mercoledì 2 giugno 2010

Un piccolo giallo nel Risorgimento a Prizzi

Prizzi entra nella storia del risorgimento per un piccolo giallo. Giuseppe Cesare Abba nel suo libro: “Da Quarto a Volturno” che è una specie di diario della spedizione dei mille racconta: “ Villafrati, 26 giugno 186O. Ho visto partire in gran fretta il battaglione Bassini. A Prizzi, che deve essere un villaggio poco lontano, vi è gente che si è messa a far sangue e roba, come se, non vi fosse nessuno a comandare. Se a Prizzi gli occorrerà di dover parlare di legge, ha nel battaglione i dottori a dozzine; se vorrà fare una arringa, i letterati gli stanno attorno; ma egli, breve e tagliente, parlerà con la spada. Chi laggiù ha le mani lorde badi ai fatti suoi.”
Chi era questo colonnello Bassini che doveva riportare l’ordine a Prizzi? Angelo Bassini era nato a Pavia il 29 Luglio 1815 e morì sempre a Pavia il 3 gennaio 1889. Dopo aver disertato dall’esercito austriaco, prese parte alla prima guerra di indipendenza nel 1848 e alla difesa di Roma l’anno successivo. Nel 1859 fu con Garibaldi nella seconda guerra di indipendenza. Nel 186O gli fu assegnata l’ottava compagnia; tale compagnia, aveva una caratteristica particolare: era formata quasi esclusivamente di bergamaschi, molti dei quali erano laureati in medicina e in legge.
Garibaldi stesso definì questa compagnia, la compagnia di ferro. Nella battaglia di Calatafimi, si comportò eroicamente subendo ben 7 morti e 21 feriti ( nel complesso in tale battaglia, i garibaldini ebbero 25 morti e 99 feriti gravi, 8 dei quali morirono in seguito). Cesare Abba descrive così il Bassini: “ questo brontolone, gaio, senza cingilli, di corteccia grossa, ha un cuore che parla dalla faccia burbera e bonaria…avrà forse un mezzo secolo ormai, eppure è più giovane di noi…i suoi ufficiali, tutti signori di lombardia , gli stanno sotto come un padre. In un altro libro “ La Storia dei Mille”, sempre Cesare Abba, parlando del Bassini, lo continua a descrivere come una persona che sapeva poco, discorreva poco, ostinato nell’idea che si piantava nel corpo. Era però coraggioso e generoso e i suoi uomini lo rispettavano. Sempre Cesare Abba, ritorna nel suo “Diario” a parlare di Prizzi, precisamente, a Roccapalumba nel 1860 in questo modo: “Bassini ci ha raggiunto, mortificato lui, gli ufficiali e i soldati. Furono accolti a Prizzi come principi: luminarie, cene, balli e belle donne che gridavano ancora da lungi: benedetti! beddi!
Perché si era sparsa la voce che a Prizzi stavano succedendo “cose di sangue e roba”? Probabilmente, i possidenti e i nobili locali, vedendo le autorità borboniche abbandonare il paese e, temendo per le loro vite e le loro proprietà, chiesero l’intervento dei garibaldini. Certamente, esagerarono non poco, nella speranza che la loro richiesta di aiuto fosse esaudita prontamente, e infatti, ottennero il risultato che volevano. I garibaldini del colonnello Bassini accorsero prontamente, ma, trovarono una situazione diversa da quella che si aspettavano, infatti, due giorni dopo, si unirono al grosso delle truppe a Roccapalumba mortificati. Che Bassini, non fosse un tenero, lo dimostra il fatto che qualche giorno dopo, precisamente il 3 luglio, il Bassini fu inviato a Resuttano, dove questa volta, non trovarono ad accoglierlo “cene, balli e belle donne”, ma, colpi di fucile e una folla inferocita, sobillata dai latifondisti e dai nostalgici borbonici. Questa volta la repressione fu dura, sembra infatti che vi furono 11 morti da parte dei manifestanti. Tornando a Prizzi, lo spirito del Risorgimento, fu accolto dai prizzesi con grande entusiasmo e con grande speranza, ma tali speranze, ben presto, si trasformarono in profonda delusione, infatti, il 17 settembre 1866, Prizzi si rivoltò contro i piemontesi, ma questa è un’altra storia, che rientra, nelle speranze tradite del Risorgimento, che è alla base della “questione meridionale”.
Prof.ssa Rosa Faragi
NELLA FOTO:
il colonnello Angelo Bassini

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