mercoledì 24 dicembre 2008

All'Inferno con Benigni. Intervista al comico toscano su... Dante ed altro...

di Wlodek Goldkorn
Gli intercettati e i corrotti. Gli ignavi e i bigotti. Il grande comico toscano racconta i gironi danteschi dell'Italia di oggi. Parla della volgarità e della speranza. E spiega perché Silvio Berlusconi ci fa ridere
"Faccio una premessa, anzi un preambolo, bella la parola preambolo, c'ha un bel suono. Sono anni che non faccio un'intervista a 'L'espresso', e siccome sono emozionato, propongo di rovesciare le parti. Intervisto io 'L'espresso', e chissà cosa mi raconterebbe L'espresso"...
Le racconterebbe l'Italia di oggi, signor Benigni, come fa ogni settimana. Torniamo quindi all'ordine stabilito. Il pretesto per questa intervista è 'Tutto Dante', una serie di dvd tratti dallo spettacolo con cui ha riempito le piazze d'Italia. E allora provi a immaginarsi: Dante risorge oggi.
"Dante non risorge perché anche nella tomba è vivissimo. Anzi, per alcuni è già troppo vivo anche da morto".
E lei lo porta in giro per il mondo.
"Infatti torno dall'estero. Ho fatto uno spettacolo al Palazzo del ghiaccio di Lugano. Tutti con peliccia, sciarpa, berretto. E io con un vestitino estivo. Sembrava l'immagine del lago di Cocito dell'Inferno dantesco. Assomigliavo a uno di quei personaggi della 'Commedia' che hanno commesso peccati tremendi: superbia o tradimento, e che per la pena di contrapasso stanno immersi nel ghiaccio, con il viso rivolto in su. E come per la pena di contrapasso, mi sono ammalato. Mi ha impressionato, non solo a Lugano, anche in altre città, l'entusiasmo degli italiani all'estero. Partivo dicendo: 'In Italia ho un vantaggio: appena dico il nome di Berlusconi, tutti ridono'. Ma già a metà del nome, ecco che a Lugano o in Germania partiva un fragoroso applauso e una risata".
È una maschera della commedia dell'arte, Silvio Berlusconi?
"Di più. Non è una maschera, è la maschera. È spettacolare. Esonda, come si usa ora dire del Tevere. È piovuto troppo Berlusconi nel mondo, e ora sta esondando. Basta dire: 'Berl', e scoppia una incontenibile risata. Io, poveretto dico: 'Perché Dio', e niente. Dico invece 'Berlusconi', ed ecco che va giù la sala. Perché Berlusconi promette. È un nome che promette di divertirci. Con lui tutto finisce in una gran risata. Ho visto che all'estero ridono di più che in Italia. Le cose che arrivano indirettamente sono più belle. Berlusconi gioca di rinterzo".
Parliamo della sua comicità. Lei non porta maschera. Si presenta con la sua nuda faccia. In 'La vita è bella', il film che le è valso l'Oscar, lei è Benigni, non un ebreo. E il lager non è Auschwitz...
"Per ogni comico lo stile è il suo corpo, e il modo con cui si muove, il suo sguardo. Per esempio, questa scemenza che ho appena detto, se mi si potesse vedere, sarebbe un po' più bella".
L'Italia piace al mondo?
"Così come il nostro imperialismo militare del Ventennio è stato il più goffo e ridicolo del mondo, il nostro imperialismo culturale è stato il più lucente di tutti i tempi, e ancora brilla. Nel mondo occidentale tutto ciò che è moderno è stato inventato dagli italiani. Dai bottoni all'architettura, dal bacio alla finanza, dai pantaloni alla musica. Gli ordini angelici e il purgatorio: tutta roba italiana".
Lei ama sottolineare le sue radici...
"Contadine. I miei genitori erano parte della terra, la amavano e la lavoravano. Erano due zolle. E io ne vado orgoglioso".
I ricchi considerano i poveri volgari.
