lunedì 31 marzo 2008

Trapani, intimidazione a un cronista

La denuncia arriva dall'Ordine dei giornalisti siciliani: Aldo Virzì, che aveva denunciato commistioni tra politica e informazione, ha subito danni alla propria autovettura parcheggiata sotto casa
TRAPANI - All'assemblea annuale dell'Ordine dei giornalisti siciliani, che si è svolta sabato a Trapani, Aldo Virzì, giornalista pubblicista, aveva denunciato le "commistioni tra politica e informazione", nella notte gli hanno tagliato le 4 gomme dell'auto Audi 80, parcheggiata sotto casa.L'episodio è stato denunciato alla polizia dallo stesso Virzì. "Vorrei tanto che fosse una ragazzata, ma temo che non lo sia". Dice lo stesso Aldo Virzì che ha denunciato l'accaduto. Il giornalista pubblicista, dirigente al Comune di Trapani e collaboratore di numerose testate, da tempo denuncia, soprattutto sul mensile locale 'Extra', "una sorta di acquiescenza di parte dell'informazione trapanese al potere politico e non solo"."Sabato, nel mio intervento all'assemblea dell'Ordine - ricorda lo stesso Virzì - sono tornato a criticare il sistema dell'informazione, senza fare specifiche accuse e sapendo che a Trapani ci sono alcuni colleghi di valore".Il presidente dell'Ordine, Franco Nicastro, oltre ad esprimere solidarietà al collega, ha annunciato "un'iniziativa forte, insieme all'Assostampa", guidata a Trapani da Mariza D'Anna, che ha manifestato a Virzì la solidarietà del sindacato."Su questa vicenda - aggiunge Nicastro - andremo fino in fondo. Le continue intimidazioni ai colleghi sono intollerabili. Virzì, poche ore prima che tagliassero le gomme della sua auto, aveva parlato del clima ostile che si respira a Trapani nei confronti dei giornalisti liberi".Anche l'Unci-Unione nazionale cronisti italiani esprime "solidarietà" al collega: "Chi tenta di fermare la libera informazione con avvertimenti di stampo mafioso - ha dichiarato il presidente dell'Unci Sicilia, Leone Zingales - ha sbagliato strada. Condanniamo l'episodio e chiediamo a magistratura e forze dell'ordine di fare luce sull'episodio"Solidarietà anche da parte del vice presidente della Commissione nazionale antimafia, Beppe Lumia: "Ancora una volta un giornalista subisce un atto intimidatorio. È la conferma del ruolo fondamentale che un informazione libera, rigorosa, autorevole, senza padroni e padrini può svolgere nell'azione di contrasto delle organizzazioni criminali e del malaffare. Ad Aldo Virzì esprimo la mia piena solidarietà e l'incoraggiamento a continuare nella sua importante opera di denuncia, anche dei silenzi di chi invece dovrebbe parlare".
31/03/2008

Al Sud l'83% dei beni confiscati

Secondo i dati dell'agenzia del demanio il 46% sarebbe solo in Sicilia, il resto in Campania, Calabria e Puglia
PALERMO - "L'83% dei beni confiscati si trova nelle quattro regioni meridionali, con una netta prevalenza della Sicilia (46%), mentre Campania e Calabria si attestano intorno al 15% e la Puglia al 7%". Lo rende noto l'agenzia del demanio, responsabile della gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata dal momento della confisca definitiva del bene fino alla sua destinazione."Il restante 17% dei beni - prosegue - è concentrato prevalentemente in Lombardia e nel Lazio". Nel corso del 2007 l'agenzia del demanio ha avviato un nuovo modello di gestione e destinazione dei beni confiscati basato sui Progetti Territoriali che prevedono la consegna di "pacchetti omogenei di beni" agli enti locali e il loro riutilizzo sociale, attraverso la firma di protocolli d'intesa."Il progetto territoriale consente - secondo l'Agenzia del demanio - di superare le criticità legate alle lunghe procedure di istruttoria e di tutela che caratterizzano la destinazione dei beni".I protocolli hanno poi l'obiettivo "di rinforzare la collaborazione e il coordinamento tra i soggetti firmatari, in modo tale da superare le difficoltà operative e le criticità che questi beni presentano (gravami ipotecari, occupazione abusiva, identificazione degli esatti estremi identificativi catastali, ecc.) e consentire una più rapida ed efficiente consegna dei beni alla collettività".Nel 2007 sono stati avviati 4 Progetti Territoriali che hanno portato alla firma di altrettanti Protocolli d'Intesa con i Comuni di Roma (2 febbraio 2007 - 57 unità immobiliari), Reggio Calabria (19 febbraio 2007 - 48 unità immobiliari), Palermo (5 settembre 2007 - 258 unità immobiliari) e Bari (26 settembre - 56 unità immobiliari).La Finanziaria 2007 ha, inoltre, ampliato la platea dei destinatari dei beni confiscati. Oltre ai Comuni, potranno acquisire e gestire immobili confiscati alla criminalità organizzata anche le Province, le Regioni, le Università Statali, le Agenzie Fiscali, le Amministrazioni dello Stato e le Istituzioni culturali con rilevante interesse nazionale.Nel corso del 2007 l'Agenzia del Demanio ha destinato 684 immobili confiscati. Il 2007 ha fatto registrare, per la prima volta, un'inversione di tendenza: il numero dei beni destinati ha superato il numero dei beni in gestione all'Agenzia del demanio.
31/03/2008

domenica 30 marzo 2008

Corleone 10 marzo 2008. Una giornata particolare

Corleone, lunedì 10 marzo 2008 – Una giornata particolare – Una partecipazione personale e diretta, in rappresentanza di tutta la CGIL fiorentina, alla commemorazione del 60° anniversario dell’omicidio di Placido Rizzotto. Un sindacalista ucciso per ciò che rappresentava in Sicilia e nel movimento contadino del secondo dopoguerra. Le parole dei componimenti dei bambini delle scuole elementari, bellissime nel dialetto locale, hanno avviato la giornata della memoria proseguita poi nella tavola rotonda con i ragazzi del Liceo di Corleone.

Riattualizzare la figura di Placido Rizzotto mi è stato, oltre che gradito, particolarmente facile per l’impegno solidale che la Camera del Lavoro di Firenze ha messo nel sostenere le cooperative agricole che operano da tempo sui terreni confiscati alla mafia. Un modo concreto per agire e lavorare nella legalità, sconfiggendo quella disattenzione che alberga troppo spesso nel senso comune. Disattenzione che poi culmina con l’indifferenza e condanna una terra, così bella e ricca, alla politica clientelare piuttosto che conquistarla alla buona politica capace di progettare e indicare alle giovani generazioni un futuro per cui vale la pena impegnarsi.
Questo percorso di collaborazione della CGIL con tanti altri soggetti va rafforzato ed esteso, con la partecipazione di chi vive in Sicilia e che desidera un riscatto vero di quella terra. Ritengo importante perciò proseguire sul percorso avviato da tanti giovani che, in questi ultimi anni, dalla Toscana sono andati a “sporcarsi le mani” nelle cooperative di Corleone per dare appunto alla speranza di cambiamento un segno concretamente tangibile.
Mauro Fuso
Segretario Generale CGIL Firenze


Carissimo Dino, desidero ringraziarti per l'ospitalità e per avermi dato l'opportunità di vivere un'esperienza particolarmente significativa sia dal punto di vista umano che da quello politico sindacale. Il sogno di Rizzotto e di molti compagni che hanno dato la vita è stato realizzato grazie al tuo impegno, a quello di Maurizio e di tutti i compagni che lavorano nelle cooperative. I ragazzi che col loro impegno quotidiano danno una dimostrazione e rappresentano un esempio di come si organizza la democrazia in un epoca che invece purtroppo vede avvicinarsi alla politica con altri scopi, vanno sostenuti ed aiutati in tutti i modi.
Il mio impegno sarà quello di trasmettere questa esperienza eccezionale a tanti altri compagni delle forze politiche, delle istituzioni e delle organizzazioni sindacali, per fare in modo che questo progetto possa rafforzarsi, non permettendo a nessuno di spegnere il sogno di Placido, che oggi è diventato quello dei ragazzi delle cooperative.

M'impegnerò per fare in modo che questo interesse non sia esclusivamente della Cgil toscana ma lo diventi anche per le categorie più sensibili, mi viene in mente la Fiom, ma anche la Cgil nazionale.

Un abbraccio affettuoso e grazie di nuovo per tutto, ma principalmente per il vostro coraggio che ha rafforzato in me la volontà di non abbassare la testa.

Paolo Gozzani
Segretario Cgil Massa-Carrara

FOTO. Da sx, Mauro Fuso e Paolo Gozzani alla cerimonia per ricordare Rizzotto in piazza Garibaldi.

sabato 29 marzo 2008

IN MEMORIA DELLE VITTIME DELLA MAFIA

I video-testimonianza dei familiari delle vittime di mafia

PARTE PRIMA

PARTE SECONDA

PARTE TERZA

PARTE QUARTA

PARTE QUINTA

PARTE SESTA

Dieci anni per il maresciallo dei carabinieri Antonio Borzacchelli

Processo talpe Dda, a Palermo arriva la condanna per il maresciallo dei carabinieri accusato di concussione e violazione di segreto d'ufficio

PALERMO - I giudici della seconda sezione del tribunale di Palermo hanno condannato a dieci anni di carcere il maresciallo dei carabinieri Antonio Borzacchelli, ex deputato regionale dell'Udc, accusato di concussione, tentativo di concussione e violazione di segreto d'ufficio nell'ambito del processo nato dall'inchiesta sulle talpe alla Dda di Palermo.

I pm Maurizio De Lucia e Nino Di Matteo avevano chiesto la condanna dell'imputato a 13 anni di reclusione. Il 18 gennaio scorso era arrivata la condanna per il presidente della Regione siciliana, Salvatore Cuffaro, dichiarato colpevole per favoreggiamento semplice e rivelazione di segreto d'ufficio e condannato a 5 anni di reclusione.

