giovedì 10 giugno 2010

L'intervento al Senato di Giuseppe Lumia (Pd) sulla legge-bavaglio delle intercettazioni

di GIUSEPPE LUMIA
Non ci siamo. Abbiamo fatto di tutto, nel Paese, in Commissione, in Aula, per impedire che con il provvedimento sulle intercettazioni ancora una volta si colpisse la nostra Costituzione e si minassero anche la forza e la qualità dell'Italia nel colpire direttamente i boss mafiosi e nel garantire la sicurezza nel nostro Paese. Certo, non ci sfugge che quello alla privacy è un diritto di nuova generazione, moderno, avanzato, che sempre più orienterà la legislazione di tutte le democrazie avanzate. Con questo provvedimento non tutelate la privacy; con questo provvedimento la riservatezza non viene assolutamente sottoposta a protezione democratica; con questo provvedimento fate altro: tutelate gli interessi delle classi dirigenti, di pochi oligarchi e di una parte ristretta del sistema politico italiano.
Negli ultimi anni, abbiamo lungamente discusso su un altro diritto di nuova generazione, anch'esso rilevante, forte, dirompente, che è entrato nel vivo della nostra democrazia, ha orientato il cammino nelle campagne elettorali e ha determinato un forte consenso, di cui avete beneficiato in modo abbastanza rilevante: mi riferisco al diritto alla sicurezza. Anche questo diritto viene colpito, e al riguardo vi assumete una responsabilità ancora più grave, perché il Paese oggi è cresciuto. Oggi tutta la politica riconosce che con la sicurezza bisogna fare i conti e che questo diritto di nuova generazione deve trovare spazio nella nostra legislazione. Così, invece, date un colpo mortale alla sicurezza. Gli operatori, le forze di polizia e l'intera magistratura vi indicano che con la sicurezza avremo le armi spu ntate: i reati gravi non avranno assolutamente la possibilità di essere conosciuti, di far avviare veri processi e di colpire i veri responsabili.
Lo stesso discorso vale per l'informazione. L'informazione: un diritto antico, ma sempre moderno e avanzato; anzi, anche questo, al pari dei diritti alla privacy e alla sicurezza, acquista sempre più rilevanza. Si tratta di un diritto che diventa una risorsa per le democrazie, non un problema, un limite o una pietra d'inciampo; ripeto che esso rappresenta una grande risorsa affinché la nostra democrazia acquisti trasparenza, vi sia più controllo di legalità e si avvii anche un'azione diretta sulle classi dirigenti per evitare che queste si chiudano, diventino autoreferenziali e scadano in atteggiamenti di impunità.
Per tale motivo, abbiamo chiesto che sia tutelato anche il diritto all'informazione e denunciamo come il vostro provvedimento sulle intercettazioni sia un altro vulnus alla nostra Carta costituzionale, alla nostra democrazia, ai diritti che si sviluppano, che acquistano maturità e che diventano un grande punto di riferimento per la vita sociale, economica e democratica del nostro Paese.
Così emerge la verità, è di fronte a noi: niente privacy, niente sicurezza, niente tutela del diritto all'informazione, ma invece un altro meccanismo, che spiego in un atteggiamento molto semplice: voi siete attenti a tutelare una parte delle classi dirigenti che nel potere individuano lo strumento per avere più impunità e nello stesso tempo più privilegi. Impunità, sì, percorsi preferenziali, protezione per impedire che il controllo di legalità possa intervenire anche su chi è titolare democraticamente dell'esercizio del potere. Più privilegi: una sorta di area di libero scambio dove tutto è possibile, dove tutto si può mercificare: dal diritto alla casa alla possibilità di depredare le risorse pubbliche. Tutto si può fare, tutto si può corrompere, tutto si può scambiare, tutto si può mercificare e tutto diventa intermediazione burocratica e clientelare e spesso affaristico-mafiosa.
Le grandi democrazie, le democrazie avanzate, quelle mature, quelle forti e qualificate agiscono su altri percorsi. Le grandi democrazie, in sostanza, stabiliscono un altro bilanciamento. Più potere? Certo, nelle grandi democrazie abbiamo avuto degli spostamenti verso gli Esecutivi, che si sono rafforzati per rispondere in modo più veloce al cambiamento sociale, per non farsi fagocitare dagli altri poteri presenti nella società; ma in quel caso tutte le volte che si dà un grammo in più di potere si danno molti grammi nel campo della responsabilità: più potere, più responsabilità.
Così il bilanciamento della democrazia produce percorsi virtuosi, rafforza la politica e fa delle istituzioni democratiche un punto di riferimento anche quando bisogna affrontare periodi terribili, periodi di crisi, come in questo momento, periodi che attraversano tutte le società avanzate. Sappiamo che più la democrazia è matura, più è avanzata e più nei momenti maggiormente difficili e di crisi emergono le nuove classi dirigenti, hanno spazio nuove opzioni. Le classi dirigenti si concentrano su queste priorità e non ricercano un maggiore potere per avere più privilegi e più impunità.
