giovedì 23 dicembre 2010

L'INTERVISTA: Parla Giuseppe Pisanu, presidente della Commissione Nazionale Antimafia

Giuseppe Pisanu
di Paolo Cucchiarelli
C’e’ un quadro politico in movimento, nonostante la fiducia al governo. Ci sono le condizioni per dire qualcosa di nuovo sulla stagione delle stragi visto che con le audizioni ultime l’Antimafia ha aperto un filone, quello dei 41 bis non rinnovati, che ha riservato molte sorprese?
L'accertamento dei fatti e delle responsabilità spetta alla magistratura che se ne sta occupando seriamente alla luce di nuove circostanze emerse negli ultimi due anni. Alla Commissione Antimafia, invece, spetta essenzialmente il compito di individuare una plausibile "verità politica" e cioè di capire come e perchè quelle tragedie si verificarono ed evitare così che possano ripetersi. E' ciò che stiamo facendo anche in ordine all'applicazione del 41 bis negli anni 1992 e '93.

Lei indica sempre nei capitali la strada principale per colpire la mafia. Quale bilancio trae da questo momento di crisi economica. La mafia ha trovato il modo di trarre profitto anche dalla debolezza dell’euro?
La crisi spalanca le porte alla penetrazione della mafia nell'economia legale. Con l'enorme liquidità di cui dispone essa aggredisce e conquista facilmente aziende in difficoltà e in molti casi già stremate col racket e l'usura. Ma queste sono pratiche ormai tradizionali. In realtà la mafia è molto più avanti ed investe con grande abilità dalla "green economy" alle nano-tecnologie e alla finanza pura.E' certo comunque che essa affonda le sue radici più vigorose e nutrienti nel terreno dell'economia. Se riusciremo a tagliare quelle radici vinciamo la partita.

Con la sua relazione dello scorso maggio lei mise sull’avviso che uno degli uomini citati da Massimo Ciancimino jr come "interno" alla trattativa mafia-stato, Lorenzo Narracci, era indagato per concorso in strage per Via D’Amelio. Sempre e solo "mele marce" o qualcosa di più complesso , frutto anche della debolezza politica di quegli anni a cavallo tra Prima e Seconda repubblica?
La strage, per definizione, è un messaggio politico che qualcuno invia a colui che sa ‘leggere’ quel messaggio. Cosa si voleva dire nel ’92-’93 con quelle bombe?Certamente quelle bombe furono lanciate contro lo Stato col deliberato proposito di indurlo ad abrogare l'isolamento carcerario dei mafiosi (il 41 bis), a chiudere alcune carceri speciali ed a sterilizzare la normativa sui collaboratori di giustizia: misure tutte queste che stavano letteralmente scardinando l'organizzazione criminale. Può darsi che allo stesso fine la mafia abbia cercato rapporti con esponenti o funzionari infedeli dello Stato e che si sia avvalsa di altre persone che rappresentavano comunque interessi occulti, illeciti, antidemocratici. Ma siamo ancora nel campo delle ipotesi ragionevoli.

Una delle poche volte in cui Totò Riina ha parlato di Via D’Amelio ha detto in sostanza “non lo abbiamo ucciso noi Borsellino, guardate nello Stato”. La presenza di tanti uomini dello Stato in questa partita fa ipotizzare, anche ai magistrati, che cordate parallele di potere abbiano “dettato” , imposto o comunque condotto o indotto i politici ad accettare, subire una qualche forma strisciante di trattativa. Se questo accadde effettivamente - e l'Antimafia indica riscontri non ipotetici- pensa che potrà mai emergere con la dovuta chiarezza?
Non credo che Totò Riina abbia parlato per amore di verità, ma solo per lanciare quella frase contro il suo principale nemico, lo Stato. E infatti si è subito rinchiuso nel suo cupo silenzio, lui che pur conoscendo tutto della strage di Via D'Amelio, non vuol dire niente altro.E del resto fu sempre lui a deliberare, oltre all'assassinio di Falcone, anche quello di Borsellino. Risulta inoltre che la data dell'esecuzione fu anticipata per ragioni ancora ignote, ma così importanti da far rinviare sine die alcuni omicidi politici già programmati.Forse la conoscenza di quelle ragioni potrebbe chiarire alcuni persistenti misteri sulle cosiddette trattative e sulle probabili convergenze di Via D'Amelio.

