lunedì 7 gennaio 2008

Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd al Senato: "Attenti, così si va al referendum..."

di Ninni Andriolo
«Attenzione, senza un accordo sulla legge elettorale il referendum diventa inevitabile...».

C’è qualcuno che vuole il referendum negando di volerlo presidente Finocchiaro?
«Le riforme, anche quella elettorale naturalmente, si fanno in Parlamento, perché è lì che si può trovare un punto di mediazione alto. Al Senato il lavoro è andato avanti intorno a un testo base: la bozza Bianco, perfettamente aderente alle decisioni assunte il 2 dicembre...»

Durante il “caminetto” convocato da Veltroni con Prodi, D’Alema, ecc?
«Appunto. Il testo di riforma che stiamo discutendo assume una proposta, su base proporzionale, ma con correzione bipolare. Che ha tre finalità: ridurre la frammentazione, assicurare la governabilità, ripristinare il rapporto tra eletti ed elettori. Punti di riferimento che costituivano il mandato del vertice del Pd e che è stato onorato, appunto, dalla proposta Bianco».

Proposta non condivisa da tutti, però...
«Quella bozza è sicuramente migliorabile. Ma l’obiettivo da raggiungere è mettere in sicurezza il Paese rispetto alla legge elettorale vigente che produce guasti tragici. Quelle norme mandano in crisi un cardine della democrazia: la possibilità di decidere. Il Pd si è assunto una responsabilità nazionale puntando alla riforma».

Rinunciando ad insistere sul sistema elettorale francese, almeno all’inizio....
«Partendo da una posizione dell’Ulivo, favorevole al maggioritario a doppio turno, abbiamo ritenuto, tuttavia, che le riforme elettorali vadano realizzate ricercando la più ampia convergenza possibile. Ed è tanto alta la nostra disponibilità che, qualora non fosse compresa nella proposta Bianco la questione per noi essenziale del voto unico o disgiunto, noi diremmo sì ugualmente a quel testo base. Riservandoci, naturalmente, di sostenere la nostra posizione con successivi emendamenti. La priorità è fare la riforma evitando qualsiasi ritardo che possa condurre inevitabilmente al referendum. Chiediamo a tutte le forze politiche di impegnarsi a fondo nella stessa direzione».

Lei esorta ad andare avanti sul testo Bianco, mentre Franceschini ripropone all’improvviso il sistema francese...
«Io credo che Franceschini, di fronte a una situazione politica oggettivamente difficile, abbia voluto ricordare qual è, a bocce ferme, la posizione del Pd. Detto questo, però, credo che in giro non ci sia Belfagor. Credo anche che a volte si temano i fantasmi e li si evochino pure...»
Fuor di metafora, presidente?
«Non esistono nella realtà, nelle intenzioni e nei comportamenti, due fantasmi che pure stanno agitando il dibattito politico, anche all’interno del Pd. Il primo è quello che dice “chi vuole il sistema tedesco vuole la grande coalizione...”».

E il secondo?
«È quello di pensare che Franceschini rilanci il sistema francese per andare al referendum e far cadere il governo. Ecco: dobbiamo avere la forza di scacciare immediatamente questi fantasmi dalla nostra discussione. Anche perché noi veniamo da una decisione assunta collegialmente».

Quella del 2 dicembre?
«Sì quella. Nel corso della riunione dei leader Pd si registrarono i distinguo di Parisi, di Bindi, ecc., ma si giunse alla decisione di andare ad una riforma elettorale in Parlamento sul modello del Vassallum. Si decise pure che se il Vassallum - come è accaduto - non avesse registrato la maggioranza, si sarebbe dovuto procedere comunque sulla strada di un sistema proporzionale corretto in senso bipolare. La bozza Bianco, lo ripeto, risponde a questo input politico».

I vertici Pd ripropongono il modello francese per sfiducia nella possibilità che si giunga a una riforma elettorale?
«Credo si tema che il modello tedesco, che alcuni propongono, possa prefigurare scenari che io per la verità non vedo».

È Veltroni che mette in parallelo sistema tedesco e grande coalizione...
«Non avremmo fatto il Pd se avessimo pensato alla grande coalizione. Il Pd è nato con presupposti opposti e sulla base di una logica bipolare».

Ma lei è convinta che alla fine una buona riforma si possa varare?
«Io credo che bisogna avere rispetto per il lavoro parlamentare, che è fatto di grande pazienza e di grande impegno. Certo, se alla fine questo impegno non dovesse corrispondere alle esigenze che riteniamo indispensabili per il Paese, dovremmo valutare con responsabilità il da farsi. Devo ricordare, però, che stiamo ragionando anche su una riforma costituzionale che prevede il rafforzamento dei poteri del premier, la sfiducia costruttiva, la riduzione del numero dei parlamentari e il superamento del bicameralismo perfetto».

Proposte diverse dal semipresidenzialismo alla francese che propone Franceschini...
«Il Parlamento sta lavorando anche su proposte istituzionali importanti e deve poterlo fare nel migliore dei modi».

