martedì 8 aprile 2008

LA CAMPAGNA ELETTORALE HA FATTO FLOP?

di Agostino Spataro
La campagna elettorale ha fatto flop? A pochi giorni dalla sua conclusione, la domanda è d’obbligo ed anche la risposta. Non so altrove, ma dalle mie parti se n’avvertono solo echi lontani. O poco più. Avrà influito l’inclemenza del tempo, ma non solo.
La verità è che anche nella Sicilia delle grandi passioni civili, dei fuochi di paglia, dei lunghi codazzi e del delirio clientelare la politica si dimena in una grave crisi. La gente, gli stessi militanti, la prendono alla larga. Soprattutto da quando c’è il “porcellum” che sembra essere stato ideato per assestare un colpo definitivo alla democrazia italiana. E’ triste vedere questo corteo pietrificato di leader incoscienti o diabolici attraversare il deserto delle coscienze che la malapolitica sta creando.
Mancano gli entusiasmi, il fervore dei candidati e dei loro supporter, la fantasia creativa dei giovani, degli intellettuali, l’attivismo delle sezioni, dei club nel territorio, nei quartieri, nei posti di lavoro. In sintesi: non c’è vera partecipazione popolare, non dico come quella di una volta, ma almeno come quella che vediamo per le primarie in Usa.
Tutto è affidato alle banalità ripetitive in televisione, al messaggio virtuale, a danno della socializzazione del confronto politico e del contatto diretto con gli elettori.
Il voto stesso è stato degradato a merce che si può vendere e comprare, barattare per un favore o addirittura scambiare, sottobanco, fra candidati di liste diverse che temono di non farcela.
In questi giorni, si sussurra di pacchi di voti regionali in cambio di altrettanti per il Senato e vice versa. Lo chiamano “voto disgiunto” in realtà è una nuova porcata.
Dentro questo bailamme, si muovono le macchine elettorali e propagandistiche dei partiti che,
mutuando le tecniche della pubblicità commerciale, mirano alla conquista di pubblici selezionati, settoriali, perfino di nicchia.
In Sicilia, Lombardo, che pure s’atteggia a governatore prossimo venturo, addirittura non è andato all’atteso confronto televisivo. Arroganza o paura di trovarsi, da solo, di fronte al “lupo cattivo”?
Perciò, per evitare complicazioni, meglio negli alberghi e nei party, dove non c’è contraddittorio e ci si può beare degli applausi e del calore degli afecionados, dei clientes.
Si, la nuova vogue è decisamente più confortevole, anche perché si possono promettere mari e monti, e ponti, e soprattutto evitare i lamentosi elettori alle prese con i tanti problemi quotidiani.
Ai grandi elettori si riserva un incontro a quattrocchi. Ai più disperati si penserà dopo, negli ultimi giorni: qualcuno passerà casa per casa e darà un acconto e un telefonino per certificare la corrispondenza del voto, secondo le istruzioni ricevute.
Per quanto la situazione resti confusa, c’è una grande differenza fra le due campagne.
Quella nazionale, dominata dalla straripante presenza sui media dei principali candidati-premier, si sta svolgendo in un clima quasi surreale dove partiti e candidati sembrano agire in clandestinità.
La cosa è grave, ma si spiega con l’assenza del voto di preferenza che induce i candidati-sicuri a non fare campagna elettorale perché, appunto, sono sicuri dell’elezione, e gli altri a non farla per la ragione opposta, ossia perchè sanno che non potranno varcare la soglia del Parlamento.
Curiosamente due ragioni contrapposte producano un comportamento uguale.
In compenso- si dice- la campagna è meno costosa. Sarà. Anche se non si capisce perché concedere cospicui contributi statali a decine e decine di liste e di partiti, anche a quelli che non eleggono parlamentari.
Meno male che per le regionali c’è la preferenza, altrimenti la campagna elettorale sarebbe un mortorio.
Quella per l’elezione del governatore e dell’Ars, infatti, è molto più rumorosa e dispendiosa.
Più briosa direi, anche se si affida molto ai passaggi televisivi e alla solita selva di manifesti, in gran parte affissi abusivamente, dove i candidati mostrano i loro sorrisi di circostanza, taluni le loro spavalde dentiere.
E così, a pochi giorni dal voto, in giro c’è molta indecisione, smarrimento. E anche tanto sconcerto per la sequela di cambi di casacca mai vista prima.
Non so se qualcuno stia tenendo la conta, sicuramente la loro incidenza avrà un effetto dirompente sul risultato elettorale e sulla residua affidabilità del ceto politico.
Si tratta, infatti, di un vero e proprio esodo che denota un ulteriore infiacchimento morale del personale politico e istituzionale e segnala una pericolosa deriva del rapporto fiduciario fra elettori ed eletti i quali, tradendo il mandato ricevuto, alterano i risultati elettorali e inquinano i conseguenti assetti politici e di governo.
Eppure, invece di sanzionare severamente tali comportamenti, i beneficiari li esaltano come atti d’eroismo, di libertà, pensando, stoltamente, che a loro non potrà capitare un accidente simile.
A questo punto, nessuno può escludere che i neo-eletti non seguiranno l’indegno esempio.
Si ripropone, pertanto, il pericolo della frantumazione e dell’instabilità delle nuove maggioranze.
Alcuni segni di questa deriva li abbiamo colti già nella formazione delle liste, con passaggi sorprendenti, anche nell’ambito dello stesso schieramento.
L’obiettivo è chiaro: spostare pacchi di voti mediante i passaggi, da un partito all’altro, di sindaci (eletti dal popolo), consiglieri comunali, provinciali, presidenti e consulenti in scadenza di una caterva di enti inutili e dispendiosi e quant’altro si può riciclare.
Il movimento si verifica prevalentemente nel centro-destra dove s’intrecciano talune, contraddittorie esigenze, ma lambisce anche il centro-sinistra, con perdite talvolta rilevanti, secondo una logica infida, contorta. Seguiamola.
Il PdL per le regionali è alleato con Udc e MpA, ma non per le nazionali, perciò lavora alacremente per svuotare l’Udc di Cuffaro e Casini per non farle superare la fatidica soglia dell’8 al Senato. Alla stessa stregua si comporta il MpA di Lombardo che ha offerto rifugio nelle sue tante liste a tutti gli esclusi del PdL suo alleato maggiore, soprattutto agli scontenti di An.
Insomma, fra i tre solo l’Udc è sotto tiro e le sta prendendo di santa ragione. Speriamo che il centro-sinistra si mantenga alla larga da questo gioco sleale.
Agostino Spataro
7 aprile 2008

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