Potere e responsabilità: lì dobbiamo trovare le soluzioni, anche alla privacy; lì dobbiamo trovare una soluzione per far accrescere nel nostro Paese la dimensione della sicurezza; lì dobbiamo agire sull'informazione.
E non usate l'argomento che la lotta alle mafie è stata messa al riparo: non è così, vi sbagliate di grosso. Abbiamo naturalmente fatto in modo che, grazie alla reazione che c'è stata, siano state apportate delle correzioni, ma i problemi rimangono, anche nella lotta alle mafie. Non le avete assolutamente sottoposte a un rigoroso e sistemico meccanismo di doppio binario. Le mafie, per essere colpite, non possono assolutamente essere affrontate con quello che prevedete sempre per i reati di confine. Quando si colpiscono reati come racket, usura e riciclaggio, che all'inizio non sono inquadrabili nei reati di mafia attraverso anche l'articolo 7 della legge n. 203 del 1991, che riguarda il favoreggiamento all'organizzazione mafiosa, bisogna sapere che non basta una proroga, dopo settantacinque giorni, ogni 72 ore: un mecca nismo macchinoso che ostacola le indagini e favorisce i boss.
Così anche per ciò che attiene alle intercettazioni ambientali, rispetto alle quali avete stabilito, secondo le logiche mediocri dell'Italietta, che si possono fare «purché il luogo non sia privato». Una soluzione ridicola, che non ci aiuta, che ci espone. Come è accaduto, ad esempio, in Germania in occasione della vicenda di Duisburg, quando nell'agosto del 2007, in un locale, ci fu una riunione di 'ndrangheta e non furono disposte le intercettazioni ambientali perché non si era in condizioni di avere un indizio certo che lì si potesse consumare un reato. Alla fine, quel Paese è stato esposto ad una strage di mafia senza precedenti, che ha umiliato anche il nostro Paese, visto che ha riguardato la 'ndrangheta, una delle più potenti organizzazioni, presente non solo in Calabria ma in tutto il resto del Paese e così in Europa e in altri contesti internazionali. La vostra soluzione prevede che le intercettazioni ambientali possono essere disposte «purché il luogo non sia privato»: e quando i boss mafiosi sono in auto? Quando utilizzano le loro case? Come agiamo in queste occasioni? Come possiamo conquistare spazio e dare ancor più rilevanza all'azione delle forze dell'ordine e della magistratura?
In Commissione parlamentare antimafia, così come in Commissione giustizia, tutti i migliori operatori dell'antimafia, tutte le cariche più importanti dell'antimafia hanno espresso giudizi estremamente negativi. Vi hanno detto: attenzione, anche la procedura che prevedete, la collegialità che prevedete, mette in serio pericolo la possibilità di utilizzare le intercettazioni in modo veloce, in modo tale da poter seguire l'andamento dell'organizzazione mafiosa e colpirla per tempo, anzi in modo che attraverso le indagini si possa arrivare un attimo prima che arrivino loro per spostare, insomma, la capacità di indagine, di repressione dello Stato democratico verso l'antimafia del giorno prima abbandonando l'antimafia del giorno dopo.
Per anni avete detto che bisognava ritornare alle indagini autonome, che bisognava valorizzare la professionalità delle forze dell'ordine, che bisognava responsabilizzare la magistratura a seguire, a fare in modo che ci fosse una capacità forte e qualificata nell'individuare reati e colpire le organizzazioni mafiose e avete criticato l'utilizzo dei collaboratori di giustizia perché ritenevate che bisognava spostarsi su più moderni e avanzati sistemi di indagine e si indicava, tutti in coro, le intercettazioni per fare questo salto di qualità. Ebbene, adesso sono smascherate le vere intenzioni: prima si riduce il corretto utilizzo del ruolo dei collaboratori per penetrare la segretezza, l'impunità e l'omertà che costituiscono i fondamenti dell'organizzazione mafiosa; dopo, quando ci si sposta sul sis tema delle intercettazioni per individuare, per fare in modo che lo Stato democratico acquisisca una capacità autonoma anche al di là del corretto utilizzo dei collaboratori, quando si è ormai raggiunta una soglia tanto qualificata, ecco che intervenite e spuntate anche questo sistema.
Adesso la verità viene fuori, adesso siamo tutti di fronte a gravi responsabilità. Noi denunciamo, noi abbiamo indicato altre proposte, noi chiediamo che il nostro Paese sappia mettere in relazione il diritto alla riservatezza con quello alla sicurezza e con quello all'informazione. Vi sfideremo nei prossimi giorni, qui in Senato, sul tema della lotta alle mafie ed ancora una volta vi dimostreremo che proposte moderne, avanzate, condivise non rientrano in questo provvedimento. Noi faremo di tutto perché nel Paese, nelle istituzioni questa vostra proposta non ci indebolisca e non ci esponga.

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