di SALVO PALAZZOLO
Gaetano Riina, 78 anni, è accusato di aver collaborato alla riorganizzazione delle famiglie di Cosa nostra. Risponde anche di estorsione: avrebbe architettato una serie di ricatti a imprenditori che operano nel settore degli appalti pubblici. I carabinieri hanno arrestato anche i due nuovi reggenti della famiglia di Corleone: Giuseppe Grizzaffi e Alessandro Correnti
I giovani mafiosi lo cercavano per un consiglio o per una raccomandazione. E lui non si tirava indietro, come fosse un vecchio padrino, anche se non ha mai avuto una condanna per mafia. Gaetano Riina, il settantottenne fratello minore del più noto Totò Riina, era ormai diventato un punto di riferimento per le nuove leve della mafia siciliana, che stanno cercando di riorganizzarsi dopo gli arresti e le condanne degli ultimi anni. Questo dicono le indagini dei carabinieri del Gruppo Monreale e del Ros, coordinate dal sostituto procuratore di Palermo Marzia Sabella e dall’aggiunto Ignazio De Francisci. Il cognome Riina conta ancora molto: Gaetano avrebbe ereditato dal fratello Totò, in carcere dal 1993, una rete di relazioni e di complicità. Per questa ragione, Gaetano Riina è stato arrestato con l’accusa di associazione mafiosa ed estorsione.
Per quasi due anni gli investigatori dell’Arma l’hanno tenuto sotto controllo, grazie a microspie e a intercettazioni telefoniche. Gaetano Riina abitava a Mazara del Vallo, nel Trapanese, ma si spostava spesso a Corleone. Nella sua città d’origine seguiva passo passo le attività dei due nuovi reggenti: Giuseppe Grizzaffi, 33 anni, figlio di una sorella dei Riina, e il cognato Alessandro Correnti, 39 anni. Anche loro sono finiti in manette questa mattina, con l’accusa di associazione mafiosa. Una quarta ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata notificata a Giovanni Durante, che risponde solo di concorso nell’estorsione contestata a Gaetano Riina, ai danni di un imprenditore del settore ortofrutticolo.
Le indagini
Ritratto di famiglia
Il 23 luglio 2008, il fratello di Riina indossò l’abito buono per partecipare alle nozze della figlia più piccola di Totò Riina, Lucia. Quel giorno, a Corleone, Gaetano Riina era sorridente più che mai. Accolse persino i giornalisti, scherzando: "E voi che ci fate qui?". Era ormai diventato il portavoce ufficiale della famiglia. Con tono più severo, nel '93, aveva organizzato un'improvvisata conferenza stampa al palazzo di giustizia di Palermo: "I giornalisti e i pentiti rovinano la gente - aveva detto - . Guardate cosa hanno fatto ad Andreotti: era un uomo di Stato, era l'Italia, era tutto e lo hanno ridotto ad un niente. Voi scrivete, scrivete e nemmeno lo sapete il danno che fate". Era tre mesi dopo l'arresto di Totò Riina. Gaetano Riina non è mai finito in carcere, ma già nei primi anni Ottanta un giudice attento e intelligente gli aveva confiscato un immobile a Mazara del Vallo. Quel giudice era Alberto Giacomelli, fu ucciso quando era ormai in pensione, il 14 settembre 1988: i boss non avevano dimenticato che tre anni prima aveva fatto un affronto al capo di Cosa nostra, indagando sul fratello. Dopo quell'inchiesta, Gaetano Riina è sempre vissuto nell'ombra. Ma la sua condotta apparentemente irreprensibile non gli ha evitato la sorveglianza speciale. Ufficialmente, era solo un agricoltore, ma si dava un gran da fare. Qualche anno fa, la procura regionale della Corte dei Conti scoprì che il fratello del capo dei capi era persino riuscito ad ottenere, dal 1997 al 2004, dei contributi comunitari in ambito agricolo, pur non avendo titolo per chiederli, in quanto sottoposto a misure di prevenzione. E lui fu costretto a restituire poco più di 25 mila euro.
Federalismo criminale
L'anno scorso, il nome di Gaetano Riina era emerso nell'ambito di un'indagine della Dia di Roma sugli affari di 'ndrangheta e camorra a Fondi, dove opera uno dei maggiori poli agroalimentari d'Europa. Le intercettazioni documentarono accordi imprenditoriali tra diverse consorterie criminali: in provincia di Latina c'erano i Tripodo di Reggio Calabria, i Mallardo di Giugliano, i casalesi, e soprattutto alcuni mafiosi trapanesi. "Dall'indagine emergeva un rapporto fiduciarono fra questi siciliani e Gaetano Riina", ha scritto Fabrizio Feo nel suo libro inchiesta (La mafia del camaleonte - Rubbettino editore) sull'ultimo grande latitante di Cosa nostra, il trapanese Matteo Messina Denaro. Nel libro viene raccontata la storia di quella indagine a Fondi, che alla luce degli arresti di oggi assume un importanza davvero particolare. Se lo chiedevano gli investigatori della Dia: "E' solo una coincidenza che Gaetano Riina si sia trasferito da tempo da Corleone a Mazara, nella provincia dove il successore di Riina e Provenzano ha il fulcro del suo potere?"
(La Repubblica, 01 luglio 2011)
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