A proposito della risposta del sindaco Iannazzo all’interrogazione sul caso di abusivismo edilizio della figlia dell’assessore ai Lavori Pubblici Stefano Gambino, verrebbe da dire che «quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito che la indica». Infatti, che la materia dell’abusivismo edilizio sia di competenza dei dirigenti del Comune, non ci sono dubbi. E che gli stessi avrebbero adottato i provvedimenti tecnico-giuridici del caso è altrettanto lapalissiano. La domanda dei consiglieri interroganti (e la nostra) su «quali provvedimenti intenda adottare» era, invece, rivolta al sindaco in quanto capo dell’amministrazione comunale di cui fa parte l’assessore Gambino. Si tratta di una richiesta di provvedimenti politici, stante l’insostenibilità morale della presenza in giunta dell’assessore ai Lavori Pubblici, una cui «parente in primo grado in linea retta» (per dirla con le parole del sindaco) si sia resa colpevole di un abuso edilizio. Gli antichi romani dicevano che sulla moglie di Cesare non deve aleggiare nemmeno l’ombra del sospetto. Qui ci troviamo di fronte alla denuncia dei Carabinieri e ad una ordinanza di demolizione delle opere abusivamente realizzate dalla figlia di un assessore, ma il sindaco di Corleone (città della legalità!) non sente il dovere morale di “licenziare” l’assessore in questione, trincerandosi dietro contorsionismi tecnico-linguistici. Ma con questi comportamenti che esempio si da all’opinione pubblica e alle giovani generazioni? Quale coerenza c’è tra questi comportamenti e le “prediche” sulla legalità? (d.p.)
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