Il capomafia di Salemi Salvatore Miceli, inserito nell'elenco dei 30 latitanti più pericolosi, è stato arrestato a Caracas, in Venezuela, dai carabinieri del comando provinciale di Trapani in collaborazione con l'Interpol. Il boss, considerato un elemento di spicco del narcotraffico internazionale, era ricercato dal 2001, in seguito a una condanna per associazione mafiosa e traffico internazionale di stupefacenti divenuta definitiva. L'indagine che ha portato all'individuazione e alla cattura di Miceli è stata coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo. Nel maggio del 2003 la polizia aveva arrestato, nell'ambito di un'operazione antidroga, anche la moglie di Miceli, Veronica Dudzinski, e i figli Ivano e Mario. Il boss di Salemi era stato inoltre intercettato nel 2000 con Pino Lipari, il 'consigliori' di Bernardo Provenzano, che lo 'investiva' ufficialmente per gestire un traffico internazionale di stupefacenti. Salvatore Miceli è stato bloccato - quando in Italia erano le 4 del mattino - all'uscita del lussuoso albergo Hotel Caracas Cumberland. Agli investigatori, parlando in spagnolo, ha fornito un nominativo falso. Quando il boss ha però capito che, tra i gendarmi che lo avevano circondato, c'erano pure due carabinieri (due marescialli del reparto operativo del comando provinciale di Trapani) è sbiancato in volto.Non appena giunto nel più vicino posto di polizia, ancor prima di sottoporsi alla prova delle impronte digitali, Miceli ha ammesso la propria identità.I carabinieri ritenevano di avere individuato il superlatitante da quattro giorni. Sono però entrati in azione, assieme all'interpol e alla polizia venezuelana, solo quando hanno avuto la certezza che si trattasse proprio del boss. L'ultima foto segnaletica risaliva infatti al 1993 ed oggi il suo aspetto fisico è molto cambiato. Il boss, anche se non sospettava di essere braccato, aveva adottato una serie di tattiche per contrastare i possibili pedinamenti: "cambiava look più volte al giorno - racconta uno degli ufficiali dell'Arma che ha coordinato l'operazione - e cambiava di frequente anche gli alberghi, dai quali entrava ed usciva di continuo".
Salvatore Miceli, 63 anni, è nipote del defunto boss Salvatore Zizzo, il capomafia di Salemi, morto nel 1981. Arrestato a Palermo, assieme ad altre 22 persone, nel marzo del 1983, nell'ambito di un'operazione congiunta tra carabinieri, polizia e finanza, Miceli, già all'epoca, era destinatario di un provvedimento restrittivo emesso dalla magistratura statunitense. Finì nuovamente in carcere nell'ottobre del '90, su provvedimento dell'allora procuratore di Marsala, Paolo Borsellino, che si avvalse delle dichiarazioni della collaboratrice di giustizia Giacoma Filippello. Quest'ultima indicò Miceli come un narcotrafficante di Cosa Nostra. Il boss trapanese è considerato dagli investigatori come uno dei più fidati referenti del boss latitante Matteo Messina Denaro, nonchè intermediario tra i clan di Cosa Nostra e della 'Ndrangheta ed i cartelli colombiani della cocaina. Un altro referente del capomafia, Francesco Termine, pure lui narcotrafficante, fu arrestato, sempre in Venezuela, dalla squadra mobile di Trapani nell'ottobre di due anni fa
(La Repubblica, 21 giugno 2009)
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