lunedì 9 giugno 2008

Paceco: prima raccolta di grano sui terreni confiscati al boss mafioso Vincenzo Virga

E da Bruxelles l'appello di Margherita Asta per chiedere maggiore attenzione sugli intrecci perversi fra mafia e poteri forti nel trapanese

RINO GIACALONE
Sono in tutto 29 ettari, in mezzo due laghetti. Una lunga distesa di terra sotto le falde di Erice. Qui è tutta campagna coltivata, grano, uliveti, vigneti, meloni, legumi in genere. Non c’è uno spazio che non sia lavorato. Ma la parte più consistente sono questi 29 ettari. Era il trono dell’imprenditore agricolo Vincenzo Virga, il capo mafia di Trapani. Quando giungiamo qui con un poliziotto e ci apprestiamo a “visitare” il terreno, ci raggiunge un “campiere” di un terreno vicino. Lo avevamo visto da lontano che guardava incuriosito i nostri movimenti, alla fine ci raggiunge, ci chiede chi siamo e cosa stiamo facendo. Il poliziotto a quel punto mostra le chiavi del casolare, e dice “siamo i proprietari”. Come i proprietari? Non siete Virga? E no “ziu meo” siamo i nuovi proprietari, siamo lo Stato che è proprietario adesso qui. Il terreno don Vincenzo Virga lo aveva comprato anche con il denaro ottenuto per il sangue versato dai morti ammazzati, non potendoci riprendere quelle vite, ci riprendiamo questo maltolto. Il boss è in carcere, condannato all’ergastolo per una serie di delitti dei quali è stato mandante, la strage di Pizzolungo, la faida del Belice, l’uccisione dell’agente di custodia Giuseppe Montalto, è indagato per avere ordinato l’assassinio di Mauro Rostagno, è sotto inchiesta per i suoi connubi con la politica e l’imprenditoria, sedeva al tavolino dove si spartivano gli appalti prima che la mafia stessa diventasse, sempre sotto la sua direzione, impresa. Ricercato dal 1994, la squadra Mobile di Trapani diretta dal vice questore Giuseppe Linares lo ha arrestato nel febbraio del 2001, lui davanti agli agenti più di un “mah” non ha saputo dire, in Tribunale poi avrebbe anche dichiarato che “la mafia fa schifo”, nel frattempo aveva anche inguaiato i suoi figli, Franco e Pietro finiti anche loro in carcere. Ufficialmente piccolo imprenditore, pensionato, pensione che l’Inps gli ha pagato mentre era anche latitante, Virga si è scoperto che possedeva un portafoglio societario dal valore di 7 miliardi di vecchie lire, buona parte confiscato. Tra queste la famosa Calcestruzzi Ericina e anche questo terreno, località Giancheria di Paceco, centro agricolo a pochi chilometri da Trapani. Dalla confisca all’assegnazione è trascorso più di qualche anno, perché l’intenzione degli “eredi” di Virga era di rendere improduttivi questi terreni, e far fare allo Stato una magra figura, invece c’è stata l’assegnazione alla cooperativa Placido Rizzotto di Corleone, e in questi giorni c’è stata la prima raccolta di grano. Nell’hinterland trapanese la cosa non ha precedenti e rappresenta un altro traguardo raggiunto. Impensabile fino a qualche anno addietro, quando qui si negava l'esistenza della mafia. Adesso invece si è fatta la mietitura. Vera festa vera contro quei boss che si camuffavano da imprenditori mentre ordinavano i delitti più cruenti. È trascorso tempo per arrivare a questo traguardo anche rispetto a quando, prendendo coscienza della presenza del fenomeno mafioso, si è cominciato a sentire ripetere in maniera positivamente ossessiva la necessità da parte della società onesta di riprendersi il maltolto, togliendo i patrimoni ai mafiosi. Si è cominciato ad allungare il numero delle confische ma spesso è successo che di fatto erano ancora i mafiosi ed i loro familiari a restare proprietari di quei beni. Le più recenti indagini hanno anche consegnato un altro aspetto della realtà: i boss che addirittura volevano riprendersi i beni che pure una assegnazione ed un affidamento li avevano avuti, tentativo sconfitto dall'azione investigativa della magistratura e della squadra Mobile e da un coraggioso prefetto, Fulvio Sodano. Alla fine i mafiosi sono stati cacciati via dai beni che continuavano a controllare. Le mire dei mafiosi erano soprattutto per la Calcestruzzi Ericina, volevano che fallisse e così deprezzata venisse venduta. C’era già un imprenditore colluso pronto ad acquistarla. Ma la manovra fallì. Oggi la Calcestruzzi Ericina è prossima ad essere gestita dalla cooperativa costituita dai suoi dipendenti, in Italia è uno dei primi beni confiscati che rientra libero da vincoli nel mercato.
Oggi tocca a Paceco, il maltolto che qui ci si è ripresi ha la forma e i colori del grano, 35 quintali di frumento raccolti per ognuno dei 26 ettari così coltivati, destinazione un mulino dell’Emilia Romagna, per trasformare il grano in farina per confenzionare la pasta commercializzata con il marchio di Libera e della cooperativa Rizzotto. Nello stesso momento a Bruxelles al vertice internazionale contro tutte le mafie, Margherita Asta, coordinatrice provinciale di Libera, ha preso la parola per chiedere “aiuti concreti per mettere in atto le migliori strategie capaci di frenare il controllo di Cosa Nostra sull'economia del Trapanese”, per chiedere “una attenzione maggiore sugli intrecci perversi a Trapani tra mafia e poteri forti, qui è lo zoccolo duro di Cosa Nostra”.
Rino Giacalone

Nessun commento:

Posta un commento