martedì 12 ottobre 2010

Umberto Santino, presidente del Centro Impastato, diffida l'Editore Einaudi e Roberto Saviano a rettificare il libro "La parola contro la camorra"

Umberto Santino
Gli avvocati Pietro Spalla e Antonina Palazzotto, per conto di Umberto Santino, presidente del Centro siciliano di documentazione “G. Impastato”, hanno diffidato l’editore Einaudi a rettificare quanto contenuto nelle pagine 6 e 7 del libro di Roberto Saviano La parola contro la camorra, a ritirare dal commercio l’edizione in corso di distribuzione e a rettificare le edizioni successive, ripristinando la verità storica. «In mancanza – scrivono i legali - saremo costretti ad agire in giudizio per la tutela delle ragioni tutte – anche risarcitorie – del nostro cliente, con conseguente aggravio a Vostro carico anche per spese legali, interessi e risarcimento danni come per legge». Ma cosa ha scritto di tanto grave Saviano da scatenare l’offensiva legale del presidente del Centro Impastato? Ha scritto, per esempio: “Quando Impastato fu ucciso, l’opinione pubblica venne inconsapevolmente condizionata dalle dichiarazioni che provenivano da Cosa Nostra. Che si fosse suicidato in una sottospecie di attentato kamikaze per far saltare in aria un binario. Questa era la versione ufficiale, data anche dalle forze dell’ordine. Poi dopo più di vent’anni, nasce un film, I cento passi, che non solo recupera la memoria di Giuseppe Impastato – ormai conservata solo dai pochi amici, dal fratello e dalla mamma – ma addirittura la rende a tutti, come un dono. Un dono alla stato di diritto e alla giustizia. Questa memoria recuperata arriva a far riaprire un processo che si chiuderà con la condanna di Tano Badalamenti, all’epoca detenuto negli Stati Uniti. Un film riapre un processo. Un film dà dignità storica a un ragazzo che invece era stato rubricato come una specie di matto suicida, un terrorista”. Ma scrivendo questo, sottolineano i legali di Santino, Roberto Saviano ignora la storia. «Dimentica l’autore (consapevolmente?) più di vent’anni di lavoro del dott. Umberto Santino e del Centro di ricerca da lui diretto: le lotte, le manifestazioni all’indomani dell’assassinio nonché quelle annuali (ma non solo) organizzate per gli anniversari dell’assassinio dal Centro Impastato e dai familiari, i lavori di ricostruzione del delitto e le pubblicazioni del Centro Impastato; senza considerare che l’autore ha ignorato il lavoro della Commissione Parlamentare Antimafia (stimolato peraltro dal predetto Centro di ricerca), il lavoro dei magistrati e degli avvocati dei familiari.

Roberto Saviano

Nessun film ha “riaperto” il processo. Senza il lavoro continuo e costante del Centro di ricerca diretto dal dott. Umberto Santino, con il prezioso e instancabile contributo quotidiano della dott.ssa Anna Puglisi, e dei familiari di Giuseppe Impastato, le indagini non si sarebbero riaperte». E Vito Palazzolo e Gaetano Badalamenti non sarebbero stati riconosciuti colpevoli dell’omicidio e condannati, il primo a 30 anni e il secondo all’ergastolo. «È palese, a questo punto, concludono i due legali, la violazione del principio della verità storica che grava su chi fa o assume di fare informazione e pubblica notizie. Senza considerare che un testo come quello in questione è destinato a circolare in numerosissime copie e a divulgare una falsa rappresentazione dei fatti. Non solo, ma il libro viola l’identità personale e l’immagine del Centro siciliano di documentazione “Giuseppe Impastato” quale soggetto che, sin dal 1977, è impegnato a lottare la mafia sul territorio e che ha avuto un ruolo essenziale nella ricostruzione dei fatti relativi all’omicidio dell’Impastato, tant’è che ne porta dal 1980 il nome!» (d.p.)



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