Borzacchelli è stato assolto soltanto da uno dei capi di imputazione quello relativo alla tentata concussione e condannato per tutti gli altri reati riuniti sotto il vincolo della continuazione. I giudici hanno condannato il maresciallo anche all'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Secondo gli inquirenti, l'imputato, abusando della sua funzione e della carica di deputato dell'Ars, avrebbe indotto il manager della sanità privata palermitana, Michele Aiello, condannato nell'ambito della stessa indagine a 14 anni di carcere per associazione mafiosa, a dargli del denaro e avrebbe cercato di farsi intestare quote della società di diagnostica di cui l'imprenditore era titolare. Aiello si è costituito parte civile nel processo al sottufficiale dell'Arma. Borzacchelli è stato condannato a versargli 25mila euro a titolo di risarcimento del danno.

L'imputato, inoltre, avrebbe informato il manager delle dichiarazioni fatte sul suo conto, agli investigatori, dal pentito Salvatore Barbagallo e avrebbe comunicato al presidente della Regione Salvatore Cuffaro notizie riservate su indagini, condotte dal maresciallo del Ros dei carabinieri Giorgio Riolo, riguardanti il capomafia palermitano Giuseppe Guttadauro.

Il processo, come hanno sottolineato i pm Maurizio De Lucia e Nino Di Matteo durante la requisitoria, "ha fatto emergere le gravi responsabilità del carabiniere". I pm hanno però evidenziato che, allo stesso tempo, "sono stati altri militari dell'Arma, quelli del Nucleo operativo del colonnello Gianmarco Sottili, che con grande professionalità, incisività, efficacia e onestà intellettuale, senza guardare in faccia a nessuno, hanno squarciato il velo che copriva una verità così scomoda".
28/03/2008

giovedì 27 marzo 2008

Polpettone e cassata, Walter a pranzo dal giardiniere nisseno

CALTANISSETTA - Antipasto di verdure, pasta alla Norma, polpettone e cassata siciliana. È il menù offerto oggi a Walter Veltroni da una famiglia di Caltanissetta. Ad accogliere in casa il leader del Pd è stato Calogero Palermo, giardiniere, assieme alla moglie Ivana Manzio, lavoratrice part-time, e i due figli Martina e Umberto di 3 e 5 anni."Abbiamo parlato del loro lavoro e della loro vita - ha detto Veltroni dopo il pranzo - ma anche delle potenzialità che ha questa terra, che però è imbrigliata e soffocata; per questo bisogna evitare le scorciatoie dalle quali persone come loro non vogliono passare. Questa è una città molto particolare - ha aggiunto - in cui c'è un'attenzione verso la legalità e una esperienza amministrativa positiva".Fuori dall'abitazione Veltroni è stato accolto da Filippa Scaletta, sorella di Ezio, un giovane di 35 anni affetto da distrofia e costretto a vivere attaccato a un respiratore. "Mio fratello è pazzo di Walter Veltroni - ha detto la donna - quando ha saputo che veniva a Caltanissetta mi ha chiesto di venire qui per portargli i suoi saluti". Veltroni ha poi parlato al telefono con il giovane malato.
26/03/2008

Enna, Walter Veltroni presenta il decalogo antimafia del Partito Democratico

ENNA - Dieci punti per contrastare le mafie, dall'approvazione del testo unico antimafia all'agenzia unica dei beni confiscati, dal monitoraggio degli appalti all'allontanamento di tutti i rappresentanti pubblici con condanne per associazione a delinquere o favoreggiamento. È il decalogo che il leader del Pd Walter Veltroni ha presentato questo pomeriggio a Enna durante il suo tour elettorale ad Enna.Il decalogo è un pacchetto di iniziative per potenziare gli strumenti legislativi e di controllo con l'istituzione, tra l'altro dell'anagrafe dei conti e dei depositi bancari e dell'albo degli intermediari finanziari e dell'attivazione della legge Mancino.Per liberare l'economia del Sud dalla morsa mafiosa il Pd prevede il monitoraggio degli appalti e la riduzione delle stazioni appaltanti e la promozione di un tutor per le imprese. Pugno duro anche a livello di polizia con l'integrazione delle polizie nazionali e locali, la realizzazione di un sistema di sicurezza integrata, l'aumento delle dotazioni strumentali nonchè la riapertura dei concorsi pubblici.Come già annunciato ieri da Veltroni, è necessaria la piena efficienza dell'articolo 41 Bis e della certezza della pena così come vanno potenziate le forze delle direzioni distrettuali antimafia e aumentati gli organici dei magistrati.Il Pd si impegna inoltre alla costituzione di uno spazio giuridico antimafia europeo ma è soprattutto in politica che ritiene necessario "spezzare definitivamente il legame tra mafia e politica" con il monitoraggio dei Comuni già sciolti per mafia e di quelli che sono in fase di commissariamento.Sulla scia del codice etico del Pd, il decalogo prevede l'allontanamento di tutti gli esponenti pubblici con condanne per associazione a delinquere o favoreggiamento e si impegna ad una lotta contro i clientelismi, per la promozione del merito nello studio e nel contrasto al lavoro nero.Il nono punto prevede una maggiore repressione dell'abuso edilizio nelle aree soggette a vincoli di tutela e il controllo del sistema di gestione dei rifiuti. Ma siccome la lotta alle mafie passa anche attraverso l'educazione il Pd si impegna a mobilitazioni pubbliche e a promuovere una giornata nazionale della memoria per le vittime di mafia.


26/03/2008

mercoledì 26 marzo 2008

Legacoop: "Impresa, legalità, sviluppo"

Mercoledì 2 aprile, a Corleone, riunione congiunta della Presidenza Nazionale di Legacoop e della Direzione di Legacoop Sicilia nel casolare confiscato a Riina, che adesso è stato ristrutturato ed affidato alla coop "Pio La Torre" per realizzarci un agriturismo.

Roma, 26 marzo 2008 - Legacoop è impegnata, da diversi anni, in un’attività di promozione di nuove imprese cooperative per contribuire alla crescita economica del Mezzogiorno e alla creazione di opportunità di lavoro dignitoso per i giovani, nella convinzione che questo sia il modo migliore per contrastare l’illegalità ed il ricatto della criminalità organizzata che ostacolano lo sviluppo di un’intera area del Paese.

A conferma dell’impegno dell’organizzazione, la Presidenza Nazionale di Legacoop e la Direzione di Legacoop Sicilia si riuniranno congiuntamente per discutere sul tema “Insieme: legalità e sviluppo”.
L’incontro si terrà mercoledì 2 aprile, con inizio alle ore 10.30, a Corleone, in contrada Gorgo del Drago, (provenendo da Palermo, al km. 25 della strada statale 118) dove sono in corso i lavori di ristrutturazione dell’immobile confiscato a Totò Riina, che sarà assegnato nei prossimi giorni alla cooperativa “Pio La Torre” e dove verrà realizzato un agriturismo che sarà gestito dalla cooperativa.
L’iniziativa sarà l’occasione per lanciare una proposta di collaborazione alle altre organizzazioni imprenditoriali e per presentare un quadro delle iniziative realizzate dalle cooperative aderenti a Legacoop in Sicilia.
Il programma dei lavori, prevede l’introduzione di Elio Sanfilippo, Presidente Legacoop Sicilia, quindi a seguire alle 10.45 la relazione di Giuliano Poletti, Presidente Legacoop Nazionale. Il dibattito verrà aperto alle 11.30, mentre le conclusioni sono previste per le 13.30.

domenica 23 marzo 2008

LA MEMORIA È IMPEGNO

LA MEMORIA È IMPEGNO
NOMI E VOLTI DA NON DIMENTICARE

a cura di LIBERA

All'indomani dei 100mila di Bari. Lotta alle mafie e Pasqua: la pietra sarà ribaltata

