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Carlo Ruta |
Condanna, dopo due gradi di giudizio, per il reato di stampa clandestina: questo, il verdetto pronunciato dai tribunali di Modica e Catania nei confronti dello storico Carlo Ruta; una decisione, peraltro, capace di porre seri dubbi sul futuro dell'informazione web. L'imputato, dunque, paga con la condanna, in primo e secondo grado, l'impegno profuso all'interno del suo personale blog accadeinsicilia.it, prima oscurato ed oggi completamente disattivato. Ruta, infatti, si trovò al centro di un vortice, fatto di polemiche e denunce, già nel 2005. Agostino Fera, l'allora reggente della Procura della Repubblica di Ragusa, decise di agire in giudizio nei confronti dello scrittore a seguito delle valutazioni da questo espresse sull'operato dell'ufficio giudiziario ibleo e riportate su Accadeinsicilia.it. Ruta, in sostanza, riteneva che le indagini su un caso di corruzione e di passaggi di denaro che coinvolgevano anche un noto avvocato della zona fossero state archiviate con eccessiva facilità. Partì, così, un lungo iter, fra aule di tribunale e carte bollate: nel settembre del 2008, il tribunale di Modica condannò l'imputato al pagamento di una multa pari a 150 euro e al versamento di spese processuali per un totale di 5 mila euro. Sì, perché, stando alla sentenza redatta dai giudici modicani, il blog tenuto da Ruta non era stato registrato e, al pari di qualsiasi quotidiano cartaceo privo delle necessarie autorizzazioni, si poneva in contrasto con l'articolo 16 della legge sulla stampa n. 47 del 1948. Una disciplina che, data la fase storica di approvazione, fa riferimento esclusivamente alla dimensione tradizionale: quella, appunto, del cartaceo. Stando ai giudici del tribunale di Catania, che qualche giorno fa si sono espressi in appello sul caso di Carlo Ruta, non ci sono dubbi: l'imputato, riportando le proprie riflessioni sulle pagine web di accadeinsicilia.it, ha commesso un reato. Al blog, infatti, mancava una registrazione presso il tribunale di competenza, l'indicazione di un direttore responsabile, di un editore e dello stampatore. Dunque, stampa clandestina.
Ma, allora, si chiedono già in molti: la stessa sorte toccherà alle migliaia di blogger nostrani, sempre pronti ad aggiornare le rispettive pagine con notizie rintracciate dalle fonti ufficiali o con quelle ottenute dopo intense, ed autonome, ricerche? “Si tratta – commenta lo stesso Ruta – di una decisione, a mio parere, liberticida, destinata a gravare su tutti coloro, giornalisti e non, disposti a fare informazione in un certo modo”. Già dopo la condanna in primo grado, lo scrittore aveva preso posizione indicando il pronunciamento subito alla stregua del primo di una lunga serie di cappi che si preparavano per essere stretti al collo del web e dell'informazione non ufficiale. “Per questa ragione – conclude lo scrittore – nonostante il reato sia prescritto, ho deciso di agire in Cassazione per ottenere una pronuncia di legittimità; la decisione assunta, infatti, è unica anche a livello europeo. Nel nostro paese, non era mia esistito un caso di stampa clandestina neanche sul cartaceo, a questo punto nessuna pubblicazione può dirsi certa, compresi i bollettini parrocchiali”.
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