CORLEONE – L’altro ieri, i Carabinieri di Corleone hanno trovato due fucili a canne mozze nel cantiere edile per la messa in sicurezza dell'ex Ospedale dei Bianchi. Le armi, in pessimo stato di conservazione, erano nascoste nell'interno di un contro-soffitto, tra il primo e il secondo piano dell'edificio. Da una prima valutazione, sembrerebbero risalirebbero a più di 50 anni fa. Ad allertare i militari sono stati gli operai impegnati nei lavori di ristrutturazione del vecchio edificio ospedaliero. Le armi sono state immediatamente inviate ai laboratori del Ris (reparto investigazioni scientifiche) di Messina per gli accertamenti balistici. Le indagini dei Carabinieri puntano a verificare se quelle armi possano essere state utilizzate per omicidi di mafia negli anni ‘40-‘50. Proprio in quegli anni, infatti, direttore sanitario dell'ex ospedale dei Bianchi era il dottor Michele Navarra, capomafia di Corleone. Il medico-boss venne assassinato dal suo “fido” luogotenente Luciano Liggio il 2 agosto del 1958, mentre percorreva la strada tra Prizzi e Corleone a bordo della sua Fiat 1100. La morte di Navarra e la “guerra di mafia” che ne seguì avrebbero aperto la strada per la scalata ai vertici di Cosa nostra a Luciano Liggio e ai suoi due “picciotti”, Totò Riina e Bernardo Provenzano.
Nel 1947 fu ricoverato per poche ore in quell’ospedale il cavalier Rossi, mentre veniva trasportato nel carcere dell’Ucciardone, con l’accusa di essere uno dei mandanti dell’assassinio di Accursio Miraglia, segretario della Camera del lavoro di Sciacca. E il dott. Navarra gli rilasciò subito un certificato medico che gli evitò il carcere. Nel 1948, in questo famigerato ospedale, qualche giorno dopo il sequestro e l’assassinio di Placido Rizzotto, segretario della Cgil di Corleone, venne ricoverato il giovane pastore Giuseppe Letizia, in preda a febbre alta e delirio. Diceva di aver visto gli assassini di Rizzotto. E Navarra lo fece tacere per sempre con una iniezione letale.
Durante una delle più cruente battaglie della guerra tra “liggiani” e “navarriani”, quella del 6 settembre 1958, proprio nell’Ospedale dei Bianchi ricevette i primi soccorsi il “liggiano” Bernardo Provenzano, ferito di striscio alla testa nella sparatoria di via San Rocco. Dopo la medicazione, il futuro boss ringraziò e fece perdere le sue tracce. Meno fortunati di lui furono invece i “navarriani” Pietro Maiuri e i fratelli Giovanni e Marco Marino. Quella sera furono portati pure in ospedale. I sanitari provarono a tamponare le ferite, ma per loro non ci fu nulla da fare.
Negli anni ’60 e negli anni ’70 era voce abbastanza diffusa a Corleone che nei locali abbandonati dell’ex Ospedale dei Bianchi si potessero nascondere latitanti di mafia. C’era addirittura chi giurava di aver visto di sera tardi e di notte finestre che si aprivano e si chiudevano. I fucile ritrovati martedì scorso potrebbero essere appartenuti a qualcuno di questi.
Dino Paternostro
NELLA FOTO: I Carabinieri di Corleone mostrano i due fucili rinvenuti nell'ex Ospedale dei Bianchi
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