di Luigi CIOTTI

Eravamo oltre 100mila, sabato 15 marzo a Bari. Arrivati da tutta Italia e da molti paesi d’Europa. Impossibile non rilevare, nel flusso multicolore di associazioni, gruppi, delegazioni, scuole, l’altissima percentuale di giovani. Con la loro energica freschezza e la loro serietà, il loro desiderio di cercare e la loro volontà di capire.
Eravamo in più di 100mila a stringerci attorno a centinaia di famigliari delle vittime delle mafie. Sono stati loro i protagonisti e l’anima di questa giornata. Li abbiamo accolti, ascoltati, accompagnati. Abbiamo sentito sulla nostra pelle le parole di un dolore ancora vivo, a volte gridato, altre sommesso, altre ancora sopraffatto da un’emozione che riemergeva incontenibile. Percorrendo quel lungomare abbiamo scandito in interminabile corteo i nomi dei loro cari. Quei nomi – come pietre miliari di un cammino – continueremo a scandirli anche il 21 marzo: come da tredici anni a questa parte. Il 21 marzo: primo giorno di primavera, segno di vita che si rinnova.
Sono più di settecento le vittime innocenti uccise dalle mafie. Pronunciare insieme quei nomi, custodirli come un seme prezioso da accudire e alimentare ogni giorno, è il senso della 'Giornata della memoria e dell’impegno', ma anche il possibile nesso – per chi abbia certi riferimenti spirituali o ne sia alla ricerca – tra la lotta alle mafie e la Pasqua, tra i racconti evangelici della Passione e il desiderio di costruire giustizia su questa terra. Le mafie ci vogliono far credere che il cerchio del sopruso e della morte si stringa attorno a noi implacabilmente. Ci vogliono convincere che l’unica legge sia quella del più forte, che tra uomini non possa darsi fratellanza, prossimità, giustizia. E che di fronte alla violenza – violenza delle armi, ma anche della corruzione, della menzogna, dell’indifferenza – altra scelta non abbiamo che quella di farci i fatti propri, non impicciarci, badare ai nostri interessi. Tacendo quando dovremmo parlare, tirando dritto quando ci dovremmo fermare, guardando altrove quando dovremmo aprire gli occhi e guardare fisso in quelli di chi è piegato, affaticato, privato della libertà, bloccato dalla paura o svuotato dalla rassegnazione.
La buona notizia del Vangelo rompe però questo circolo vizioso, smonta questo schema all’apparenza ineluttabile. Il primo giorno dopo il sabato, quando è ancora buio e quando morte e violenza sembrano ormai vincere, qualcosa si muove. C’è qualcuno che – più di altri – non si rassegna e che continua a cercare. A sperare nel cambiamento. Ed è a questo punto che chi cerca scorge la pietra sopra il sepolcro ribaltata. Vita e giustizia hanno vinto; luce e speranza hanno fugato buio e violenza. Gesù di Nazareth è stato risuscitato. È vivo. Per continuare a proporre la libertà del «vincere il male con il bene»; del resistere all’ingiustizia con quel semplice, ma incisivo e sempre attuale «fame e sete di giustizia».
100mila vivi che camminano e 700 nomi (volti, storie e vite spezzate) ri-proposte alla meditazione, al ricordo, alla prova della solidarietà e, per chi ha riferimenti di fede, alla preghiera per fare in modo che la via crucis che ci prepara alla Pasqua non si fermi al Venerdì Santo. La pietra è stata ribaltata. Il buio è finalmente vinto dalla luce. Ora l’impegno è nuovamente possibile e ogni rassegnazione, silenzio o complicità con il male devono essere definite per quello che sono: negazione di cambiamento, omissione e privazione di libertà. L’impegno per la giustizia è nuovamente possibile. A partire dal nostro quotidiano. Per tutti. Per ciascuno. Finalmente certi del fatto che 'lotta e preghiera' sono la sola modalità per resistere alla tentazione della violenza e ritrovare le ragioni della verità che ci rende liberi. Anche dalle mafie.
Ma a una speranza che si regge sull’impegno. Anzi: che scaturisce dall’impegno. Come può del resto condurci lontano una speranza non alimentata da gesti quotidiani? Una speranza non sorretta da una responsabilità senza scadenze, non orientata da un realismo che sappia evitare sia le lusinghe dell’illusione, sia la trappola della delusione? Ecco allora il senso dell’espressione 'memoria e impegno', dove la 'e' congiunge, ma anche identifica: memoria è impegno.
Ecco il senso di un ricordare che non è solo un inchinarsi metaforicamente di fronte a testimonianze di generosità, di coraggio e integrità civile, ma un piegarsi concretamente per raccogliere il testimone di chi ha agito per fame e sete di giustizia, avendo riconosciuto in quella fame e sete il fondamento di una vita capace d’impegno e di amore. Senso di una Pasqua che è Passione e Resurrezione di Cristo, ma insieme rinnovamento profondo delle coscienze nel segno dell’impegno e della ricerca di verità.

AVVENIRE, 21 marzo 2008

Corleone. Il Diario di laura, veterana dei campi di lavoro

Quello che pubblichiamo è il diario pubblico di Laura, una ragazza toscana "veterana" dei campi di lavoro a Corleone, che per una settimana è tornata nel nostro paese, con l'obiettivo di dare il via ai campi di lavoro del 2008. Dalle sue parole traspare la forte tensione civile, l'affetto verso i ragazzi della coop sociale "Lavoro e non solo", verso la Cgil, verso il circolo Arci. Un affetto ricambiato da tutti noi, impegnati nella costruzione del PONTE della SOLIDARIETA' tra la Sicilia e la Toscana. Ma leggiamo il diario… (d.p.)

Il giorno della partenza è arrivato! Il viaggio è andato benissimo e finalmente sono sull’autobus che da Palermo mi porterà a Corleone. Inizio adesso a percepire la differenza che c’è fra essere qui in agosto e in marzo: il bus si riempie di ragazzi appena usciti da scuola e ci vuole quasi mezz’ora per uscire dalla città. Ma la strada è familiare: la statale 121 per Agrigento che mi allontana dal mare, il bivio per Bagheria, l’incrocio con la statale 118 per Marineo, il bivio per Piana degli Albanesi e Portella della Ginestra, quello per Ficuzza. E dopo Ficuzza lo so, una manciata di chilometri e ci siamo! Intorno il paesaggio è completamente diverso da quello a cui sono abituata: l’entroterra non è secco e arido come nei roventi agosto che conosco ma è tutto meravigliosamente verde e in fiore. Una curva ed eccola Corleone, arroccata sulle rocce. Riconosco i capannoni sulla destra, le strade, le insegne, ed è strano, stranissimo essere qui. In un secondo sono sulla via principale, in un attimo mi trovo in Piazza Falcone e Borsellino, la piazza principale del paese, quella grande, dove devo scendere. Mi catapulto giù, afferro valigia e zaino, mi attacco al telefono. La maggior parte dei ragazzi della cooperativa questo fine settimana è a Bari per la manifestazione antimafia organizzata da Libera, la persona che devo chiamare è Franco.
“Franco sono arrivata!”
“E dove stai?”

“In piazza, di fronte alla Villa”
“E pure io ci sto! Sono a
l bar…vieni avanti che qui sono!”

Ed eccolo Franco che mi sorride e mi viene incontro! Pranziamo con la sua splendida famiglia e dopo pranzo ci mettiamo subito al lavoro: c’è da fare l’inventario! E così Franco, il piccolo Antonio ed io siamo andati alla ex casa di Provenzano, oggi struttura affidata alla Cooperativa Lavoro e Non Solo, a verificare le scorte rimaste in vista dell’arrivo dei giovani volontari. Iniziamo a contare e a segnare i pacchi di pasta, riso, spezie e detersivi rimasti dai campi di lavoro precedente: servirà agli amici dell’ARCI per l’organizzazione dei campi futuri. Finito il lavoro di inventario Franco mi porta a vedere la nuova struttura affidata alla Cooperativa: la casa che fu della famiglia Riina. Avevo visto le foto ma non rendevano abbastanza: è grandissima! Disposta su quattro livelli (comprese le cantine) la casa ha tantissime stanze di cui una molto grande che verrà utilizzata per incontri e riunioni. Franco mi spiega che fra poco inizieranno i lavori per rendere la casa una struttura ricettiva adatta ad ospitare i giovani volontari dei campi di lavoro. Mentre parla leggo nelle sue parole la soddisfazione per questa conquista, un segno concreto del lavoro e dei sacrifici di tanti anni…
Finito il “sopraluogo” per il resto della giornata mi fa sentire una turista: visitiamo la chiesa che domina il paese, aspettiamo la processione tipica del giovedì della settimana Santa. La serata si conclude con una cena in famiglia…e a letto presto, sono sveglia dalle 4 del mattino e domani ci sarà tanto altro da fare!
Sabato, 15 marzo 2008


La sveglia è alle 9.30, dopo una bella dormita. E’ domenica, c’è il sole e ho voglia di fare un giro per il paese. Mi incammino fra i vicoli e cerco dei punti di riferimento per ritrovare la strada di casa: la parte vecchia di Corleone non è semplice da memorizzare, queste stradine sembrano tutte uguali… La pasticceria nella piazza va benissimo per la colazione: mini cannolo e cappuccino. Il barista me lo ricordo bene, un signore gentile. Anche lui si ricorda e mi dice: “Tu sei toscana…eri qui in estate giusto? Sei venuta a trovare i ragazzi? Ti piace proprio Corleone eh! Bentornata!”
Si, sono io quella che aspettava dentro il tuo bar invece che alla fermata dell’autobus per non sciogliersi sotto i 50 gradi di questa estate e tu sei quello che mi ha dato gli orari delle corse e con cui parlai un po’.
Seconda tappa: edicola. Repubblica più 6 pacchetti di figurine per il mio Nino, il figlio di Franco della Cooperativa, con cui è nata una bella amicizia! L’idea è quella di andare in Villa (i giardini pubblici del paese) e mettersi a leggere su una panchina ma non faccio in tempo a sedermi che mi telefona Franco:
Dove sei? Vieni nella piazza del Comune che c’è Dino”.

Dino Paternostro è un uomo dalle mille attività: segretario della Camera del Lavoro, giornalista, scrittore, storico, consigliere comunale. Arrivo nella piazza e Dino, giacca e cravatta, è con altre due persone. Ci salutiamo, è sempre gentilissimo con noi volontari. Uno dei due signori che sono con lui è un ex preside di una scuola superiore di Corleone e insieme mi invitano al bar, mi offrono un caffè, mi raccontano di come sono andate le commemorazioni per l’anniversario della morte di Placido Rizzotto e della manifestazione di Libera che si è svolta a Bari il giorno precedente. Incrociamo anche Pippo Cipriani (e la sua scorta), storico ex sindaco di Corleone che vive ancora sotto protezione per avere iniziato una vera lotta alla mafia subito dopo il periodo delle stragi.
Discutiamo della Cooperativa e gli espongo le mie idee sulla necessità di differenziare i prodotti, di quello che secondo me sarebbe più utile, ci confrontiamo. Parliamo anche della scarcerazione di Giuseppe Riina e delle loro impressioni in proposito. Così arriva l’ora di pranzo e chi trovo a casa di Franco? Suo fratello Salvatore! Salvatore è il mio contatto diretto con Corleone e la Cooperativa durante tutto l’anno, è il responsabile delle coltivazioni, un amico carissimo. Dopo pranzo ho un appuntamento con i ragazzi di Dialogos ARCI: mi hanno mandato un sms, ci sono dei giornalisti francesi! Questi francesi sono un uomo e una ragazza, la quale parla un italiano perfetto. Si occupano di un programma televisivo che ogni puntata affronta un tema diverso, da quello che ho capito qualcosa di molto simile al nostro “Report”. Andiamo nella sede di Dialogos che è piena di copie del giornale che i ragazzi distribuiscono gratuitamente ogni 2 mesi alle edicole di tutto il paese. Pensavo avrebbero fatto le solite domande tipiche di uno straniero che si aspetta coppole e lupare come nei film. In realtà facciamo una bella chiacchierata informale tutti insieme, conoscono abbastanza bene l’argomento anche da un punto di vista storico, lasciano parlare i ragazzi, fanno domande pertinenti. L’incontro è un appuntamento preliminare per quando verranno con le telecamere per preparare la puntata.

