di Agostino Spataro
Ora che il “passo decisivo” è stato compiuto, l’on. Gianfranco Micciché dovrebbe spiegare meglio il senso vero, più autentico (o più recondito?) della fondazione del suo “Pdl-Sicilia”. Si sperava nella conferenza di presentazione, ma da lì non sono venuti idee e programmi nuovi, solo giri di parole e propositi di lealtà a Berlusconi. Perciò, in attesa di un chiarimento esaustivo, non resta che tentar di capire dove il sottosegretario vorrebbe andare a parare, partendo da alcune domande che la gente si pone. Cosa è questa nuova creatura uscita dal cilindro di Micciché? Un oscuro oggetto di destabilizzazione o una vera svolta politica? Quali conseguenze potrà determinare sulla confusa situazione politica siciliana e sul Lombardo-bis? Interrogativi pesanti che meritano risposte puntuali e precise, chiarendo quali sono gli obiettivi al presente e le conseguenze per il futuro. Il dilemma si potrebbe liquidare osservando che un fatto politico che abbisogna di essere molto spiegato è, di per se, poco convincente. Per cercare di scoprirne la natura e le finalità seguiremo la via indiretta, cominciando cioè a vedere cosa non è il Pdl-Sicilia o come lo chiameranno. Tutti convengono che non è il minacciato “partito del sud” di alcuni mesi addietro. Non è una scissione poiché Miccichè e i suoi seguaci dichiarano di restare dentro il PDL del quale, con quest'atto, vorrebbero restaurarne i valori più autentici. Non è uno scisma. Anche se il termine più si addice alle fratture di carattere religioso, applicato a questo caso ne vien fuori che i miccichiani (sic!) non sono scismatici poiché non si separano per divergenze dottrinarie e comunque restano fedeli al “dio unico”, alias Silvio Berlusconi. Non è una secessione giacché - a sentire i promotori - non è una ribellione contro il potere costituito e neanche una defezione, un tradimento verso una linea politica, anzi – come sostiene Micciché - è il suo esatto contrario, ossia una reazione sacrosanta al tradimento perpetrato dai cosiddetti “lealisti”.
Ma se tutto questo non è, allora cos’è il Pdl- Sicilia? Per cercare la risposta siamo andati alla fonte, al blog dello stesso Micciché dove si definisce lo strappo un “detonante shock politico”. Ma anche questa definizione non calza. La nuova formazione politica (a proposito come definirla: partito, movimento, gruppo parlamentare o che cosa?) è molto di più di uno shock, poiché nasce da una spaccatura verticale e violenta all’interno del Pdl isolano. Per stimolare un corpo intorpidito non si spezza in due, col rischio di ammazzarlo. Ritorna, dunque, inevasa, la fatidica domanda: che cosa è la nuova creatura? In attesa che Micciché dia una risposta convincente, vediamo di capire dentro quale contesto il PdL Sicilia nasce e dovrà muoversi. In campo nazionale, la rottura è stata osteggiata apertamente solo da La Russa e Gasparri, il duo ex An divenuti più berlusconiani di Berlusconi. Il resto del partito tace o acconsente. Al massimo consiglia prudenza. Dell’Utri invoca la perduta “armonia” ma da il lasciapassare a Micciché. Fini l’ha benedetta e autorizzato i suoi a farne parte. Ufficialmente, Berlusconi non l’ha disapprovata e quindi - si ritiene - potrebbe sotto sotto appoggiarla. Se così fosse - come pare sia - registriamo una strana concordanza tra Fini e Berlusconi, in Sicilia.
Lombardo assediato cerca rinforzi
Insomma, cosa sta succedendo intorno a questo misterioso soggetto politico? Si è aperta una partita complessa dagli esiti incerti e contrapposti che va ben oltre i confini del’Isola. Anche perché i “lealisti”, che conservano la maggioranza del gruppo all’Ars e della delegazione parlamentare a Roma, sono qui in buona compagnia ossia con personalità di riferimento, come il ministro Alfano e il presidente del Senato, Schifani, che non possono essere associati ad “una gestione del partito ribelle perché antitetica a quei valori …che Berlusconi portò con se”, come Micciché descrive nel suo blog i seguaci di Castiglione e Nania. Vedremo come andrà finire. Tuttavia, il nuovo gruppo all’Ars sancirà la separazione con quello, maggioritario, dei lealisti che potrebbero perfino passare all’opposizione ed aprire, così, per la regione una fase davvero imprevedibile. A cominciare dal destino del governo Lombardo, il quale approva la rottura, ma non spiega come, e fino a quando, potrà governare con una minoranza parlamentare (30 deputati), assediato da un’opposizione che ne conta il doppio. Logica vorrebbe che stia correndo incontro alla disfatta. Tranne che, nottetempo, non arriveranno i rinforzi. Ma quali? Non quelli dei “lealisti” e nemmeno quelli dell’Udc di Cuffaro che esclude un ritorno in maggioranza. Resterebbero quelli del Pd, divenuto il gruppo più numeroso all’Ars (29), ma appare altamente improbabile, specie dopo le primarie, che possa aderire, almeno in toto, ad un progetto così confuso al quale farebbe da stampella. A meno ché il vero gioco non si stia svolgendo nei meandri oscuri del sottosuolo della politica siciliana e romana.
Agostino Spataro
* pubblicato, con altro titolo, in La Repubblica del 4/11/09
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