Per un'ora si è difeso davanti ai giudici d'appello che lo processano per riciclaggio. Poi, lasciando l'aula bunker di Pagliarelli, ha annunciato: "Mi sto recando in Procura". E lì Massimo Ciancimino ha tirato fuori dalla borsa un blocco di carte prelevate dal forziere di famiglia in una banca del Liechtenstein. Tra quelle carte c'era anche la versione originale del "papello". A occhio e croce, ma questo lo dirà una perizia, è la copia conforme del documento con le dodici richieste dei boss allo Stato in cambio della sospensione della stagione delle stragi. "Mi sono tolto un peso" ha poi detto ai cronisti. "Ora - ha aggiunto - tocca ai magistrati decidere cosa farne e come proseguire l'indagine. Io ho fatto solo il mio dovere". Il "papello", posto nel 1992 a base della presunta "trattativa" tra apparati dello Stato e i capi di Cosa nostra latitanti, non è però l'unico documento consegnato da Ciancimino ai pm Antonio Ingroia, Nino Di Matteo e Paolo Guido. Il blocco di carte depositato comprende in tutto una quarantina di documenti. Tra cui una lettera dell'ex sindaco mafioso scritta dopo la strage di via d'Amelio nella quale Ciancimino traccia un singolare paragone tra sé e il giudice Paolo Borsellino. L'uno e l'altro accomunati da un destino avverso e vittime di "traditori": Borsellino per l'attentato in cui morì con cinque uomini della scorta; lui per l'arresto alla vigilia di Natale del 1992. L'ex sindaco era convinto di essere tornato in carcere proprio a causa del "tradimento" di persone che riteneva "amiche". In quel periodo aveva conosciuto una battuta d'arresto il dialogo avviato dagli uomini del Ros, l'allora colonnello Mario Mori e il capitano Giuseppe De Donno. Secondo Mori, che ne ha parlato nell'ambito del processo in cui deve rispondere di favoreggiamento della mafia per la mancata cattura di Bernardo Provenzano, i colloqui con Ciancimino sarebbero cominciati il 5 agosto 1992 e si sarebbero bruscamente interrotti il 18 ottobre. Sarebbe stato lo stesso Ciancimino a chiudere la mediazione quando alla domanda "Chi siete, chi vi manda, che cosa offrite?" si sentì rispondere che ai boss disposti a consegnarsi e ai loro familiari sarebbe stato assicurato soltanto un trattamento umanitario. Due mesi dopo Ciancimino fu arrestato perché, dopo avere chiesto il passaporto, era sorto il sospetto che si stesse preparando alla fuga. Questa è stata almeno la motivazione posta a base del provvedimento che riportò l'ex sindaco in carcere. Secondo quanto si è appreso, nella lettera consegnata ora dal figlio, Ciancimino svolgeva sue riflessioni legate a circostanze che sono al centro dell'indagine sulla "trattativa". E' pure da valutare il nesso temporale tra la consegna dei nuovi documenti e l'incursione in casa denunciata da Massimo Ciancimino. Chi si è introdotto nella sua abitazione palermitana avrebbe portato via foto e lettere del padre. Il figlio dell'ex sindaco ha assicurato che il loro contenuto non aveva una "rilevanza penale" ma solo un valore affettivo. Se così fosse resterebbe da capire perché quelle lettere siano state portate via e cosa gli incursori cercassero. In ogni caso, il giorno dopo la scoperta del presunto furto Massimo Ciancimino si è subito presentato in Procura per consegnare il "papello" originale. Così almeno lo ha presentato.
SiciliaInformazioni, 29 ottobre 2009
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