Quando i ragazzi di Dialogos accompagnano i giornalisti dal sindaco io torno in piazza dove ci sono Franco, Dino e Salvatore che mi aspettano. Ma dopo un po’ ecco di nuovo i francesi: li chiamo e gli presento i miei tre accompagnatori: 5 minuti e Salvatore fissa un appuntamento per il giorno successivo per portarli nel campo confiscato dove andremo a sistemare la vigna. Dopo una pizza in un paese vicino con Salvatore e Mario (altro dipendente della cooperativa) torno a casa da Franco, dove alloggio: ci vuole un’altra bella dormita perché domani la sveglia è all’alba!
Domenica, 16 marzo 2008


Questa mattina la sveglia suona prestissimo: alle 7.15 io e Franco abbiamo appuntamento con i ragazzi della cooperativa in Piazza Falcone e Borsellino per andare in contrada Malvello dove c’è una campo confiscato ai Riina. Ci fermiamo a prendere acqua e panini e saliamo in macchina. E’ bellissimo rivedere le stradine che portano a Malvello passando dal particolarissimo Borgo Schirò, piccolo agglomerato di case abbandonate costruite in epoca fascista. Il lavoro di oggi consiste nel legare le piccole piante di vite ai pali di sostegno perché possano crescere dritte e forti: da loro verrà il vino della “nostra” cooperativa che verrà venduto come gli altri prodotti di Libera Terra. Non vedo l’ora di assaggiarlo!
Mentre siamo nel campo vediamo arrivare una macchina: l’amico Giuseppe di Dialogos ARCI e i giornalisti francesi! Ci raggiungono e chiedono a Salvatore di raccontargli la storia di questo campo: sono due persone gentili e aperte e il clima è confidenziale. Mi fanno qualche domanda in qualità di “intrusa” toscana: vogliono capire cosa mi spinge a utilizzare le mie ferie per venire a lavorare in Sicilia e spiegare il perché è sempre difficile. Bisogna conoscere queste terre, questi ragazzi e l’importanza del loro lavoro per capire! Salutandoci promettono di far avere un dvd della puntata alla cooperativa: ormai siamo curiosi! Mangiamo i nostri panini, ci riposiamo un po’ e poi di nuovo a lavoro. Abbiamo anche un bracciante in più: Calogero, il presidente della cooperativa, è venuto a darci una mano.

Rientriamo in paese, una doccia e poi di nuovo in piazza: voglio sfruttare ogni minuto possibile per vivere questa esperienza a contatto con le persone. Ho appuntamento con Salvatore il quale mi porta a vedere la collina con l’enorme crocefisso che domina il paese, divenuto famoso con il film-documentario “Il fantasma di Corleone”: da lassù c’è un panorama veramente incredibile. Prima di rientrare Salvatore vuole passare dalla casa confiscata ai Riina: non c’è una vera ragione, non dobbiamo fare niente là dentro, credo che ci sia voluto andare solo perché ne aveva voglia: deve essere una soddisfazione incredibile per lui. E’ come quando ci si guadagna un regalo, un oggetto, che si è tanto desiderato e che si è combattuto per avere: ogni tanto si sente la necessità di prenderlo in mano ed osservarlo per essere sicuri che è reale e per gioire ogni volta del successo ottenuto.

Rientriamo a casa dove Lina, come sempre, ci ha preparato una fantastica cena. Due chiacchiere tutti insieme e poi a letto, il lavoro sui campi è molto faticoso, c’è bisogno di recuperare le forze!
Lunedì, 17 marzo 2008


La settimana è giunta al termine, mi sveglio consapevole che è l’ultimo giorno. Anche se oggi pomeriggio dovrò affrontare il viaggio di ritorno mi alzo presto lo stesso e vado con i ragazzi della cooperativa sui campi. Raggiungiamo gli altri: il lavoro a Malvello l’abbiamo finito, le piantine sono tutte legate e sistemate quindi ci spostiamo in un terreno vicino, quello che in estate i giovani volontari hanno aiutato a “spietrare”. Ci sono da legare altre piantine ma soprattutto ne dobbiamo seminare di nuove! Non ho mai visto come si piantano le viti: prima si tagliano le radici troppo lunghe, si fa un foro nel terreno con una sbarra di ferro, si mette la pianta e poi si lascia la sbarra conficcata nel terreno, servirà da sostegno durante la crescita.

Questo è un altro aspetto importante dei campi di lavoro: si fanno cose che normalmente non avremmo occasione né di vedere né di imparare. E inoltre queste piccole, giovani viti piantate in terreni con tali storie alle spalle è simbolicamente bellissimo! Purtroppo però devo salutare i ragazzi prima del solito: è l’ora di andare. Questo è sempre il momento peggiore…Mario si allontana, forse è un po’ commosso, ma io lo raggiungo promettendo che ci rivedremo presto e che non deve preoccuparsi perché fra un paio di mesi questo campo sarà invaso di amici! L’espressione di ognuno di loro è davvero chiara: sono dispiaciuti che me ne vada…avere intorno gli amici toscani è per loro qualcosa di molto importante, li fa sentire meno soli in questa difficile battaglia che hanno intrapreso ma io sono li proprio per ricordargli che non sono soli, mai, anche quando tanti chilometri ci dividono.

Fortunatamente ieri in piazza ho incontrato Calogero, il presidente della cooperativa, e ho potuto salutarlo. Ero passata anche dalla Camera del Lavoro sperando di incontrare il segretario Dino Paternostro ma purtroppo non c’era, oggi gli manderò un messaggio per ringraziarlo della disponibilità e dell’amicizia che dimostra ogni volta. Salvatore mi accompagna a casa di Franco dove sua moglie Lina mi sta aspettando: una doccia veloce, chiudo la valigia e vado alla fermata dell’autobus che mi riporterà a Palermo. Io e Lina ci abbracciamo: in questi giorni ho avuto modo di conoscerla meglio ed è davvero una persona speciale. A volte ci dimentichiamo delle donne che stanno a fianco dei ragazzi della cooperativa ma bisogna ricordarsi che non solo danno il loro aiuto e contributo durante il periodo dei campi ma sono direttamente coinvolte nella scelta coraggiosa dei loro compagni e mariti. E sono felice perché io e Lina siamo diventate amiche.

Mentre aspetto la partenza del bus vado al solito bar in piazza per l’ultimo caffè. Ritrovo il barista che mi guarda e dalla mia espressione funerea capisce tutto.
“Stai partendo? Sei triste, ti si legge in faccia…”
“Si, è sempre così, mi dispiace lasciare gli amici e mi dispiace lasciare questo paese, ho sempre più ricordi legati a Corleone e sono tutti ricordi bellissimi.”
“Tornerai in estate? Quando arrivano gli altri ragazzi? Non te lo chiedo perché ho un’attività, per me sono solo qualche caffè in più, però è bello vedervi in giro, ci stiamo abituando!”
“Io credo che tornerò in agosto ma i ragazzi dovrebbero iniziare ad arrivare a fine maggio…comunque fra pochi mesi. E’ bello sentire un corleonese che dice queste cose, mi fa partire un po’ meno triste!”

Mi saluta stringendomi la mano e prometto che appena torno vengo a prendere il caffè. L’autista è gentile, sa che devo partire e mi chiama. E’ proprio l’ora di andare. Usciamo dal paese, la strada in discesa, in mezzo ai campi, mi porterà a Palermo, da lì il treno per l’aeroporto e tra poche ore sarò di nuovo a casa. A presto, Corleone…
Giovedì, 20 marzo 2008

venerdì 21 marzo 2008

L'attore: "Per 5 anni nessun uomo del sud candidato". Ed è quasi rissa in televisione tra Michele Placido e Raffaele Lombardo

Acceso dibattito tra Raffaele Lombardo e Michele Placido, durante la registrazione del programma Tetris di La7. L'attore provoca: "Per 5 anni non dovremmo candidare alle elezioni politiche uomini del Sud". Il leader del Mpa: "Lei fa parte di quei tanti meridionali che, raggiunto l'apice, dimenticano la loro origine"
ROMA - Sfiorata la rissa a "Tetris" tra l'attore Michele Placido e l'europarlamentare Raffaele Lombardo, che per un soffio non sono venuti fisicamente a contatto davanti alle telecamere.Alla registrazione della trasmissione un acceso botta e risposta tra il commissario Cattani della 'Piovrà e il leader dell'Mpa per un soffio non è degenerato. Sembrava che tutto filasse liscio sui binari del fair play. Luca Telese, il conduttore, aveva appena introdotto nel talk show de La7 i protagonisti della serata che andrà in onda stasera, il leader dell'Mpa Raffaele Lombardo e Roberto Castelli della Lega, con scene didascaliche sul movimento di Lombardo e sul Carroccio, movimenti politici che trovano radicamento nel territorio al Nord e al Sud. E per restare in tema meridionalistico, in studio ha fatto la sua comparsa la giovane e bella capolista alla Camera per il Pd campano, Pina Picierno, originaria di Teano.Dopo accenni ai programmi di Berlusconi e Veltroni, sulla scena ha fatto il suo ingresso Michele Placido. Giubbotto nero, jeans, il commissario Cattani della "Piovra", ha arringato: "Consentitemi la provocazione: per 5 anni non dovremmo candidare alle elezioni politiche uomini del Sud. Hanno dato e danno quotidianamente spettacolo indecente di mafiosità,malaffare e incapacità".Placido, ricordando poliziotti e magistrati uccisi della mafia e politici collusi, ha proseguito: "La società del Sud non può essere rappresentata in Parlamento da questa gente". Castelli ha replicato osservando che in ogni caso il Parlamento è lo specchio della società, "ogni regione deve esprimere la propria rappresentanza umana e sociale". Lombardo è stato più critico rispetto alla sortita di Placido e, pur apprezzando le doti artistiche dell'attore, ha osservato: "Vorremmo uscire un tantino dagli strereotipi che per anni ci hanno ammannito le televisioni e cercare di ragionare in termini positivi e moderni, lasciandoci alle spelle anni di soprusi perpetrati dai governi che si sono succeduti, costringendo i giovani a emigrare in cerca di fortuna".Placido non è rimasto in silenzio. "Ribadisco - ha tuonato - Per cinque anni almeno nessun candidato meridionale al Sud".Immediata la replica di Lombardo. "Lei fa parte di quei tanti meridionali che raggiunto l'apice dimenticano la loro origine, sputano nel piatto, facendosi magari scudo di tutele politiche". E sbotta: "Niente candidati del Sud? Così Veltroni potrà sistemare, come ha fatto, candidando i suoi amici romani in Sicilia".A questo punto, Michele Placido si è alzato dal proprio posto dirigendosi minacciosamente verso Lombardo, che dimenticato il suo aplomb si è alzato e ha intimato all'attore: "Sia serio!". Tensione alle stelle, telecamere che indugiano sui due contendenti, imbarazzo.Il dissidio si è ricomposto ma l'atmosfera ha continuato a surriscaldarsi via via con l'entrata in scena di Claudio Fava del Pd e Sandro Parenzo, titolare di Telelombardia. Dopo il tema del giustizialismo, Lombardo ha concluso dicendo: "Cuffaro è mio amico ma non ha bisogno della mia difesa. Per quello ci sono i suoi avvocati e fino a prova contraria non c'è una sentenza definitiva sul suo operato".
21 marzo 2008