Un tema poco scandagliato è quello degli interessi internazionali che potrebbero aver offerto una cornice alle intimidazioni a suon di bombe. Si è detto e scritto degli Usa. Si è parlato di altre nazioni a noi piu’ vicine. Lei che ne pensa?
In quegli anni si parlò di paesi stranieri interessati alla destabilizzazione dell'Italia e dunque in qualche modo favorevoli al terrorismo mafioso che devastava il nostro patrimonio artistico e insanguinava le nostre strade da Palermo, a Roma e a Milano.Lo stesso capo della polizia di allora, il compianto Prefetto Parisi, attribuiva notevole importanza a voci di questo tenore provenienti da servizi segreti stranieri.A quanto mi risulta nessuna sede autorevole ha mai avuto dubbi sugli Stati Uniti, paese notoriamente amico e sempre impegnato con noi nella lotta alla criminalità transnazionale.

L’ex ministro Conso ha rivendicato a San Macuto di aver deciso in solitudine nel novembre del 1993 la revoca di 140 41 bis per evitare altre stragi di mafia. In effetti queste non ci furono più, tranne quella mancata di via dei Gladiatori, allo Stadio Olimpico, nel gennaio del 1994. L’Antimafia sta indagando per capire se questa decisione sia stata effettivamente “solitaria” oppure frutto di molteplici scelte, pressioni ed indicazioni. Tra revoche e mancati rinnovi in quei mesi vennero meno poco meno di 500 provvedimenti contro mafiosi in carcere. Non le sembra questa la prova che lo Stato trattò ma che ora questo non si può più raccontare perché molti furono i soggetti istituzionali che dissero- in maniera indiretta - di sì a far cadere il 41 bis per tanti mafiosi pensando anche di fare il bene dell'Italia?
Chi conosce il rigore morale e il senso dello Stato del professor Conso non può mettere in dubbio la sincerità delle dichiarazioni che egli ha reso alla Commissione antimafia. Nel merito ricordo che in quel periodo ci furono non solo mancate conferme ma anche rinnovi del 41 bis, sui quali stiamo facendo ulteriori controlli sulla base di nuovi documenti che ci ha fornito in questi giorni il Ministero della Giustizia.Per ora mi limito ad osservare che se ci fu la mancata conferma del 41 bis ai 140 mafiosi di calibro medio-basso detenuti all'Ucciardone, vi fu anche, due mesi dopo, la proroga di altri 325 provvedimenti tra i quali figurava tutto il "gotha" di Cosa Nostra: Gerlando Alberti, Bernardo Brusca, Pippo Calò, Stefano Fidanzati, Giacomo Gambino, Salvatore Greco, Luciano Liggio e Francesco Madonia, solo per fare alcuni nomi in ordine alfabetico.Come spiegare il senso pratico di una trattativa così spericolata tra mafia e Stato che alla fine avrebbe premiato i gregari e punito i grandi boss? Bisogna essere molto cauti quando si parla di trattativa.

Sempre Riina ha alluso al ruolo giocato da Paolo Bellini, informatore dei carabinieri, nella questione stragi. Fu lui a suggerire di colpire il patrimonio artistico. Riina si chiede perché l’Arma lo mandò a contattare la mafia proprio in quei mesi. Voi lo ascolterete?
Almeno per ora, la sua audizione non è prevista. Paolo Bellini, come è noto, sarebbe l'artefice di una seconda trattativa intessuta per conto di chissà chi con Gioè, Brusca e lo stesso Riina. E proprio lui avrebbe suggerito o ispirato l'attacco al patrimonio artistico, dicendo ai suoi interlocutori: "ucciso un giudice questi viene sostituito, ucciso un poliziotto avviene la stessa cosa, ma distrutta la Torre di Pisa, viene distrutta una cosa insostituibile con incalcolabili danni per lo Stato". Il ministro Conso durante la sua audizione ha risposto ad una domanda sulla presenza dei servizi segreti in questa vicenda con parole che nessuno finora ha chiarito: "Certi dubbi mi nacquero dopo, con il passare del tempo. Certe vicende, che sono poi esplose, molto oscure, e poi il segreto di Stato che blocca tutto. Questo è un altro discorso. All'epoca del mio mandato e con particolare riguardo a questo tema, devo dire di no’’.

A lei risulta il segreto di Stato su questa vicenda? Perché Conso lo ha evocato?
No, l'apposizione del segreto di Stato su queste vicende non mi risulta.Penso che il professor Conso, si sia riferito ad indagini e ricostruzioni successive che hanno proiettato l'ombra di pezzi deviati o di servitori infedeli dello Stato sulle scene dell'Addaura, di Capaci e di Via D'Amelio.
(ANSA) 23 dicembre 2010

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