Il progetto, il territorio, il buon governo: il modello vincente del presidente toscano. In edicola da venerdì
di Denise Pardo
Certo può continuare Pier Luigi Bersani, leader Pd, a parlare di "ditta", intendendo il partito ed è anche bizzarro il fatto che pure la regina Elisabetta chiami nello stesso modo, in inglese "the firm", la casa reale. Ma per il nuovo governatore della Toscana non c'è e non c'è mai stata la "ditta". Ora più che mai, ma per lui è sempre stato così, ci deve essere la causa. La causa ("È lei all'origine della nostra storia") e il territorio. E questo fa la differenza e forse la spiegazione della sua abbondante, soddisfacente vittoria. Ha vinto, anzi ha stravinto con il 60 per cento dei voti (il 59,73) Enrico Rossi, 52 anni, nato a Bientina, padre camionista, mamma operaia, separato con un figlio di 21 anni, ora al suo fianco la bella Laura, dal 1990 fino al '99 sindaco di Pontedera, poi sopravvissuto a dieci anni da assessore alla Salute (portando la sanità toscana a esempio di eccellenza) che avrebbero stroncato, di questi tempi, probabilmente anche il Mahatma.
Ha vinto e ha stravinto nella terra dove il centrosinistra ha tenuto di più nelle maledette elezioni di fine marzo, nonostante astensionismo e affermazione leghista, vantando un distacco democratico inaudito, un'isola rossa in un mare sempre più azzurro e verde. Rossi più che una riserva indiana, piuttosto è una riserva della sinistra e basta, con i quattro quarti di un modello politico e sociale antico, riforme sociali e bene del popolo, un tempo specialità locale, tutto da reinterpretare (a giorni, andrà, come promesso, a distribuire materassi ai carcerati:"Un atto da paese civile"). Un uomo nuovo da tenere d'occhio, secondo tanti, per una futura ribalta nazionale, e senza fare gli esagerati, basti dire che sul suo nome persino l'avaro Tremonti si è ufficialmente levato il cappello. Ha vinto e ha stravinto e mentre infuria il dibattito all'interno del Pd, lui nota e non è affatto divertito: "Leggo un profluvio di esternazioni, senza che si sia avuto nemmeno il garbo" e scandisce le parole, "di convocare e ascoltare chi ha vinto e chi ha perso, per capire perché si è vinto e perché si è perso". Una campagna elettorale da manuale ("La Toscana non me la sono fatta raccontare"). Una popolarità quasi bulgara, e dire che ha ridotto da 92 a 38 gli ospedali della regione, costruendone 15 nuovi ("Le nostre aziende hanno bilanci certificati, potrebbero quotarsi in Borsa. Solo la politica, ma non la cattiva politica, è in grado di riformare la sanità, null'altro"), tanto che arrivato a Pontedera per il comizio finale "anche le persiane delle case lo salutavano" ha commentato Guelfo Guelfi l'uomocomunicazione. È là, a Pontedera, tanto per storicizzare, che comincia l'avventura di Rossi, laureato in filosofia, funzionario Pci, primo cittadino durante la battaglia per la Piaggio, fabbrica città con 12 mila dipendenti, che la famiglia Agnelli vuole spostare in Campania. La partita è vitale e dura ma si vince quando l'allora presidente della società il giovane Giovannino Agnelli va a parlargli, trova un'intesa con lui e la Piaggio rimane là dov'era. È la svolta e la sfida, del genere che piacciono a lui, la politica intesa anche come scommessa sociale, attenta agli equilibri (appena candidato è andato da Giuseppe Mussari, presidente del Monte dei Paschi di Siena e in gran segreto dall'influente Mansueto Bianchi, vescovo di Pistoia) e al gioco di squadra. Come quello con il governatore uscente, Claudio Martini "Un uomo di valore che ha governato bene e saputo preparare la successione, l'atto più difficile per un politico".
Ora tocca a lui, e si sa che, dopo aver gestito la sanità come un'azienda, l'obiettivo, questa volta, è il rilancio di una Toscana economicamente depressa. Ma, specifica bene, c'è un primo passo da compiere: mettere al centro, e spetta proprio al Pd, la questione morale, non la questione giudiziaria sia ben chiaro: "Non per dire che siamo i migliori, ma perché davvero non ci può essere ripresa senza etica, il paese non cresce anche per questo" si accalora Rossi. "Sono convinto che si tratti del punto su cui lavorare, al contrario della sorta di regolamento di conti interno ed eterno a cui stiamo assistendo". L'uomo non è uno che la manda a dire, non c'è dubbio. Però. Quando si va sul sentimentale, i ricordi di Pontedera, le battaglie combattute, il neo governatore, per un momento, arrossisce, e questa è una caratteristica speciale, e stupefacente, mai vista finora in nessun uomo politico.
(L’Espresso, 07 aprile 2010)
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