Placido: "Alla fine Lombardo mi ha chiesto scusa"
ROMA - Michele Placido, intervistato stamattina sulla "quasi" lite in tv ha voluto precisare: "Non sono abituato ai dibattiti"."Non è successo niente di grave. Alla fine Lombardo mi ha chiesto scusa. Può succedere quando si parla di politica. Si sono trovati tutti un pò spiazzati dopo la mia provocazione -continua Placido- mi hanno frainteso...Ho solo consigliato alla casta politica di mettersi in quarantena per un pò di tempo". Lite sfiorata anche con Roberto Castelli della Lega. "Mi ha detto - spiega Placido - che nonostante io abbia i capelli bianchi non so nulla di politica".Secondo Placido la bocciatura della classe politica è nell'aria: "È vero che sono un attore ma anch'io ho il diritto di esprimere la mia opinione che in realtà è quella di quasi tutti gli italiani".Tornando all'acceso botta e riposta, sfiorato quasi nella rissa con Lombardo, Placido aggiunge: "Quello che ho detto al leader del'Mpa riguarda semplicemente il fallimento sociale della politica, basta guardare in che condizioni è Napoli"."Alla fine della trasmissione ho lanciato un appello alle nuove generazioni -conclude Placido- Ho detto di votare per i giovani, non importa se di destra, di sinistra, di centro ecc..C'è bisogno di aria nuova nel nostro Parlamento". Poi Placido precisa: "Vorrei che i giovani votassero per i loro coetanei, scegliendo senza ideologie ma dopo un'attenta riflessione. Ormai siamo arrivati all'ultima spiaggia, speriamo bene...". Dalla parte di Placido si schiera il giornalista Luca Telese, conduttore di "Tetris"."Sostengo ad occhi chiusi la provocazione di Placido. Da uomo libero, senza peraltro alcun legame o interessi in politica- osserva Telese- Placido ha detto una cosa che molti al Sud pensano: lo pensano quelli sommersi dai rifuiti a Napoli, quelli vessati dal malgoverno, quelli delle 140 amministrazioni sciolte in 5 anni, due proprio ieri. Il vero problema -secondo Telese- è che lo dovrebbero dire altri intellettuali e non solo Michele Placido. Sono contento che l'abbia detto, non penso che la sua sia una battaglia qualunquistica ma una battaglia civile".
21/03/2008

Il simbolo del "No alla guerra" compie 50 anni

Un grafico usò l'alfabeto marinaro per regalare un marchio agli attivisti inglesi che si battevano contro il nucleare. Così nacque il simbolo della pace...

VITTORIO ZUCCONI

WASHINGTON - L'omino disperato che abbassa le braccia, ma che non si arrende di fronte all'idiozia della guerra, il simbolo inerme che terrorizza gli armati, falchi, guerrieri, prepotenti, commissari e generali compie cinquant'anni e se disperato sempre rimane, ancora non si è stancato di non combattere. Era nato, molto opportunamente, un venerdì santo come questo, nel giorno che commemora il massimo sacrificio di un portatore inascoltato di pace, ma non era nato negli Stati Uniti che lo avrebbero poi imposto al mondo scarabocchiato, cucito o appuntato alle divise della protesta per l'ennesima inutile strage, quella volta in Indocina. Era nato a Londra, a Trafalgar Square, nella marcia delle cinquanta miglia organizzata nel 1958 dai pacifisti inglesi per protestare invano contro il riarmo nucleare britannico. Come figlio di una potenza dei mari, fu quasi naturale che quel simbolo avesse ricavato la ispirazione grafica proprio dalle segnalazioni marine che le navi si scambiavano sventolando bandierine, prima che fossero introdotti i semafori per i messaggi in morse luminoso, le radio e i collegamenti satellitari. La "V" rovesciata che sta alla base dell'emblema è in realtà la lettera "N", nella segnaletica marina, la iniziale di "Nuclear" e la linea eretta verticale sta per la "D", di disarmo. Dunque la figura completa vuol dire semplicemente "Nuclear Disarmament". Fu creato da un grafico, racconta la Bbc che ha ricostruito la storia di questo "marchio" divenuto talmente universale da apparire orfano, come se fosse stata la creatura spontanea di un tempo e di una ribellione. Si chiamava Gerard Holton, ed era stato obbiettore di coscienza durante la Seconda Guerra Mondiale, finita appena 13 anni prima. Convinse lui gli organizzatori della marcia delle 50 miglia che la loro manifestazione esigeva un logo, un marchio, qualcosa che si appiccicasse agli occhi e alla memoria. Pensò a una variazione sul tema della croce cristiana, ma gli parve già molto sfruttata e non necessariamente associata alla pace, nei secoli bui. E alla fine ripiegò sulla combinazione dei due segnali navali, per dire "No alla Bomba" e sì al disarmo nucleare.
Neppure lui avrebbe potuto sperare che quel simbolo, subito accusato da alcune femministe di essere pericolosamente fallico, si sarebbe attaccato alla fantasia del mondo diventando immediatamente leggibile e riconoscibile dal Tibet all'Arabia Saudita, dove ancora compariva sugli elmetti dei soldati americani pronti a invadere Iraq e Kuwait nel 1991. L'omino disperato invase l'America, dalle strade della San Francisco hippy della "estate dell'amore" ai motoscafi dei soldati lungo il Mekong in Vietam. Occupò le marcie di Woodstock, si fuse con il Sessantotto, divenendone uno dei luoghi principali. Terrorizzò il governo del Sudafrica negli anni dell'Apartheid razziale, che tentò di dichiararlo ufficialmente fuorilegge con prevedibile insuccesso, perché nella sua assoluta semplicità grafica basta un pennarello, una bombola, una matita grossa per essere riprodotto all'infinito. Fu accusato, dai soliti fanatici del cristianismo bellicista americano di essere un simbolo satanico, un richiamo all'Anticristo, con quel sospetto di croce a testa in giù, venerato dai seguaci di Belzebù. Lo ripresero gli attivisti neri dei diritti civili, per indicare subito, con Martin Luther King, la loro filosofia di rivolta non violenta e di rifiuto di armi e sangue, rifiuto che non fu accolto da chi sparò loro addosso. Costrinse generali e ufficiali superiori a inseguire i soldati che lo esibivano, vedendovi un segno di scarsa bellicosità, di dissenso, di ammutinamento pacifico: in Vietnam era passibile di punizioni fino alla corte marziale, quando ancora era esibito da pochi renitenti, prima che divenisse troppo diffuso per essere represso senza mandare davanti alla corte intere divisioni di Marines e fanti. Si arrese infine, dopo la guerra, il governo americano stesso che lo immortalò in un'emissione di francobolli negli anni '60, secondo il saggio principio del "se non puoi sconfiggerli, unisciti a loro". Finì su un pacchetto di sigarette molto fumate dai soldati americani, le Lucky Strike e nessuno osa calcolare quante volte e dove sia stato riprodotto in questi 50 anni, tra T-shirt e bandiere. E' stato un po' insidiato dai colori dell'iride, quell'Arcobaleno pacifista che, soprattutto dopo l'invasione dell'Iraq, ha cominciato a sventolare anche nelle strade di Londra dove l'omino depresso era nato, ma l'Arcobaleno si presta a equivoci, rappresenta coalizioni variopinte, inter razziali negli Stati Uniti, dove fu creato per la "Rainbow Coalition" del reverendo Jackson, e interpartitiche nei listoni elettorali italiani. Su quella figura che segnala disarmo, invece, non ci possono essere dubbi. Si può dissentire, addirittura fare causa a chi la espone in giardino, come è accaduto a una coppia di Denver, giudicarla ormai leziosa, demodé, inutile, ora che l'incubo del reciproco annientamento nucleare, così intenso nel 1958, ha lasciato - temporaneamente - la poltrona ad altri incubi elettoralmente più profittevoli. Ma come l'indice e il medio aperti a "v" di Churchill, anche questa curiosa ipsilon rovesciata che né il creatore inglese, né il suo corrispondente americano Ken Kolsburn vollero mai depositare e brevettare, rinunciando così a miliardi di royalties, vivrà ogni volta che l'umanità con un pretesto politico, religioso, economico, razziale, troverà un altro modo per massacrarsi. Cioè per sempre, il che spiega l'aria un po' moscia e depressa del l'omino cinquantenne, ma ancora in piedi.

