipendenti dell´azienda. Ha detto don Ciotti all´inaugurazione della nuova struttura: «Ora la Calcestruzzi non è più cosa loro, ma cosa nostra». Quella, di Trapani, sicuramente. Le altre, purtroppo, ancora no.
(La Repubblica, 09 dicembre 2009)
NELLA FOTO: Gianni Nicchi.

Nessun commento: