lunedì 23 maggio 2011

La retorica dell'antimafia

L'albero Falcone a Palermo
23 maggio 1992 – 23 maggio 2011: sono passati 19 anni ma non ti abbiamo ancora dimenticato! Per il 19° Anniversario della Strage di Capaci in cui venivano barbaramente uccisi il Giudice Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco di Cillo, noi di COSEDIPRIZZI, anziché farvi il resoconto delle celebrazioni commemorative che si moltiplicheranno in giro per la Sicilia e in tutta la nostra penisola, vorremmo invitare i nostri lettori ad una riflessione. A volte, sulle nostre pagine è capitato di affrontare discussioni riguardanti la mafia e l’antimafia siciliane. Abbiamo letto di tutto e non sempre ci siamo trovati in accordo con quanto affermato, ma soprattutto ci è capitato di constatare con amarezza come la cosiddetta “retorica antimafia”, tipica della nostra regione, e di alcuni personaggi di spicco della politica siciliana e nazionale, sia stata semplicemente un gran bel contenitore “vuoto”, insomma, soltanto cumuli di parole di circostanza, a cui spesso, non hanno fatto seguito i fatti. La Sicilia, purtroppo, a nostro parere, detiene il triste primato della “retorica antimafia”, con un gran numero di personaggi pubblici che su tali tematiche hanno costruito la propria fortuna politica.
Insomma, prendendo in prestito le parole di un grande siciliano come Leonardo Sciascia, possiamo senz'altro affermare che i cosiddetti “professionisti dell'antimafia” in Sicilia ci sono ancora e proliferano come non mai.
La retorica antimafia, a nostro parere, ha spesso avuto come unico risultato quello di mortificare ulteriormente le speranze di riscatto sociale di un territorio già pesantemente oppresso dal giogo della mafia, rendendolo schiavo del proprio passato e rinchiudendolo in una specie di ghetto virtuale dal quale nulla di buono sarebbe mai potuto uscire. Molti politici siciliani, negli ultimi anni, si sono semplicemente gonfiati il petto con i buoni propositi della retorica antimafia fine a se stessa, non rendendosi conto che quando si critica qualcosa è doveroso proporre un'alternativa valida di rilancio e di sviluppo, altrimenti, l'unica cosa che si ottiene è quella di creare “terra bruciata” attorno ai luoghi e alle genti presi in considerazione. Ci sono intere comunità siciliane che hanno visto soffocare le proprie speranze di rilancio economico, sociale e culturale a causa di una politica tesa soltanto a realizzare uno show mediatico sui mali atavici di un territorio, senza proporre alcuna soluzione. Sulla “terra bruciata” creata attorno ai siciliani, purtroppo, per molto tempo non crescerà più l'erba del benessere e dello sviluppo, che rappresentano uno dei pochi mezzi con i quali si può seriamente combattere il fenomeno mafioso che, viceversa, per prosperare, ha la necessità di mantenere uno stato di bisogno nelle popolazioni.
Ma ciò che è più insopportabile è constatare, come anche noi siciliani, a volte, ci facciamo irretire da questi comportamenti messi in atto dagli esperti dell’arte oratoria che, in realtà, poco, o nulla sanno sulla mafia e che, per di più, hanno la presunzione di volerla spiegare a noi siciliani.
Ognuno di noi , nel suo piccolo, può fare la propria parte (compresi i vari amministratori locali).
Probabilmente, negli ultimi tempi qualche amministratore, anziché, spendersi per intitolare i campetti sportivi o le strade ai martiri della mafia (cosa senz'altro giusta ma non prioritaria), avrebbe potuto impegnarsi maggiormente per il benessere del proprio territorio, in modo tale da creare quelle opportunità di sviluppo che rendono un paese meno “bisognoso”, poiché, salvaguardare legittimamente il nostro passato, non deve precludere al nostro territorio il diritto di avere un futuro, futuro che invece negli ultimi anni sembra essere assolutamente inesistente.
Insomma, il popolo siciliano per l’ennesima volta ha dovuto sopportare, i questi ultimi anni, un cumulo di sciocchezze portate in giro con l’arroganza e l’ipocrisia di chi vuole far credere di aver capito tutto sul fenomeno mafioso, perché, parlarne, sbandierare ai quattro venti che ci fa “schifo”, snocciolare i soliti luoghi comuni sull’argomento, fa moda, fa tendenza e consente all’oratore di turno di ottenere la propria fetta di visibilità mediatica…poi…tutto, ma proprio tutto, torna nel silenzio, quel silenzio con cui i cittadini siciliani hanno imparato a convivere per troppo tempo, quel silenzio che fa compagnia da sempre a noi siciliani e che spesso fa più rumore di mille parole, quel silenzio in cui per troppo tempo il popolo siciliano ha soffocato con dignità il proprio malessere, la propria solitudine, la propria delusione per essersi sentito troppe volte abbandonato da uno Stato storicamente e colpevolmente assente, quel silenzio che non esprime vigliaccheria, bensì la dignità e l’orgoglio di un popolo che spesso, nell’arco della sua millenaria storia, non ha avuto “Santi” a cui votarsi. E tra tutti questi silenzi, quello che ci piace di più è senz’altro quello dei tanti servitori dello Stato che combattono concretamente e non a parole, la mafia. Non perché le “parole” non siano importanti, ma perché è d’uopo che a queste, responsabili della formazione di una coscienza civile di un popolo, seguano i fatti concreti, affinché non si abbassi mai la guardia!
E tra le parole che ci fa tanto piacere sentire, vorremo citare quelle apparse qualche mese fa sul sito CITTANUOVECORLEONE e che, a nostro modo di vedere, sarebbe veramente un peccato lasciar cadere nel vuoto, in cui Dino Paternostro per il 2011 auspicava: “Vorrei che (a Corleone, in Sicilia e in Italia) si mettesse fine alla vuota (e pericolosa) retorica dell’antimafia, che alimenta la mafia e crea confusione tra la gente onesta.”
Sono dunque queste le parole che ci piace sentire, e che meglio di ogni altra cosa riassumono il nostro pensiero, tutte le altre, le lasciamo a chi ama prendere in giro il popolo siciliano per l’ennesima volta!
Ed è paradossale che proprio le parole che più ci piacciono, sono quelle pronunciate da qualcuno che, su molti temi di politica e sociali, la pensi spesso in maniera diametralmente opposta alla nostra. Evidentemente, tutto ciò è segno che le parole di buon senso non hanno necessità di essere confinate all'interno di una singola area politica e culturale.
Detto ciò, ci scusiamo se anche noi in questo articolo, probabilmente, siamo stati un po' retorici, ma almeno la nostra è una retorica innocua.
Giovanni Falcone rimarrà per sempre nei nostri cuori!
Mauro M. Lupo
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Pubblichiamo la lettera inviataci dagli amici di “Cosediprizzi”, ma precisiamo subito che Leonardo Sciascia nella sua polemica contro i “professionisti dell'antimafia”, specie nel riferimento a Paolo Borsellino, prese un grosso abbaglio. Quindi, stiamo attenti a non usare in maniera impropria certi slogan di successo, che alimentano solo confusione. Ci sono i “professionisti dell’antimafia” autorizzati a svolgere questo “mestiere” dalla mafia. Non dimentichiamo, però, che tante (troppe) persone accusate di essere “professionisti dell’antimafia” adesso si trovano in una bara di noce e sottoterra.
Precisiamo, infine che abbiamo seguito, nei mesi scorsi, la polemica contro l’amministrazione comunale di Prizzi che voleva intitolare un campetto sportivo a Peppino Impastato. E uno degli argomenti “contro” usato dagli oppositori era che Peppino non fosse di Prizzi. Un argomento un po’ infantile, al limite tra la stupidità e la malafede. Probabilmente a Prizzi ci sarà una via Manzoni, una via Crispi o una via Garibaldi. E non ci sembra che Manzoni, Crispi e Garibaldi fossero di Prizzi. Quindi rispolverare ancora questa polemica non ci sembra utile.
La retorica dell’antimafia è pericolosa e controproducente, ma cerchiamo di non fare retorica anche criticando la retorica… (d.p.)

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