(La Repubblica, 21 marzo 2008)

giovedì 20 marzo 2008

Se questa è una strada...

Ci scrive Stafano Comajanni: « Se questa è una strada...»
Egregio Direttore, gentilmente, le chiedo di pubblicare queste foto sul suo sito. Amici amministratori, i residenti della zona S.Giacomo – S. Oliva, chiedono cortesemente (per l’ennesima volta e non menzionando la parola “diritto dei cittadini”) di provvedere al più presto alla sistemazione di questa strada. Ricordo, che la strada Comunale denominata S. Oliva, serve da collegamento per raggiungere la propria abitazione a 52 famiglie residenti nelle palazzine delle cooperative oltre al sottoscritto e a tutti i cittadini che hanno i terreni nella zona. Al momento,la strada è l’unico sbocco considerando che i due accessi a monte, sono uno a senso unico e l’altro chiuso al transito per pericolo. Al Sindaco (Carissimo Amico), ricordo che il suo predecessore voleva far diventare Corleone una Capitale, mentre l’attuale amministrazione ed anche il sottoscritto in campagna elettorale avevamo promesso una cittadina vivibile nell’estrema normalità. Da quanto vedo, forse, ci siamo fermati ai vecchi borghi dove le strade si chiamavano “trazzere” e si percorrevano con i muli. Nel ringraziare gli amministratori per quello che faranno, porgo i saluti personali e dei residenti della zona, sperando, in attesa di grandi opere, in una adeguata sistemazione del fondo stradale.
Stefano Comajanni

mercoledì 19 marzo 2008

Delitto Campagna, è svolta. Ergastolo ai suoi assassini.

Dopo otto ore di camera di consiglio, i giudici della Corte d'assise d'appello di Messina hanno confermato la pena per Gerlando Alberti junior e di Giovanni Sutera, i due killer di Graziella, la diciassettenne uccisa nel 1985. La vicenda è stata al centro della fiction Rai "La vita rubata" di Beppe Fiorello

MESSINA - I giudici della Corte d'assise d'appello hanno confermato la condanna all'ergastolo per il boss Gerlando Alberti jr e Giovanni Sutera accusati dell'omicidio della giovane Graziella Campagna, assassinata nel dicembre 1987 in un paese del messinese.La Corte ha poi derubricato da favoreggiamento aggravato a quello semplice il reato di cui rispondeva la terza imputata, Francesca Federico, e quindi i giudici hanno dichiarato prescritto il reato. In primo grado la donna era stata condanna a quattro anni. La lettura del dispositivo è avvenuta dopo circa otto ore di camera di consiglio.Alberti è stato arrestato in un'abitazione di Falcone (Messina), mentre Sutera è stato ammanettato a Empoli. Il boss, nonostante la condanna al carcere a vita in primo grado, era stato scarcerato nel 2006 per decorrenza dei termini, dovuta alla mancata deposizione della motivazione della sentenza entro i termini stabiliti.Graziella Campagna aveva 17 anni quando venne assassinata nel Messinese. Lavorava come stiratrice in una lavanderia di Villafranca Tirrena, paesino in provincia di Messina. Nessun luogo al mondo sembrava più innocente di quella lavanderia, eppure è proprio in questo luogo che il destino di Graziella viene segnato da due boss mafiosi latitanti di Palermo che dimenticano un biglietto con degli appunti nella tasca di una giacca lasciata in lavanderia.Graziella scopre che l'uomo che tutti in paese conoscono come l'ingegnere Cannata altro non era che il boss Gerlando Alberti junior, nipote dell'omonimo boss di Palermo. Il mafioso, per paura di essere scoperto, come emergerà dal processo, decide di eliminare la ragazza con l'aiuto di Giovanni Sutera.La sera del 12 dicembre 1985 Graziella non torna a casa. Qualche giorno dopo il suo cadavere viene trovato a pochi chilometri di distanza da Villafranca Tirrena. Era crivellata di colpi di fucile che gli erano stati sparati da distanza ravvicinata.Nessun motivo, nessuna ragione apparente dietro l'efferato omicidio. Un delitto su cui nessuno sembra, all'epoca, voler indagare. Eccetto il fratello Pietro, carabiniere, per il quale quella morte misteriosa diventa un'ossessione ed una ragione di vita.Un'indagine, durata 20 anni, porterà lui e la sua famiglia a scoprire il male che viveva intorno a loro in quella provincia apparentemente tranquilla, ma dove la mafia faceva svernare latitanti coperti da una rete di complicità, connivenze e depistaggi.Le inchieste negli anni Ottanta vengono stoppate, i procedimenti giudiziari annullati. Infine, dopo le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, il processo prende il via e si conclude nel dicembre 2004 con la condanna all'ergastolo di Alberti e del suo complice Sutera.Ma il nipote del boss palermitano dopo un anno e mezzo torna in libertà perchè i giudici della Corte d'assise non depositano entro i termini stabiliti le motivazioni della sentenza di condanna e quindi viene annullata per decorrenza dei termini la custodia cautelare.Alberti, infatti, rimasto in cella per altri reati, ha lasciato il carcere perchè avendo già scontato una condanna per traffico di droga e potendo beneficiare dell'indulto per gli altri reati di cui è stato ritenuto colpevole torna un uomo libero.La vicenda suscita scalpore e il ministro Mastella nel settembre 2006 invia gli ispettori, che dopo alcuni mesi archiviano il caso sul magistrato che era stato accusato di avere ritardato il deposito delle motivazioni della sentenza.
19/03/2008

Commossi i familiari: "Finalmente giustizia"

MESSINA - La sentenza è stata accolta in aula, dove c'erano tutti i familiari di Graziella Campagna, da un lungo applauso."Adesso lo posso finalmente dire: ci sono giudici degni di questo nome anche a Messina...". ha detto l'avvocato Fabio Repici, legale dei familiari di Graziella Campagna. E Fabio Repici, diventato ormai uno di famiglia per i Campagna, era lì, a pochi passi dal fratello di Graziella, Pietro Campagna e degli altri fratelli della giovane vittima. Subito dopo la sentenza Repici e Pietro Campagna, interpretato nella fiction tv 'La vita rubata' da Beppe Fiorello, sono scoppiati in lacrime e si sono abbracciati a lungo."Più che emozionato - ha detto questa mattina, dopo avere dormito solo poche ore - ero davvero commosso e, soprattutto, molto soddisfatto per la sentenza emessa dai giudici. Ci tengo a dire che anche a Messina ci sono giudici degni di questo nome, perchè nonostante restino ancora alcune anomalie nel rito peloritano, hanno dimostrato di essere imparziali. Sono stati molto bravi".Fabio Repici ha anche parlato con la madre di Graziella Campagna, che da quasi ventitre anni chiede giustizia per l'omicidio della propria figlia. "Era soddisfatta per la sentenza emessa dai giudici - ha raccontato Repici - Ma nello stesso tempo è perfettamente consapevole che la figlia non gliela restituirà mai nessuno. Però, almeno, è stata fatta giustizia dopo avere subito per tutti questi anni offese di apparati deviati dello Stato".Repici ha poi voluto commentare le dichiarazioni spontanee rese ieri mattina, prima che i giudici entrassero in Camera di consiglio, da uno degli imputati, Gerlando Alberto junior, che si è difeso respingendo ogni accusa. Durante la sua deposizione ha raccontato di avere trascorso trent'anni della sua vita in carcere, durante i quali ha preso anche il diploma di geometra. "Beh - ha detto Repici - forse prendendo il diploma di geometra, voleva proseguire la finta carriera avviata quando si nascondeva da latitante nel messinese...".
19/03/2008

martedì 18 marzo 2008

Corleone, inaugurato il Museo Civico Pippo Rizzo

Corleone (*codi*) Inaugurato nella restaurata sede di Palazzo Provenzano il Museo Civico intitolato a Pippo Rizzo, pittore futurista corleonese. Presenti autorità civili, religiose e militari ed i familiari di Pippo Rizzo. A tagliare il nastro è stata chiamata dall’amministrazione comunale Giulia Gueci giovane pronipote di Pippo Rizzo. Dieci le sale espositive, dove all’interno delle vetrine , donate dal Banco di Sicilia, sono esposti reperti archeologici provenienti dai ricchissimi siti archeologici del territorio. Vi si possono ammirare i reperti provenienti dalla Montagna Vecchia dove sorgeva la città di Schera, quelli ritrovati a Pizzo Cangialosi, a Rocca Busambra. Dai denti di squali ritrovati all’interno delle gole dei faraglioni formati da caratteristiche rocce sedimentarie dette “Calcareniti di Corleone” sino al famoso Miliarum del console Aurelio Caio Cotta che fu ritrovato in contrada “Zuccarrone” a nord del centro abitato nel 1954. Unico nel suo genere il reperto lapideo indicava la distanza in miglia della strada consolare romana che collegava Palermo con Agrigento e risale al 280 A.C.. Il palazzo Provenzano, costruito nel 1400 è appartenuto alla famiglia dell’ex presidente della regione Giuseppe Provenzano e fu acquistato nel 1989 dall’amministrazione comunale del tempo guidata dal dott. Liborio Ridulfo. All’interno splendide maioliche siciliane, con stanze dalle volte a vela finemente affrescate, che sono state oggi restaurate e restituite alla loro originaria bellezza. “ Vogliamo fare di questo museo un luogo piccolo – ha detto il sindaco Nino Iannazzo – che sarà tale perchè moltissime saranno le iniziative culturali che qui avranno luogo”. Per il restauro dell’immobile sono stati spesi 1.183.000 euro, un finanziamento della Comunità Europea con fondi erogati dall’Assessorato Regionale ai Beni Culturali. Responsabile del Museo Civico è Angelo Vintaloro “ Il museo civico – ha detto nel suo intervento il fondatore dell’Archeo Club Corleone- ha avviato un progetto di ricerche in numerosi stati Africani”. Soddisfazione è stata espressa dall’assessore ai beni culturali Lea Cortimiglia :”Il museo è un punto di partenza –ha detto – vogliamo sia sede didattica attiva e centro culturale per tutti i giovani studenti del comprensorio”.

