giovedì 14 gennaio 2010

LETTERA APERTA al sindaco, agli assessori e ai consiglieri comunali di Corleone


Propongo a voi, di accogliere qualcuno degli sfollati di Rosarno, offrirgli un lavoro, una possibilità di vita dignitosa. Sarebbe un’occasione in più, io credo, di collegare il nome del nostro paese a un’azione, concreta, di solidarietà. Di unire a Corleone, in un abbraccio ideale, nord e sud del mondo.

Gentili sindaco, assessori, consiglieri comunali, sono Maria Di Carlo, e sono corleonese. Benché io non conosca parecchi di voi, alcuni soltanto di vista, pochi altri un po’ meglio, ho pensato di rivolgermi a voi (e non, per esempio, al sindaco della città in cui abito, Palermo, pressoché invisibile ai suoi concittadini) innanzi tutto in quanto rappresentanti di istituzioni democratiche ma anche, non lo nego, in virtù della base, sia pur minima, di conoscenza diretta che intercorre fra alcuni di noi.

Il motivo che mi spinge a scrivervi questa lettera aperta sono i notori, tristissimi, fatti di Rosarno. Non mi dilungherò in analisi politiche o sociologiche sul fenomeno delle migrazioni, argomento su cui non ho particolare competenza, ma su cui vorrei comunque pronunciarmi in qualità, semplicemente, del mio essere persona pensante. Indipendentemente dalle nostre visioni politiche, vorrei rivolgermi a voi, da persona che parla a persone.

Ho sempre ritenuto che qualsiasi nostra azione che abbia anche una minima ricaduta di carattere sociale, è un’azione politica. Da “cane sciolto”, mai iscritta ad un partito, credo di aver operato politicamente, pur nel mio piccolo. Chi mi conosce un poco, quindi sa o intuisce quali possano essere le mie idee. La mia caratterizzazione, però, non mi ha mai impedito di connettermi ad altre persone con tendenze diverse dalle mie, di ricercare e talvolta trovare un terreno comune su cui operare. A prescindere quindi, dalla diversità di fondo che distingue ognuno di noi da ciascun altro, mi permetto di formularvi una proposta “politica”.

Ho osservato, negli anni, la tenacia con cui Corleone ha voluto collegare il suo nome (che la maggior parte dell’opinione pubblica prima associava solo a fatti di mafia) alla sua tradizione migliore. Questo processo è avvenuto in molti corleonesi ed è stato anche incentivato dalle amministrazioni che si sono avvicendate nel tempo. Un terreno comune, a prescindere dalle diversità di partito, è stato, ad esempio, quello di riconoscere la qualità dell’opera di personaggi quali Bernardino Verro e Placido Rizzotto, come oggi il fare fronte comune contro la vendita degli immobili confiscati alla mafia. Oggi, di norma, si fa appello alla Memoria, al non dimenticare, al ricordare episodi, personaggi, lotte, che hanno costruito, giorno dopo giorno, la nostra storia migliore.

Proprio facendo appello alla memoria, al nostro essere stati migranti, e di quelli poveri, fino a qualche decennio fa (oggi lo siamo ancora, ma si tratta di una migrazione di altro tipo) credo sia possibile costruire una base comune che ci consenta oggi, in tempi difficilissimi, di saper guardare sempre al nostro prossimo col rispetto che non può essere negato a nessun essere. Ho letto di recente di un massacro di emigrati italiani accaduto in Belgio a fine ‘800. Gli epiteti e i pregiudizi attribuiti agli italiani emigrati di allora (non solo del sud, ma soprattutto veneti!) erano del tutto simili a quelli attribuiti agli odierni pària del mondo, ai nuovi schiavi, quelli da cui ci sentiamo invasi, dimenticando o sconoscendo che i civilizzati del Primo mondo hanno sfruttato e sfruttano le risorse delle loro terre d’origine. Ci sentiamo, ad esempio, invasi dalle nigeriane (prostituite a maschi italiani!) dimenticando di stare sfruttando il loro petrolio e di stare inquinando selvaggiamente il delta del fiume Niger, causando morìa di pesci, inquinamento dell’acqua, incendi, disboscamento, e quindi impoverimento dei nigeriani.

Corleone è diventata da qualche anno meta di danesi, biondi e con gli occhi azzurri, in vena di matrimoni in territorio forse per loro “esotico”. Ed è comunque bello che ci si colleghi, anche solo idealmente, a questo pezzo del nord del mondo. Allo stesso modo, e con la stessa accogliente semplicità riservata ai danesi (la cui morfologia, dal punto di vista estetico, è per noi più “digeribile”) allo stesso modo penso che il Comune di Corleone possa accogliere delle persone di pelle nera, magari proprio qualcuno degli sfollati di Rosarno. Ho sentito dire spesso, in questi giorni, “non sono immigrati, sono clandestini”, etichetta artatamente costruita per chiudere la porta in faccia a chi raccoglie le briciole cadute dalle nostre tavole. Siamo ricchi Epuloni di fronte a questa gente, anche il più povero di Corleone è ricco di fronte a questi nuovi schiavi, ed è soprattutto libero anche solo di spostarsi nella nazione in cui desidera andare, senza diventare “clandestino” mai.

Circa sei anni fa, fra le tante che approdano o che affondano, arrivò alle nostre coste un’imbarcazione con dentro, fra i vivi, anche diciotto morti. Una ragazza neanche ventenne fu trovata sotto il cumulo dei morti e creduta morta anch’essa. Invece, aiutata, sopravvisse. Fu un caso clamoroso, fra i tanti che purtroppo sono diventati di routine per noi, che ascoltiamo distrattamente notizie alla tv durante i pasti. Molti si fecero avanti per accogliere i superstiti. Fra questi anche l’Istituto valdese, a Palermo. La ragazza, che non sapeva leggere né scrivere, lo imparò sedendo nei banchi di scuola fra bambini di sei anni, fra cui mio figlio. Io penso che vedere la sua faccia magrissima e poi, via via, più rifiorita, sentire il racconto della sua storia, accoglierla come persona fra persona (e non respingendola come “clandestina” fra cittadini!) sia stata fra le migliori lezioni di vita che mio figlio, i suoi compagni di scuola, i suoi insegnanti, noi genitori, abbiamo potuto avere.

Allo stesso modo, come ha già fatto il Comune di Riace, sempre in Calabria, propongo a voi, di accogliere qualcuno degli sfollati di Rosarno, offrirgli un lavoro, una possibilità di vita dignitosa. Sarebbe un’occasione in più, io credo, di collegare il nome del nostro paese a un’azione, concreta, di solidarietà. Di unire a Corleone, in un abbraccio ideale, nord e sud del mondo. Di essere, possibilmente, da esempio per altri comuni che a questo gesto potrebbero far seguire gesti analoghi. Di non perdere la memoria di ciò che anche noi siamo stati. E soprattutto, qualunque sia il nostro colore politico, di non perdere il nostro senso di umanità, dimostrandolo.
Maria Di Carlo
via Mura di s. Vito 5
90134 Palermo


12 gennaio 2010
nrocca@neomedia.it

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