sabato 29 marzo 2008

Dieci anni per il maresciallo dei carabinieri Antonio Borzacchelli

Processo talpe Dda, a Palermo arriva la condanna per il maresciallo dei carabinieri accusato di concussione e violazione di segreto d'ufficio

PALERMO - I giudici della seconda sezione del tribunale di Palermo hanno condannato a dieci anni di carcere il maresciallo dei carabinieri Antonio Borzacchelli, ex deputato regionale dell'Udc, accusato di concussione, tentativo di concussione e violazione di segreto d'ufficio nell'ambito del processo nato dall'inchiesta sulle talpe alla Dda di Palermo.

I pm Maurizio De Lucia e Nino Di Matteo avevano chiesto la condanna dell'imputato a 13 anni di reclusione. Il 18 gennaio scorso era arrivata la condanna per il presidente della Regione siciliana, Salvatore Cuffaro, dichiarato colpevole per favoreggiamento semplice e rivelazione di segreto d'ufficio e condannato a 5 anni di reclusione.

Borzacchelli è stato assolto soltanto da uno dei capi di imputazione quello relativo alla tentata concussione e condannato per tutti gli altri reati riuniti sotto il vincolo della continuazione. I giudici hanno condannato il maresciallo anche all'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Secondo gli inquirenti, l'imputato, abusando della sua funzione e della carica di deputato dell'Ars, avrebbe indotto il manager della sanità privata palermitana, Michele Aiello, condannato nell'ambito della stessa indagine a 14 anni di carcere per associazione mafiosa, a dargli del denaro e avrebbe cercato di farsi intestare quote della società di diagnostica di cui l'imprenditore era titolare. Aiello si è costituito parte civile nel processo al sottufficiale dell'Arma. Borzacchelli è stato condannato a versargli 25mila euro a titolo di risarcimento del danno.

L'imputato, inoltre, avrebbe informato il manager delle dichiarazioni fatte sul suo conto, agli investigatori, dal pentito Salvatore Barbagallo e avrebbe comunicato al presidente della Regione Salvatore Cuffaro notizie riservate su indagini, condotte dal maresciallo del Ros dei carabinieri Giorgio Riolo, riguardanti il capomafia palermitano Giuseppe Guttadauro.

Il processo, come hanno sottolineato i pm Maurizio De Lucia e Nino Di Matteo durante la requisitoria, "ha fatto emergere le gravi responsabilità del carabiniere". I pm hanno però evidenziato che, allo stesso tempo, "sono stati altri militari dell'Arma, quelli del Nucleo operativo del colonnello Gianmarco Sottili, che con grande professionalità, incisività, efficacia e onestà intellettuale, senza guardare in faccia a nessuno, hanno squarciato il velo che copriva una verità così scomoda".
28/03/2008

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