Cosmo Di Carlo

Nella foto (*codi*) il momento del taglio del nastro: da sinistra Carlo Vintaloro, Pippo Cardella, mons. Vincenzo Pizzitola, Pio Siragusa, Il sindano Nino Iannazzo, Giulia Agueci, Lea Cortimiglia ed Angelo Vintaloro

domenica 16 marzo 2008

La giornata della Memoria organizzata da Libera. Lo sbarco dei Corleonesi a Bari

di GIUSEPPE CRAPISI

Il pullman da Corleone è partito venerdi sera proprio dalla nostra piazza più importante, piazza Falcone e Borsellino. Era come se già simbolicamente volevamo unire quella piazza dedicata a due importanti vittime della mafia con quella piazza di Bari dove l'indomani si sarebbero ricordate tutte le vittime delle mafie. Da Corleone siamo partiti noi del circolo Arci “Corleone Dialogos”, i ragazzi della cooperativa “Lavoro e non solo”, alcuni rappresentanti di associazioni corleonesi, il direttore del Consorzio Sviluppo e legalità Guarino, il consigliere Iaria, l'Assessore Cortimiglia e lo stesso Sindaco Iannazzo, che ha messo a disposizione il pullman.

Aldilà delle divisioni che ci possono e ci potrebbero essere politicamente Corleone si è dimostrata da esempio anche in questo campo, tutti uniti sulla lotta alla mafia. Un lungo e faticoso viaggio di circa dieci ore, ma è stato bello. Il Presidente del Consiglio Comunale Mario Lanza ci ha raggiunti il 15 a Bari. Il 15 mattina arrivati al sorgere del sole siamoarrivati a Punta Perotti, simbolo della legalità affermata. Infatti, dove prima c'èra un ecomostro di palazzine in cemento armato decisamente abusivi ora c'è un bel prato davanti al lungo mare . A poco a poco il lungo mare si andava riempiendo sempre di più, fino a quando è iniziato il corteo e quella massa umana fatta di circa 100 mila persone ha iniziato a sfilare con i propri slogan, con le proprie bandiere, con i propri gonfaloni dei propri comuni tutti in pellegrinaggio per ricordare.

Una lingua umana attraversava Bari in quel giorno per ricordare le oltre 700 vittime di tutte le mafie. Nomi che come una litania religiosa venivano ripetuti e che hanno accompagnato tutto il corteo. Nomi di persone uccise dalla mafia, persone che hanno lasciato figli, madri e padri ecc... Persone che hanno detto di no alla mafia e per questo hanno perso la vita ed è per questo che noi abbiamo il dovere di ricordarli. Altrimenti la loro morte è vana e li ammazziamo una seconda volta. Aprivano il corteo, dietro lo striscione del logo della manifestazione “Puglia Arca di pace”, Don Ciotti con i familiari delle vittime presenti, alcuni ministri, il Presidente della Camera Bertinotti e il magistrato Giancarlo Caselli. Anche noi eravamo in quel corteo con il nostro striscione “Corleone non è solo mafia onore agli eroi Falcone e Borsellino” e tra i gonfaloni c'era anche quello del Comune di Corleone, ed eravamo un simbolo, simbolo della Corleone che vuole esportare il meglio di se, simbolo della Corleone che è fiera di se stessa perché si sente rappresentata dalle numerose persone che hanno perso la vita per lottare contro la mafia. Non vi dico l'emozione nel sentire i nomi di Bernardino Verro, Giovanni Zangara, Giuseppe Letizia, Placido Rizzotto ecc... insieme a tutte le altre centinaia di vittime di mafia. Corleone simbolo mediatico e attenzionato dai mass media e non solo. Vedere negli occhi degli altri partecipanti lo stupore misto alla soddisfazione di leggere che Corleone è contro la mafia. Ma importante è stata la presenza di tutti coloro i quali siamo partiti dalla Sicilia insieme a Libera Palermo. Tra i 100 mila di Bari non c'erano solo italiani ma anche 200 giovani europei in rappresentanza di più di 50 ONG. Poi si è arrivati a Piazza delle Libertà dove c'è stato il saluto delle autorità e dei familiari delle vittime della mafia. Come sempre Don Ciotti è riuscito a lanciare il giusto messaggio ed indicare la strada per il futuro, ha detto che delle parole siamo stanchi e adesso abbiamo bisogno dell'agire concreto a partire dalle istituzioni. Ma il cambiamento ha bisogno di tutti noi. “Dobbiamo prendere coscienza che c'e' bisogno delle nostre scelte, del nostro fare concreto, del nostro impegno, del nostro coraggio, della nostra voglia di metterci in gioco, delle denunce che nella quotidianita' fanno la loro parte''. Poi la piazza si è spopolata per dare spazio ad una breve pausa pranzo e poi l'inizio degli interessanti workshop. Poi alle 18:00 stanchissimi, ma nelle facce si leggeva che ne era valsa la pena, ci siamo rimessi sul pullman per ritornare alla nostra Corleone. Una canzone di Celentano dice “l'emozione non ha voce” ed in questo caso io ho cercato di spiegare quello che abbiamo provato ma nessuna parola potrà spiegare l'atmosfera laico-religiosa che si respirava nel giorno della memoria e dell'impegno organizzata da Libera e Avviso Pubblico. Bari 2008 rimarrà nei nostri cuori.

Giuseppe Crapisi

da www.dialogoscorleone.it

Bari, centomila no alla mafia

Nel capoluogo pugliese la 13° "Giornata della memoria e dell'impegno per ricordare le vittime della mafia". Il presidente della Regione, Vendola, in lacrime: "A nome delle istituzioni, mi scuso per chi ha festeggiato indegnamente una condanna con i cannoli" BARI - Le lacrime del presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, il grido accorato di don Ciotti affinchè ognuno "faccia la propria parte", la grande emozione del presidente della Camera, Fausto Bertinotti, l'entusiasta partecipazione dei giovani e poi le tante, tantissime, foto delle vittime della mafia portate tra le mani dai familiari che sfilano per le vie della città.


Sono questi e tanti altri ancora i momenti da non dimenticare della XIII edizione della 'Giornata della memoria e dell'impegno per ricordare le vittime della mafia' che si è tenuta a Bari, su iniziativa di Libera, guidata da don Ciotti, e Avviso Pubblico.

Il capoluogo della Puglia per un giorno è stato la capitale dell'antimafia: a Bari, nell'area di Punta Perotti, dove prima sorgevano i palazzi giudicati un ecomostro, si sono radunate circa 100.000 persone - secondo gli organizzatori - provenienti da tutta Italia e anche dall'estero. Tutti insieme mentre gli altoparlanti scandivano ininterrottamente i nomi delle centinaia di vittime della mafia e della criminalità organizzata.

Soprattutto i giovani hanno risposto agli appelli di Libera. "Segno - dice don Ciotti - di una volontà di cambiamento". È dello stesso avviso il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema: non sale sul palco, raggiunge il corteo sul lungomare, dice di essere meravigliato della grande folla e ai giornalisti, prima di partire per Napoli, si raccomanda: "Vi prego, niente domande di politica, questa è la giornata dedicata alla lotta alla mafia".

Il sindaco di Bari, Michele Emiliano, è soddisfatto: "Abbiamo spiegato senza esitazione, anche ai bambini - dice - da che parte stare nella lotta alle mafie". E sul lungomare assolato di Bari l'abbraccio tra don Ciotti e Bertinotti, che ha raggiunto il corteo a piedi: "È una manifestazione straordinaria - dice - chi afferma che questa è una società desertificata venga a vedere".

I palloncini colorati volano in cielo, gli striscioni portati da scolari e studenti sembrano far festa e i gonfaloni dei Comuni, soprattutto provenienti dal Sud Italia, raccontano di una volontà di spezzare qualsiasi legame con le mafie.

Tanti sono i politici e gli amministratori presenti. C'è anche il ministro dell'ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, che si rammarica per la mancata approvazione della sua proposta di legge per i reati legati alle ecomafie. Quando il corteo raggiunge piazza della Libertà, quello della gente sembra l'abbraccio di una città intera a chi non vuole soggiacere ai soprusi.

I parenti delle vittime di mafia prendono posto nelle prime file sotto il palco, ed è a loro che il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, si rivolge per fare "un intervento strano", come egli stesso premette.

"A nome delle istituzioni, vi chiedo scusa - grida al microfono con la voce rotta dall'emozione, scoppiando a piangere - vi chiedo perdono per lo spettacolo indegno di complicità, a nome di coloro che dopo una condanna, invece di vergognarsi, hanno festeggiato con i cannoli".

I familiari delle vittime si alzano in piedi e applaudono, qualcuno di loro non trattiene le lacrime. Non le trattiene pochi attimi dopo neppure don Ciotti, che abbraccia Vendola e poi al microfono dice: "Basta, anche le istituzioni facciano la loro parte una volta per tutte e diano il loro contributo, così come noi, sporcandoci le mani, diamo il nostro". C'è anche l'abbraccio di Bertinotti a Vendola che suggella momenti forti.

