lunedì 28 luglio 2008

Archeologia. Vi fu un maremoto a Gela nel V secolo a.C.? Parla la soprintendente Rosalba Panvini

Gela. Ci fu un maremoto a Gela nel V secolo a.C.? Affondò per questo la nave greca di Gela? E' un' ipotesi che prende sempre più corpo via via che si analizzano i resti ed il carico della nave greca e si comparano con altri dati. Nel periodo in cui l'imbarcazione affondò finisce anche la vita dell'emporio arcaico di Bosco Littorio, l'area commerciale della colonia greca, di fronte al porto, venuta alla luce negli anni scorsi e nelle cui botteghe in mattoni crudi vi sono proprio i segni di crolli per eventi traumatici quali un maremoto o un terremoto. Il Soprintendente di Caltanissetta dott Rosalba Panvini sta studiando questa ipotesi. Ma la sua attenzione al momento è catalizzata sulle fasi che di qui a due anni dovranno portare all'esposizione del relitto e del suo immane e prezioso carico in un museo proprio a Bosco Littorio tra le botteghe artigiane in cui erano esposte e vendute le mercanzie provenienti dal mare. I fondi per 5 milioni e mezzo di euro la Regione li ha da tempo. Con la dott. Panvini ripecorriamo momenti e curiosità che riguardano la nave greca.
Nel 1988 al momento della segnalazione dell'esistenza in mare di un relitto, pensavate ad una scoperta così eccezionale?
«Dai materiali consegnatici dai due sub abbiamo intuito di essere di fronte ad una grande scoperta ma mai di queste proporzioni. E' un relitto eccezionale, unico, ed ha soprattutto il carico al completo».
Scoprire un' imbarcazione, esplorarla e riportarla a terra non è un'esperienza che capita spesso ad una Soprintendenza. Quali difficoltà avete incontrato?
«Durante le campagne di scavo subacqueo abbiamo dovuto lottare con l'insabbiamento continuo dei fondali che ha ostacolato non poco l'esplorazione del relitto. Una fase delicata è stata quella della scelta della tecnica migliore per il restauro dei legni. Li dobbiamo consegnare alla storia e fare in modo che durino».
Dallo studio dei materiali recuperati, quale aspetto particolare o curioso è emerso?
«Abbiamo la certezza che durante la navigazione si svolgessero culti in onore degli dei. Abbiamo trovato 4 arule, il braccio di una statuetta in legno forse di Atena o Poseidone, un porcellino simbolo di culti in onore di Dioniso protettore dei naviganti dai pirati. Ma la conferma ulteriore è venuta da una statuetta che abbiamo trovato da poco. E' la statua di Atena Lindia seduta in un trono con i braccioli come quelle in uso nei luoghi di culto. I naviganti che stavano lontani da casa per mesi praticavano a bordo i riti propiziatori. Lo attesta anche Tucidide ed abbiamo la certezza che anche sulla nostra nave si svolgevano cerimonie religiose. I ritrovamenti sul relitto ci hanno consentito di ricostruire vari aspetti della vita a bordo. L'equipaggio si cibava di gallette, di parti bovine che aveva portato in nave già macellate e di pesce. A bordo c'era una cucina con un focolare circolare coperto di tegole che abbiamo ritrovato».
Quali sono i progetti della Soprintendenza sul futuro di questa nave?
«Uno solo: poterla esporre in pubblico. Tra due anni il restauro dei legni sarà completato ed entro quella data la struttura museale dovrà essere pronta per ospitare nave e reperti. Per la Sicilia e Gela avere un museo del genere apre opportunità inimmaginabili. E poi ovviamente c'è da programmare il recupero del secondo relitto».
M.C.G. (La Sicilia, 27.07.08)
FOTO. Rosalba Panvini, soprintendente di Caltanissetta. SOTTO. Il museo di Gela

Il 2º relitto: I segni dei viaggi tra Gela e l'Egeo
Gela. Non uno ma due relitti greci hanno custodito gelosamente per secoli i fondali di Gela. La seconda imbarcazione, di età più tarda della prima, scoperta nel 1990, giace ad un km dalla primo e più famoso relitto ed è stata già oggetto di esplorazioni subacquee che ha dato risultati molto interessanti. Il secondo relitto di Gela di viaggi tra l'Egeo ed il Mediterraneo ne avrà fatti così tanti che lo scafo porta ancora i segni evidenti di varie riparazioni effettuate anche riciclando i suoi stessi legni. Ha solcato più volte i mari quell'imbarcazione finchè non è affondata mentre stava per raggiungere l'emporio di Bosco Littorio nella polis di Gela. Le pietre della zavorra hanno consentito di proteggere per 2.500 anni ceramiche attiche della seconda metà del V secolo A.C. ed anche uno strigile in argento, lo strumento utilizzato dagli atleti per nettarsi il corpo dagli oli usati durante le competizioni sportive. C'era anche un atleta a bordo della nave? Non lo sappiamo. Può darsi che l'oggetto faceva parte della merce da vendere. La natura argillosa dei fondali gelesi ha permesso la conservazione, sulla sommità dei madieri della nave, del pagliolato inferiore, cioè di una struttura di supporto della nave, realizzata tramite una serie di tronchi cilindrici affiancati che fungevano da piano d'appoggio per la zavorra di pietre. E' venuto alla luce anche un poderoso paramezzale largo 120 centimetri, cosa che lascia intendere che il secondo relitto di Gela sia un'imbarcazione di grandi proprzioni. Sicuramente più grande di quanto si è pensato al momento della sua scoperta. Lo scafo porta i segni di varie riparazioni. Un vecchio madiere della nave fu riutilizzato come elemento del pagliolato della stessa.
M.C.G.

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