lunedì 28 giugno 2010

“I politici non profaneranno il dolore di via D’Amelio”

di Martina Miliani
domenica 27 giugno 2010
Parla tutto d’un fiato Salvatore Borsellino. E soprattutto ringrazia, per la possibilità che gli abbiamo dato, di raccontare questa storia: “Sa non sono molto bene accetto da certa stampa, mi hanno dato del sovversivo”. Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, parla di stragi di Stato, di equilibri politici e di agende rosse che scompaiono improvvisamente. Parla di illusioni, ma anche della voglia di continuare a lottare per ottenere la verità, su quella strage fa gli ha portato via il fratello. Parla anche di speranza, Salvatore Borsellino: spera che la morte di Paolo non sia stata vana.
Cos’è cambiato nella sua vita da quel 19 luglio?
“E’ cambiata molto la mia vita. Ma ho attraversato diverse fasi da allora. Fino al ‘97, vedendo la reazione della società civile e delloStato alla strage, nutrivo la fortissima speranza che la morte di miofratello fosse almeno servita a cambiare le cose. Poi ho capito cheera tutta un’illusione: spenta, la reazione della società civile, fasulla, quella dello Stato. Ma dal 2004 ho ricominciato a parlare:avevo la certezza che la strage di via d’Amelio non fosse una strage di mafia ma una strage di Stato”.
Quindi cosa ha pensato quando sono arrivate le dichiarazioni di Spatuzza e Ciancimino?
“Ho nutrito una profonda gratitudine verso le procure di Caltanissetta, Firenze e Palermo. E’ nata in me una profonda speranza nei collaboratori di giustizia, ma soprattutto in quei magistrati che li stanno ascoltando, che stanno procedendo senza paura nonostante le intimidazioni del capo dell’esecutivo”.
Cosa si sa davvero di via D’Amelio?
“Ho letto molti libri di giornalisti che parlano della trattativa tra mafia e Stato, che si è svolta durante il periodo delle stragi. Io sono convinto che mio fratello sapesse della trattativa, e conoscendo Paolo sicuramente si sarà messo di traverso. Inoltre sono sicuro che il primo luglio del 1992 quell’incontro con Mancino c’è stato, nonostante lui continui a negarlo. C’è scritto nell’agenda grigia di Paolo. Lo Stato doveva eliminare l’ostacolo alla trattativa intavolata nel momento in cui si stava attuando in Italia l’ennesimo processo, dirompente per l’opinione pubblica, di cambiamento degli equilibri politici. E in questi casi, a scatenarsi sono le stragi di Stato”.
Cos’è il popolo delle agende rosse?
“E’ un movimento spontaneo, del quale fanno parte anche Sonia Alfano, la figlia di Beppe Alfano morto ammazzato dalla mafia, e Benny Calasanzio, nipote di due imprenditori anche loro uccisi nell’arco di sei mesi dalla criminaità organizzata, proprio nel periodo delle stragi. Abbiamo iniziato a muoverci nelle scuole e tra la gente, per sensibilizzare l’opinione pubblica alla piaga della criminalità organizzata. Alcuni giovani che abbiamo incontrato, hanno deciso di unirsi a noi. Sono giovani non politicizzati, un gruppo trasversale, che ha deciso di lottare con noi per ottenere giustizia e verità. Il nostro più grande sostegno va ai magistrati che si adoperano per questo, nonostante le minacce da parte del governo. La prossima manifestazione sarà il 17, 18 e 19 luglio. Cercheremo di impedire la profanazione di via d’Amelio da parte di quei politici che con ipocrisia vengono a deporre corone di fiori”.
Il 17 febbraio del 2009 la Corte di Cassazione si è pronunciata sull’agenda rossa: non ci sono prove che Paolo Borsellino l’avesse con sè quel giorno, e con molta probabilità è andata distrutta nell’esplosione.
“L’agenda rossa è il simbolo di questo movimento, il simbolo di giustizia e di verità. L’arrivo di questa sentenza è una pietra tombale sulla giustizia.Non si è mai arrivati ad una fase dibattimentale di questo processo. Delle foto provano che il colonnello Arcangioli aveva con sè la borsa mio fratello, nei momenti successivi alla strage. Agnese, la moglie di Paolo, ha testimoniato lei stessa di aver visto mio fratello quel giorno prendere l’agenda rossa, dalla quale non si separava mai. Ho chiesto che Agnese, e tutti i familiari di Paolo venissero incriminati per aver mentito, o per aver fatto sparire l’agenda, perchè noi saremmo stati gli unici a poterla avere. Ho chiesto che venissimo processati, ma non è successo nulla”.
Giorgio Napolitano si è rammaricato delle ombre che, nonostante i processi arrivati a sentenza, continuano a permanere sulla strage di Ustica. Perchè secondo lei è così difficile arrivare alla verità in Italia?
“Dietro queste stragi ci sono sempre pezzi deviati dello Stato che occultano notizie, depistano. Ustica, il caso Moro, Piazza Fontana, Piazza delle Logge. Non si arriva alla verità a causa di apparati di disinformazione, che continuano a nasconderla”.
Da I love Sicilia

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