lunedì 12 maggio 2008

Caso Schifani, la destra attacca Travaglio e marcia sulla Rai

Fabio Fazio si scusa in diretta tv

La destra cerca il linciaggio di Marco Travaglio, reo di aver osato ricordare che Renato Schifani, attuale presidente del Senato, ebbe contatti con esponenti mafiosi. Per tutto il giorno esponenti di destra si sono alternati a attaccare il giornalista, ospite alla trasmissione "Che tempo che fa" di Fabio Fazio su Raitre. «Ho solo citato un fatto scritto già nel mio libro e in quello di Lirio Abbate, giornalista dell'Ansa minacciato dalla mafia - ha detto Travaglio - e cioè che Schifani aveva avuto rapporti con persone poi condannate per mafia. È agli atti societari della Sicula Brokers fondata da lui, Enrico La Loggia, Mino Mandalà, condannato come boss mafioso, e Benny D'Agostino, condannato per concorso esterno. O si chiede conto a Schifani di questo o non si celebra Abbate come giornalista antimafia». «E poi, - ha continuato - a Fazio ho spiegato che se dopo De Nicola, Pertini e Fanfani, ci ritroviamo con Schifani sono terrorizzato dal dopo: le uniche forme residue di vita sono il lombrico e la muffa. Anzi, la muffa no perché è molto utile».

Anche il direttore generale della Rai, Claudio Cappon, si è dissociato definendolo un episodio deprecabile e un comportamento a suo avviso ingiustificabile, tanto da aver preso contatti con le strutture aziendali per le iniziative del caso. Cappon si riconosce nelle parole del direttore di Raitre Paolo Ruffini, secondo il quale l'esercizio della libertà d´opinione non può mai sconfinare nell´offesa personale, tanto più grave se ciò avviene senza contraddittorio. Nella puntata di questa sera Fabio Fazio in avvio di trasmissione leggerà una nota ufficiale della direzione generale di viale Mazzini. «Non posso che scusarmi» ha commentato il conduttore.

Solidarietà a Travaglio da Articolo 21. «Non ho sentito la voce degli esponenti della destra né quella di alcuni dirigenti Rai (e non tutti di destra) all'epoca dell'editto bulgaro - dichiara Giuseppe Giulietti, parlamentare dell'Idv e portavoce dell'associazione Articolo21 -e neppure alcune settimane fa quando a reti semi-unificate è stato consentito l'elogio di Mangano (lo stalliere di Berlusconi condannato per mafia, ndr), senza contraddittorio alcuno o quando vi è stata un'esaltazione dei fucili padani, subito derubricata a goliardata da compiacenti "reggimicrofono". In quel caso, ci fu un signorile silenzio tombale».

«Esprimo solidarietà a Marco Travaglio perché ha fatto semplicemente il suo dovere raccontando quel che sono i fatti - scrive Antonio Di Pietro nel suo blog -. Episodi che non possono essere cambiati o taciuti solo perché, da un giorno all'altro, una persona diventa presidente del Senato oppure, e solo per questo, cancellare con un colpo di spugna la sua storia e il suo passato». Per Di Pietro, «un giornalista che racconta, citando episodi specifici, non ha bisogno di alcun contraddittorio. Questo, semmai, deve essere fatto dai politici quando si confrontano tra di loro. Il cronista racconta come sono andati i fatti e paradossalmente vorrebbe dire che ogni qualvolta egli scrive o riporta la cronaca di una rapina, si dovrebbe ascoltare anche la versione del rapinatore».
L'Unità, 11.05.08

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