"È questa una considerazione volgare. Cristo ha dato un nome ai poveri: il suo".
È in grado di definire la volgarità?
"Volgarità è andare a toccare e stuzzicare le nostre parti più basse per ottenere un facile consenso, un immediato guadagno, un'indebita popolarità. A volte si cede. Basta un momento di debolezza. Chissà se anch'io non ci sono caduto qualche volta".
La tv è volgare?
"A volte le cose sono così plateali che spero che si arrivi all'assuefazione".
Naturalmente non fa i nomi...
"Farli sarebbe volgare davvero".
E allora torniamo al sublime. Dante parla di corpi, di escrementi, di sangue. Oggi è possibile farlo con altrettanta eleganza?
"Dante sente odori, umori, inciampa nei corpi. Usa parole come merda o puttana, perché è convinto che tutto è degno di essere salvato. La poesia può essere fatta con qualsiasi parola. La poesia è corpo, ritmo, finzione, passione. Ogni parola nella 'Commedia' corrisponde a un'emozione. Ed è una lezione di libertà".
Perché?
"Quando siamo in preda alle passioni, siamo liberi, perché nessuno ci può controllare. Dante muore nel primo cerchio perché altrimenti sarebbe rimasto lì, tra i lussoriosi, i due avvinghiati per l'eternità. L'inferno si ferma davanti alle passioni, omaggia l'amore terrestre".
Cosa è successo allora alla lingua italiana? A sentire le intercettazioni ci sono poche passioni e molta volgarità. Nel suo spettacolo c'è un pezzo molto applaudito...
"'Aho, Qui ce ne sono due che vonno fare la televisione, ma non sanno fare un cazzo. Che je fammo fa'? Ma so' bone? Ammazza: una sorca, una fregna. Allora io mi scopo la sorca tu ti scopi la fregna. Je fammo fare un reality, Un due tre sorca, l'Isola della fregna'. Questo dialogo è un capolavoro, un vero girone infernale degli intercettati. Neanche Dante saprebbe scrivere un dialogo così".
Berlusconi in quale girone lo metterebbe?
"Un girone ad personam. Fatto con una legge solo per lui. Confesso, tempo fa volevo fare uno spettacolo in cui Dante mi avrebbe guidato all'inferno. A pensarci bene, a Berlusconi potrei fargli fare il giro di tutti quanti: dei lussuriosi, dei barattieri, dei simoniaci, dei bugiardoni, dei bischeroni. Sta bene dappertutto. È un protagonista".
Perché non ha fatto quello spettacolo?
"Perché sarebbe cabaret. Preferisco la 'Commedia'".
Nel girone degli ignavi chi metterebbe?
"Quel girone sarebbe pieno. L'ignavia è il più grave dei peccati. Gli ignavi sono rifiutati perfino dal demonio. Satana non li vuole perché i dannati, gli assassini direbbero 'io sono meglio di loro'. Quando vediamo gli orrori alla tv, il vero orrore è la nostra indolenza".
Molti politici italiani peccano di ignavia. Anche quelli di sinistra.
"Certo. Ignavi sono anche coloro che salgono sul carro del vincitore, quelli che aspettano di agire per vedere come vanno le cose. Essere ignavi vuole dire vivere senza Dio, perché una volta scelta la strada dell'ignavia, il Dio che è dentro ciascuno di noi non ci guarderà mai più negli occhi. La pena del contrapasso per gli ignavi non a caso è seguire nudi un vessillo stracciato ed essere pungolati dalla mosche. Perché nella vita, loro non sono stati pungolati da niente. Non hanno vissuto".
Lei spesso dissacra il potere.
"Una volta era facile. Oggi s'è dissacrato da solo. Un comico serio deve proteggere i cittadini da chi li governa. È il suo lavoro".
E quando prese Enrico Berlinguer in braccio?
"Volevo sentire il suo corpo. L'ho visto fragile. Volevo far vedere la sua leggerezza in una maniera fisica. Eravamo abituati che il segretario del Partito comunista fosse un padre. Io l'ho voluto ricondurre alla condizione di un bambino".
