giovedì 5 novembre 2009
Il Procuratore antimafia Grasso: "Oltre alla mano di Cosa nostra, potrebbe esserci anche l'apporto di "elementi esterni"
Nell'omicidio di Pio La Torre, (avvenuto a Palermo il 30 aprile 1982) parlamentare del Pci, e padre della legge che ha introdotto il reato di mafia e il sequestro dei beni mafiosi firmata insieme all'allora ministro Dc Virgilio Rognoni, oltre alla mano di 'Cosa nostra' potrebbe esserci anche l'apporto di "elementi esterni" non estranei al sistema del potere politico dominante in Sicilia all'epoca. Lo ha detto il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso intervenendo alla presentazione - nella sede della Rai di viale Mazzini - della puntata di 'La Storia siamo noi' che andrà in onda su Rai Storia la prossima domenica e che è dedicata alla figura di Pio La Torre. Grasso ha fatto riferimento alle parole del pentito Marino Mannoia. In particolare Grasso ha ricordato che Mannoia, a proposito dell'uccisione di Pio La Torre nel quale, venne colpito a morte anche il suo autista Rosario Di Salvo, disse, in sostanza, che l'esponente del Pci fu ucciso per la sua azione politica di contrasto e non fu ucciso in quanto uomo politico. "Se tutti quelli che fanno politica dovessero essere ammazzati - ha detto Grasso riferendo le parole di Mannoia - allora dovremmo sterminare l'umanità". Grasso ha spiegato queste affermazioni del pentito dicendo che, in questo modo, Mannoia "ammetteva la possibilità che ci fossero elementi esterni nella decisione di uccidere La Torre, ma non ne aveva le prove. Non dobbiamo dimenticare che i vertici assoluti di Cosa nostra, i quali potrebbero fornire informazioni importanti sulla stagione dei cosiddetti delitti politici della mafia, non hanno fatto la scelta di collaborare con lo stato". Grasso non è voluto tornare sul tema della trattativa stato mafia, sul quale è stato interpellato ieri sera durante un' audizione secretata davanti alla Commissione Antimafia, ma ha detto - rispondendo ad una domanda di Minoli - che certamente con l'arresto di Vito Ciancimino, uno degli intermediari della trattativa che riferiva a Totò Riina, si interrompe questo 'flusso' per riprendere la trattativa avevano individuato me come capro espiatorio: uccidermi con un attentato. "Da sempre l'invito, da parte di noi familiari di Pio La Torre, alla magistratura è quello di approfondire le indagini sui mandanti verso livelli superiori e diversi rispetto alle responsabilità già individuate in capo ai componenti della 'Cupola' di Cosa Nostra. Occorre andare a scavare meglio, come ha indicato anche la testimonianza resa oggi dal procuratore nazionale antimafia Piero Grasso". Lo hanno detto Filippo e Franco La Torre, i due figli del parlamentare del Pci ucciso nel 1982 a Palermo dalla mafia insieme all'autista Rosario Di Salvo, intervenendo alla puntata di 'La storia siamo noi' di Giovanni Minoli che andrà in onda la prossima domenica su Rai Storia, alla presentazione della sede Rai di viale Mazzini. Franco e Filippo La Torre hanno giudicato "inquietante" la testimonianza di Giulio Andreotti che a proposito del delitto di Salvo Lima ha detto - nell' intervista rilasciata per la puntata su Pio La Torre - che "si é trattato dell' omicidio di un poveruomo che non ha mai commesso illegalità". A proposito del diniego dell'ex procuratore capo di Palermo Pietro Giammanco che non ha voluto rilasciare interviste, per questa puntata dedicata a Pio La Torre, Filippo e Franco hanno ricordato che "da sempre Giammanco ha fatto la scelta di tacere". Nella puntata su Pio La Torre si ricorda che Giammanco eluse la richiesta di Giovanni Falcone di prendere contatti con i magistrati romani che indagavano su 'Gladio' per verificare se vi fosse anche una responsabilità dei servizi segreti deviati nel delitto La Torre. La puntata a lui dedicata ricorda che per quasi tutta la sua vita l' esponente siciliano del Pci - padre della legge che ha introdotto il reato di mafia e il sequestro dei beni dei boss, firmata insieme all'ex ministro Dc Virginio Rognoni, e della battaglia contro l' installazione degli euromissili nella base siciliana di Comiso - fu pedinato costantemente dai servizi segreti con il sospetto di essere una spia di Mosca.
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