venerdì 7 ottobre 2011

Attacco all'euro, attacco all'Europa

di Agostino Spataro
La crisi c’è ed è grave. Nessuno può negarla. Le cause sono molteplici e di natura complessa, interne e internazionali. In questo secondo dopoguerra, si sono verificate crisi, anche gravi. Tuttavia, mai era successo, come oggi accade, che a decretarle, a pilotarle e a pretendere di risolverle debbano essere tre agenzie private straniere (quasi tutte Usa) i cui soci hanno da difendere corposi interessi societari, per altro concorrenti con altri dei paesi sottoposti al vaglio delle loro analisi. Su questo punto non mi dilungo e rimando ai due articoli (allegati) scritti dal giornalista indipendente Alberto Puliafito (che ho travato sul web) che ci danno un’idea circa la proprietà delle famose “società di rating”, dei loro compiti e comportamenti (non sempre lineari), dei loro rapporti con il “dio-mercato”, con le varie consorterie finanziarie, con i singoli Stati e forze politiche più o meno influenti. Non c’è bisogno di essere esperti d’alta finanza per cogliere il valore destabilizzante di questi ben dosati e tempestivi verdetti emanati dalle “agenzie di rating”, a carico di questo o quell’altro Stato. Se ci fate caso, la loro scure si è abbattuta soprattutto contro i Paesi dell' eurozona più esposti ai contraccolpi della crisi, nell’ordine: Grecia, Portogallo, Spagna e ora Italia. Sappiamo che in questi paesi i problemi esistono (e come?). Tuttavia, la triade (che detiene il monopolio del rating) sembra avere preso di mira gli anelli più deboli della catena dell’euro, per indebolirlo, per smantellare lo stato sociale e deprimere i consumi di massa e acuire la conflittualità interna, ecc, ecc. Insomma, una miscela davvero esplosiva che può mettere a dura prova il processo di costruzione unitaria dell’Europa e la stabilità politica dei singoli Stati. Speriamo di sbagliare, ma l’impressione che se ne trae è quella di un attacco all’euro come appetibile moneta di scambio che tanti problemi sta creando al re-dollaro che galleggia in un mare di debito pubblico interno e di deficit commerciali e attraversato da pesanti incursioni finanziarie di governi stranieri (specie cinese e saudita). E’ chiaro che questi Paesi comprando il debito comprano quote di sovranità degli Usa ossia della prima potenza economica e militare del Pianeta. Perciò, oltreatlantico non hanno gradito il varo dell’euro e il conseguente rafforzamento ed allargamento del processo di unità europea. Un’Europa unita, con una moneta forte ed apprezzata sul piano internazionale, non è nei programmi delle oligarchie dominanti statunitensi. D’altra parte, quei governi che desideravano vendere il loro petrolio non più in dollari hanno dovuto subire l’aperta ostilità degli apparati di potere Usa, le rivoluzioni arancione e, in alcuni casi, perfino l’aggressione militare. La Casa Bianca li ha bollati come “Stati canaglia”, “paesi dell’impero del male”, inserendoli in liste di proscrizione nelle quali figurano soltanto le dittature ostili e non le dittature amiche, munifiche e anche un po’ servili. Perciò, è necessario attaccare l’euro, indebolirlo. Se così fosse davvero, sarebbe un attacco all’Unione europea, al suo progetto di crescita autonoma, al suo importante ruolo, economico e politico, nello scacchiere internazionale. Senza più l’euro, l’Unione non ha futuro, rischia la divisione, la dissoluzione e di nuovo la subordinazione all’impero americano che, prima o poi, dovrà affrontare il confronto diretto con la Cina e con altre nuove potenze regionali. Certo, questa è solo un’ipotesi da verificare, tuttavia va presa in considerazione anche per smentirla, con dati e argomenti convincenti. Purtroppo, di queste cose in Italia e in Europa quasi non si parla. Tacciono i grandi giornali, i grandi media, i grandi partiti, i grandi sindacati, i grandi… Tutti grandi, tutti muti! Ma che succede? Perché nessuno di questi soggetti informa la gente di come stanno realmente le cose? Possibilmente usando la lingua ufficiale dello Stato cioè l’italiano e non questa miscellanea di termini tecnici inglesi frutto di un provincialismo utilitaristico al servizio del manovratore. Perché, invece di andare in giro con il “pizzino” delle nuove privatizzazioni (leggi svendita di quel che resta del patrimonio pubblico del popolo italiano) i grandi leader di governo e dell’opposizione non spiegano ai cittadini le cause vere, strutturali della crisi italiana e la loro mancanza d’idee e di progetti per superarla?Certo, si deve tener conto dei verdetti delle società di rating e/o degli andamenti, talvolta bizzarri, dei mercati borsistici. Tuttavia, le dimissioni o il varo del governo, le elezioni anticipate non possono deciderle le società di rating straniere e nemmeno gli operatori di borsa. In Italia, la politica e le scelte si fanno alla luce del sole, nel Parlamento e nelle altre istituzioni repubblicane, sulla base del confronto democratico fra le forze in campo portatrici di proposte alternative. Oppure, in fasi eccezionali come l’attuale, con soluzioni politiche e programmatiche che esaltano la coesione e la responsabilità nazionali, come chiede di fare il presidente Napolitano.
Agostino Spataro
6 ottobre 2011

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