domenica 23 marzo 2008

All'indomani dei 100mila di Bari. Lotta alle mafie e Pasqua: la pietra sarà ribaltata

di Luigi CIOTTI

Eravamo oltre 100mila, sabato 15 marzo a Bari. Arrivati da tutta Italia e da molti paesi d’Europa. Impossibile non rilevare, nel flusso multicolore di associazioni, gruppi, delegazioni, scuole, l’altissima percentuale di giovani. Con la loro energica freschezza e la loro serietà, il loro desiderio di cercare e la loro volontà di capire.
Eravamo in più di 100mila a stringerci attorno a centinaia di famigliari delle vittime delle mafie. Sono stati loro i protagonisti e l’anima di questa giornata. Li abbiamo accolti, ascoltati, accompagnati. Abbiamo sentito sulla nostra pelle le parole di un dolore ancora vivo, a volte gridato, altre sommesso, altre ancora sopraffatto da un’emozione che riemergeva incontenibile. Percorrendo quel lungomare abbiamo scandito in interminabile corteo i nomi dei loro cari. Quei nomi – come pietre miliari di un cammino – continueremo a scandirli anche il 21 marzo: come da tredici anni a questa parte. Il 21 marzo: primo giorno di primavera, segno di vita che si rinnova.
Sono più di settecento le vittime innocenti uccise dalle mafie. Pronunciare insieme quei nomi, custodirli come un seme prezioso da accudire e alimentare ogni giorno, è il senso della 'Giornata della memoria e dell’impegno', ma anche il possibile nesso – per chi abbia certi riferimenti spirituali o ne sia alla ricerca – tra la lotta alle mafie e la Pasqua, tra i racconti evangelici della Passione e il desiderio di costruire giustizia su questa terra. Le mafie ci vogliono far credere che il cerchio del sopruso e della morte si stringa attorno a noi implacabilmente. Ci vogliono convincere che l’unica legge sia quella del più forte, che tra uomini non possa darsi fratellanza, prossimità, giustizia. E che di fronte alla violenza – violenza delle armi, ma anche della corruzione, della menzogna, dell’indifferenza – altra scelta non abbiamo che quella di farci i fatti propri, non impicciarci, badare ai nostri interessi. Tacendo quando dovremmo parlare, tirando dritto quando ci dovremmo fermare, guardando altrove quando dovremmo aprire gli occhi e guardare fisso in quelli di chi è piegato, affaticato, privato della libertà, bloccato dalla paura o svuotato dalla rassegnazione.
La buona notizia del Vangelo rompe però questo circolo vizioso, smonta questo schema all’apparenza ineluttabile. Il primo giorno dopo il sabato, quando è ancora buio e quando morte e violenza sembrano ormai vincere, qualcosa si muove. C’è qualcuno che – più di altri – non si rassegna e che continua a cercare. A sperare nel cambiamento. Ed è a questo punto che chi cerca scorge la pietra sopra il sepolcro ribaltata. Vita e giustizia hanno vinto; luce e speranza hanno fugato buio e violenza. Gesù di Nazareth è stato risuscitato. È vivo. Per continuare a proporre la libertà del «vincere il male con il bene»; del resistere all’ingiustizia con quel semplice, ma incisivo e sempre attuale «fame e sete di giustizia».
100mila vivi che camminano e 700 nomi (volti, storie e vite spezzate) ri-proposte alla meditazione, al ricordo, alla prova della solidarietà e, per chi ha riferimenti di fede, alla preghiera per fare in modo che la via crucis che ci prepara alla Pasqua non si fermi al Venerdì Santo. La pietra è stata ribaltata. Il buio è finalmente vinto dalla luce. Ora l’impegno è nuovamente possibile e ogni rassegnazione, silenzio o complicità con il male devono essere definite per quello che sono: negazione di cambiamento, omissione e privazione di libertà. L’impegno per la giustizia è nuovamente possibile. A partire dal nostro quotidiano. Per tutti. Per ciascuno. Finalmente certi del fatto che 'lotta e preghiera' sono la sola modalità per resistere alla tentazione della violenza e ritrovare le ragioni della verità che ci rende liberi. Anche dalle mafie.
Ma a una speranza che si regge sull’impegno. Anzi: che scaturisce dall’impegno. Come può del resto condurci lontano una speranza non alimentata da gesti quotidiani? Una speranza non sorretta da una responsabilità senza scadenze, non orientata da un realismo che sappia evitare sia le lusinghe dell’illusione, sia la trappola della delusione? Ecco allora il senso dell’espressione 'memoria e impegno', dove la 'e' congiunge, ma anche identifica: memoria è impegno.
Ecco il senso di un ricordare che non è solo un inchinarsi metaforicamente di fronte a testimonianze di generosità, di coraggio e integrità civile, ma un piegarsi concretamente per raccogliere il testimone di chi ha agito per fame e sete di giustizia, avendo riconosciuto in quella fame e sete il fondamento di una vita capace d’impegno e di amore. Senso di una Pasqua che è Passione e Resurrezione di Cristo, ma insieme rinnovamento profondo delle coscienze nel segno dell’impegno e della ricerca di verità.

AVVENIRE, 21 marzo 2008

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