Un autorevole esponente del Pd come Bettini sostiene che c’è chi lavora per distruggere Veltroni. La pensa anche lei così?
«Io vedo intorno solo gente che ha lavorato e lavora sapendo benissimo che Walter è il migliore investimento fatto negli ultimi anni della nostra vita politica».
Il Pd parla linguaggi diversi, non solo sulla riforma elettorale, non è certo un bell’inizio...
«Dentro il Pd agiscono posizioni diverse, un fatto assolutamente inevitabile nel momento in cui si avvia la convivenza di realtà fino a ieri separate. D’altra parte è perfino ovvio che il processo di crescita del Pd soffra delle condizioni politiche complessive dentro le quali ci stiamo muovendo. Basti guardare ai numeri della maggioranza al Senato o alla responsabilità che dobbiamo esercitare per tirare fuori il Paese dalle difficoltà economiche e sociali in cui si trova. C’è da dire, tra l’altro, che non abbiamo ancora cominciato a far funzionare gli organismi dirigenti del Pd. Siamo, come dire, in mezzo a quel guado in cui ogni piccola corrente rischia di creare problemi. Quanto più si moltiplicheranno le sedi della discussione e del confronto, tanto più riusciremo a superare rischi e difficoltà».
Questo dimostra che una leadership pure autorevole e legittimata dal forte consenso delle primarie da sola non basta...
«Non è tutto. L’investitura popolare, di massa, di Veltroni è per noi un capitale preziosissimo che nessun’altra forza politica può vantare in Europa, oltre che in Italia. Dall’altra parte, però, non abbiamo ancora una organizzazione del partito che assicuri la discussione e il confronto. Il Pd è un organismo che ha un capo saldissimo, ma non ha ancora i luoghi e gli strumenti per l’assunzione democratica delle decisioni. Dobbiamo superare in fretta questa fase di transizione. Abbiamo bisogno di tutta la nostra forza e di tutta la nostra coesione. In questa situazione c’è chi trova gustoso approfittarne per mettere a rischio non solo la legge elettorale, ma anche il governo e lo stesso Partito democratico».

Un tema che agita il Pd è anche quello della 194 che regola l’aborto...
«Veltroni ha detto chiaramente come la pensa e sono molto soddisfatta delle sue affermazioni. La 194 non va modificata, non solo per le ragioni serissime avanzate da Rosy Bindi su Repubblica. Inviterei a riflettere sul fatto che se le donne italiane nel corso di questi 30 anni hanno iniziato a capire cosa sono i consultori familiari, la contraccezione, la prevenzione, ecc, oggi noi non possiamo rischiare di consegnare le immigrate ai tavoli delle mammane delle loro comunità. E ancora, non mi risulta che ci sia una deriva eugenetica nell’applicazione della legge sull’aborto e sarebbe molto interessante verificare quale attività di prevenzione può farsi nei confronti delle fasce adolescenziali e delle giovani italiane. Qual è il dato anagrafico delle persone che chiedono l’interruzione di gravidanza? E quanto le politiche di prevenzione dell’aborto e di assecondamento del desiderio di maternità possono aiutare la 194 a svolgere la propria corretta funzione e ad evitare di essere strumento di limitazione delle nascite o di controllo eugenetico?»

Veltroni riconferma che il Pd sarà un partito laico...
«Potrà esserlo perché potrà anche avvalersi del contributo del cattolicesimo democratico. Vorrei ribadire, tra l’altro, che i temi etici, che riguardano la vita di milioni di donne e di uomini di questo Paese, non possono essere sottratti ai principi della razionalità democratica che governa le istituzioni e che applichiamo per l’adozione di tutte le decisioni parlamentari, senza sottrazione alcuna. E che prevede la discussione parlamentare, la formazione di una maggioranza, il voto, la decisione».

Lei è la presidente dei senatori Pd. A Palazzo Madama la maggioranza non c’è più dopo i messaggi di fine anno di Lamberto Dini?
«In questo anno e mezzo si è detto più volte che la maggioranza non ci sarebbe stata più, ma chi lo sosteneva è stato sempre, puntualmente, smentito. Francamente non capisco che utilità avrebbe il senatore Dini a far cadere il governo. Non penso che il suo annuncio corrisponda a una decisione già deliberata. Il Presidente del Consiglio, d’altra parte, è stato il primo a dire che l’intento del governo non è tirare a campare, mettendo sul piatto la soluzione di un problema decisivo per le condizioni di vita degli italiani».
La riduzione delle tasse che incidono sui salari?
«Prendere di petto il tema del potere d’acquisto dei salari, significa che il governo non intende affatto galleggiare. L’ormai prossima verifica di maggioranza non sarà fatta in astratto, ma su un impegno programmatico concreto. Non sarà un rito da Prima Repubblica e per questo tutti devono essere chiamati a dare il loro contributo».
L'Unità, 07.01.08

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