Oggi i capi dei partiti come sono?
"È cambiato tutto. Si è persa una parte, ma si è guadagnato da un'altra. Le nuove generazioni sono meglio. I giovani sono più belli, più colti, più sensibili".
In giro si sente nostalgia di Berlinguer.
"Quando pensiamo al passato, cancelliamo le parti brutte e teniamo in mente solo quelle belle. Ma è un errore. Bisogna guardare in avanti. Dobbiamo vedere il bello di fronte a noi. Altrimenti che vita sarebbe?".
Walter Veltroni è meglio di Berlinguer?
"Berlinguer andava bene. Adesso c'è Veltroni e va bene Veltroni. Non si può mica rifare Berlinguer. E come se io volessi rifare Chaplin".
Perché in Italia spesso i comici fanno i politici e i politici i comici?
"Qui entriamo nella distinzione tra comicità e satira. La satira è mirata. È ad personam. Io preferisco la comicità che parla a tutti e prende di mira tutti".
Lei soffre per lo stato della libertà in Italia?
"Possiamo dire tutto. Io posso dire che Berlusconi fa schifo. Poi magari mi mettono in galera e chiudono 'L'espresso'. Però l'abbiamo detto. Ma io non l'ho detto. È 'L'espresso' che lo ha scritto. Sono stato frainteso".
Visto che siamo liberi. Cosa le viene in mente quando sente la parola Brunetta?
"Mi fa schiantare dal ridere. Quando lo vedo in tv, mi viene la voglia di entrarci dentro e mettermi accanto. È una maschera, per come esprime i concetti, non per l'aspetto fisico. È un testo teatrale".
Mariastella Gelmini?
"È impegnata in una lotta impari. Le facce dei ragazzi sono sacre. Non si può non stare coi ragazzi. Diceva Mark Twain: 'Non ho mai permesso alla scuola di interferire con la mia istruzione'".
Giulio Tremonti?
"Un'immagine, nitida. Non uno da mandare all'inferno".
Lei dice che Dante scrive perché Dio esista e non perché Dio esiste. Il poeta crea il mondo?
"Sì. E la 'Commedia' è il poema dell'incredibile, è audace e moderna. C'è dentro il bipolarismo, il trasformismo. Ah, che bella pena sarebbe quella dei trasformisti, Dante cambierebbe in continuazione quel che appare loro davanti. E quanto sarebbe pieno il girone dei corruttori. Ma niente nomi. Dante l'hanno mandato in esilio perché odiava i trasformisti e gli stolti. Poteva dare un bacio a un lebbroso, non avrebbe mai stretto la mano a un imbecille".
Ci sarebbe il girone dei bigotti?
"Sì. Di coloro che prostituiscono il sacro".
A chi stringerebe Dante la mano a Montecitorio?
"Il parlamento racchiude il 10 per cento del peggio, l'80 per cento di mediocrità. E il 10 per cento del meglio. A quel 10 per cento stringerebbe la mano".
Ultima domanda. Lei va in giro con la 'Commedia' in tutta l'Europa, in America, nei Paesi arabi. Perché Dante è così universale?
"Perché si è occupato di quella cosa di cui non si occupa più nessuno: la vita, il mistero, il perché siamo qua. I fatti del mondo non sono la fine della questione. Oggi è tutto desacralizzato, ma appena entro nell'aldilà si sente una nostalgia, una rimembranza profonda, di un paradiso terrestre. Noi viviamo la notte di Giacobbe perenne. Lottiamo con Dio, e come Giacobbe ne usciamo feriti, toccati. Non si può sfuggire alla 'Commedia' come non si può sfuggire alla propria coscienza. È come chinarsi sull'abisso. E quando guardi l'abisso l'abisso guarda te".
L’Espresso, (23 dicembre 2008)

Benigni scrive una lettera a Dante Alighieri

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