Da sx: F. Ribaudo, D. Paternostro, F. Virga, N. Cipolla |
Come ben sapeva il Pitrè "la storia si è sempre scritta dai dotti pei dotti, e si è sempre occupata di grandi imprese, più o meno vere, senza dir mai nulla di quel che faceva, di quel che pensava, di quel che credeva la grande massa del popolo". Ci sono volute rivoluzioni sociali e culturali per cambiare i vecchio modo di scrivere la storia e, soprattutto, per arrivare a dare uno statuto scientifico allo studio delle cosiddette classi subalterne. In questo contesto va collocata l'opera curata da Nicola Cipolla e Dino Paternostro, intitolata Antologia di un'epopea contadina, pubblicata dal CEPES (Centro Studi ed Iniziative di Politica Economica in Sicilia) di Palermo lo scorso mese di marzo. Nel libro sono raccolti scritti e documenti vari che mettono a fuoco le lotte contadine dell'ultimo dopoguerra. L'opera offre un agile ventaglio degli studi che, soprattutto nell'ultimo decennio, sono stati prodotti per illuminare le grandi lotte per la libertà e il lavoro che uomini e donne, di cui si rischia di perdere la memoria, hanno condotto tra il 1944 e i primi anni cinquanta del secolo appena scorso.
Giustamente i curatori dell'Antologia, nelle loro introduzioni, osservano che sono stati proprio i tanti contadini poveri ed analfabeti di quel tempo a gettare le basi della democrazia in Sicilia e nell' Italia intera. I contadini allora costituivano circa la metà della popolazione attiva nella nostra isola ed in gran parte del territorio nazionale. Eppure la maggior parte dei libri di storia di questi contadini, tutt'altro che rassegnati, non hanno mai parlato. Con questa opera – che spero entri in tutte le scuole - si ripara un torto, si riscatta la memoria delle lotte compiute da milioni di persone. Alcuni protagonisti di queste lotte hanno lasciato memorie che si ritrovano, in parte, nel libro di cui stiamo parlando. Ma la maggior parte di quanti hanno lottato a fianco di Pio La Torre, Concetta Mezzasalma, Michele Li Puma, Maria Domina, Ignazio Drago, Ina Ferlisi, Girolamo Scaturro, Antonietta Profita – solo per citare alcuni nomi – non hanno lasciato alcuna traccia di sè, pur avendo condiviso lotte, arresti e conquiste. Basti pensare che, soprattutto nel biennio 1948-1949, paesi interi si svuotarono per partecipare all'occupazione dei feudi e delle terre incolte.
Al movimento contadino di quegli anni diedero un contributo fondamentale le donne. E, come ha giustamente osservato Nicola Cipolla, le donne che hanno attivamente partecipato alle occupazioni delle terre possono essere considerate le antesignane di tutte quelle altre donne che trent'anni dopo hanno dato vita al movimento femminista. Nelle sue memorie Pio La Torre nota che le donne erano sempre alla testa dei cortei, con le bandiere e i loro canti. Alcune canzoni erano molto settarie: una diceva di voler mettere il bue e il prete a tirare l'aratro. D'altra parte, allora, erano numerosi i preti che si rifiutavano di battezzare i figli di coloro che occupavano feudi e terre incolte. Al padrone, poi, era riservato l' aratru a scocca; e a tirare quest'ultimo, al posto del mulo, doveva essere il primo.
Dobbiamo essere grati agli autori di un'opera che fornisce uno strumento agile per la conoscenza di una pagina della nostra isola che rischia di essere dimenticata.
FRANCESCO VIRGA
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