L'emozione attraversa il palco e la folla; parlano sul palco anche alcuni parenti delle vittime. Poi risuonano le note di una pianola: è quella del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito di mafia, ucciso a soli 11 anni, il suo corpo sciolto nell'acido. È lui il simbolo di quanto "la mafia è morte", come dice il papà di una vittima. La giornata di oggi, invece, rappresenta l'affermazione di chi vuole una vita di giustizia e legalità.
La Repubblica, 15/03/2008

sabato 15 marzo 2008

Se un voto si compra con cinquanta euro

L'autore di "Gomorra" e le elezioni: nessuno vincerà se si ignora la criminalità organizzata. "Le mafie dominano un terzo del Paese e condizionano interi settori dell'economia legale"

di ROBERTO SAVIANO

NESSUNO vincerà le elezioni in Italia. Nessuno. Perché finora tutti sembrano ignorare una questione fondamentale che si chiama "organizzazioni criminali" e ancor più "economia criminale". Non molto tempo fa il rapporto di Confesercenti valutò il fatturato delle mafie intorno a 90 miliardi di euro, pari al 7 per cento del Pil, l'equivalente di cinque manovre finanziarie. Il titolo "La mafia s. p. a. è la più grande impresa italiana" fece il giro di tutti i giornali del mondo, eppure in campagna elettorale nessuno ne ha parlato ancora.

E nessuna parte politica sino a oggi è riuscita a prescindere dalla relazione con il potere economico dei clan. Mettersi contro di loro significa non solo perdere consenso e voti, ma anche avere difficoltà a realizzare opere pubbliche.

Non le vincerà nessuno, queste elezioni. Perché se non si affronta subito la questione delle mafie le vinceranno sempre loro. Indipendentemente da quale schieramento governerà il paese. Sono già pronte, hanno già individuato con quali politici accordarsi, in entrambi i schieramenti. Non c'è elezione in Italia che non si vinca attraverso il voto di scambio, un'arma formidabile al sud dove la disoccupazione è alta e dopo decenni ricompare persino l'emigrazione verso l'estero. E' cosa risaputa ma che nessuno osa affrontare.

Quando ero ragazzino il voto di scambio era più redditizio. Un voto: un posto di lavoro. Alle poste, ai ministeri, ma anche a scuola, negli ospedali, negli uffici comunali. Mentre crescevo il voto è stato venduto per molto meno. Bollette del telefono e della luce pagate per i due mesi precedenti alle elezioni e per il mese successivo. Nelle penultime la novità era il cellulare. Ti regalavano un telefonino modificato per fotografare la scheda in cabina senza far sentire il click. Solo i più fortunati ottenevano un lavoro a tempo determinato.

Alle ultime elezioni il valore del voto era sceso a 50 euro. Quasi come al tempo di Achille Lauro, l'imprenditore sindaco di Napoli che negli anni cinquanta regalava pacchi di pasta e la scarpa sinistra di un paio nuovo di zecca, mentre la destra veniva recapitata dopo la vittoria. Oggi si ottengono voti per poco, per pochissimo. La disperazione del meridione che arriva a svendere il proprio voto per 50 euro sembra inversamente proporzionale alla potenza della più grande impresa italiana che lo domina.

Mai come in questi anni la politica in Italia viene unanimemente disprezzata. Dagli italiani è percepita come prosecuzione di affari privati nella sfera pubblica. Ha perso la sua vocazione primaria: creare progetti, stabilire obiettivi, mettere mano con determinazione alla risoluzione dei problemi. Nessuno pretende che possa rigenerarsi nell'arco di una campagna elettorale.

Ma nel vuoto di potere in cui si è fatta serva di maneggi e interessate miopie prevalgono poteri incompatibili con una democrazia avanzata. E' una democrazia avanzata quella in cui 172 amministrazioni comunali negli ultimi anni sono stati sciolti per infiltrazione mafiosa? O dove dal '92 a oggi, le organizzazioni hanno ucciso più di 3.100 persone? Più che a Beirut? Se vuole essere davvero nuovo, il Partito Democratico di Walter Veltroni non abbia paura di cambiare. Non scenda a compromessi per paura di perdere.

Il governo Prodi è caduto in terra di camorra. Ha forse sottovalutato non tanto Clemente Mastella, il leader del piccolo partito Udeur, ma i rischi che comportava l'inserimento nelle liste di una parte dei suoi uomini. Personaggi sconosciuti all'opinione pubblica, ma che negli atti di alcuni magistrati vengono descritti come cerniera tra pubblica amministrazione e criminalità organizzata. Nel frattempo il governo ha permesso al governatore della Campania Bassolino di galleggiare nonostante il suo fallimento nella gestione dell'emergenza rifiuti. E non ha capito che quella situazione rappresenta solo l'esempio più clamoroso di quel che può accadere quando il cedimento anche solo passivo della politica ad interessi criminali porta allo scacco.

Tutto questo mentre il centrodestra guidato da Silvio Berlusconi assisteva muto o giustificatorio ai festeggiamenti del governatore della Sicilia Cuffaro per una condanna che confermava i suoi favori a vantaggio di un boss, limitandosi a scagionarlo dall'accusa di essere lui stesso un mafioso vero e proprio.

La questione della trasparenza tocca tutti i partiti e il paese intero. Inoltre molta militanza antimafiosa si forma nei gruppi di giovani cattolici i cui voti non sempre vanno al centrosinistra. Anche questi elettori dovrebbero pretendere che non siano candidate soubrette o personaggi capaci solo di difendere il proprio interesse. Pretendano gli elettori di centrodestra che non ci siano solo soubrette e a sud esponenti di consorterie imprenditoriali. E mi vengono in mente le parole che Giovanni Paolo II il 9 maggio del 1993 rivolse dalla collina di Agrigento alla Sicilia e all'Italia ferita dalle stragi di mafia: "Questo popolo... talmente attaccato alla vita, che ama la vita, che dà la vita, non può vivere sempre sotto la pressione di una civiltà contraria, civiltà della morte... Mi rivolgo ai responsabili... Un giorno verrà il giudizio di Dio". Parole che avrebbero dovuto crescere nelle coscienze.

È tempo di rendersi conto che la richiesta di candidati non compromessi va ben oltre la questione morale. Strappare la politica al suo connubio con la criminalità organizzata non è una scelta etica, ma una necessità di vitale autodifesa.

Io non entrerò in politica. Il mio mestiere è quello di scrittore. E fin quando riuscirò a scrivere, continuerò a considerare questo lo strumento di impegno più forte che possiedo. Racconto il potere, ma non riuscirei a gestirlo. Non si tratta di rinunciare ad assumersi la propria responsabilità, ma considerarla parte del proprio lavoro. Tentare di impedire che il chiasso delle polemiche distolga l'attenzione verso problemi che meno fanno rumore, più fanno danno. O che le disquisizioni morali coprano le scelte concrete a cui sono chiamati tutti i partiti. È questo il compito che a mio avviso resta nelle mani di un intellettuale. Credo sia giunto il momento di non permettere più che un voto sia comprabile con pochi spiccioli. Che futuri ministri, assessori, sindaci, consiglieri comunali possano ottenere consenso promettendo qualche misero favore. Forse è arrivato il momento di non accontentarci.

Nel 1793 la Costituzione francese aveva previsto il diritto all'insurrezione: forse è il momento di far valere in Italia il diritto alla non sopportazione. A non svendere il proprio voto. A dare ancora un senso alla scelta democratica, scegliendo di non barattare il proprio destino con un cellulare o la luce pagata per qualche mese.

© 2008 by Roberto Saviano
Published by arrangement with Roberto Santachiara Literary Agency
(La Repubblica, 15 marzo 2008)

Mafia, giornata della memoria a Bari

Al corteo anche il presidente della Camera Fausto Bertinotti e il vicepremier d'alema. La manifestazione in ricordo delle vittime organizzata dall'associazione Libera di Don Ciotti «Siamo 100 mila»

BARI - Sono più di 100.000 - secondo gli organizzatori - le persone che hanno partecipato alla Giornata della memoria per le vittime di mafia a Bari ( ■ il video ), trasformatasi in una grande e colorata festa alla quale partecipano adulti, ragazzi e bambini. Lungo il percorso (il corteo si è snodato fino al parco di Punta Perotti, dove c'era l'eco-mostro poi abbattuto) sono stati letti gli oltre 700 nomi di tutte le vittime delle mafie. Nomi di semplici cittadini, magistrati, giornalisti, appartenenti alle forze dell'ordine, sacerdoti, imprenditori, sindacalisti, esponenti politici e amministratori locali morti per mano delle mafie solo perchè, con rigore e coerenza, hanno compiuto il loro dovere.

«LA LEGALITA' NON SI PREDICA» - «Fuori le mafie dalle nostre vite», «Insieme per ricordare e cambiare», «La legalità non si predica, si pratica»: queste alcune delle scritte che campeggiano sugli striscioni. Ci sono gonfaloni dei Comuni di numerose città d'Italia: sono molti quelli che provengono dalla Sicilia e tanti quelli dei Comuni del brindisino e del Salento, dove per lungo tempo ha dominato l'organizzazione di tipo mafioso "Sacra Corona Unita". Tra i partecipanti istituzionali, il presidente della Camera Fausto Bertinotti, il vicepremier Massimo D'Alema e il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. I giovani hanno usato treno, auto, pullman per raggiungere il capoluogo pugliese e partecipare alla manifestazione, dove ora si scandiscono i nomi delle vittime di mafia. «Difendiamo la verità - gridano i ragazzi - e la cultura della legalità».

DON CIOTTI - «Il cambiamento ha bisogno di noi, non di un Dio». Lo ha detto il presidente di Libera, don Luigi Ciotti, sintetizzando l'impegno richiesto ai giovani per Combattere le mafie. «C'è una corresponsabilità che ci appartiene», ha aggiunto mentre sfilava alla testa del corteo a Bari. «Chiediamo allo Stato, alle istituzioni, alle amministrazioni di fare la loro parte, non dimenticando - ha continuato - le espressioni positive e rinunciando a quelle cose che non vanno bene. Dobbiamo prendere coscienza che il cambiamento ha bisogno delle nostre scelte, del nostro impegno, del nostro coraggio, della nostra voglia di metterci in gioco, delle denunce che nella quotidianità fanno la loro parte. In questo senso il lavoro con le scuole, con le università, con il mondo del lavoro, le confische dei beni, sono i segni della concretezza, della speranza».
Il Corriere della Sera, 15 marzo 2008