Auguri, senatore Andreotti. Detto senza celia, come si deve a chi arriva ai novant'anni. Dispiace solo che delle infinite vicende accadute durante questi suoi anni, alcune resteranno orfane di verità, archiviate tra le cose superflue di cui è bene smarrire ogni memoria. Per cui non se ne dolga se qui riannoderò qualche filo di quella memoria. Il 15 ottobre 2004 l'hanno definitivamente scagionata da un'accusa assai grave: essere mafioso. Scagionata, non assolta. La corte ha deciso di non doversi procedere nei suoi confronti perché alcuni fatti e alcune colpe appartenevano a un passato non sufficientemente prossimo. Insomma, erano trascorsi più di vent'anni e il reato di associazione a delinquere era caduto in prescrizione. Buon per lei, senatore. Ma per il paese? Per le istituzioni che lei ha rappresentato? Quel tempo non è poi così remoto, senatore. Racconta la guerra che Cosa Nostra scatenò contro lo Stato: il nostro e il suo. Facciamo l'elenco degli ammazzati? Il colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo, il capo della squadra mobile Boris Giuliano, Peppino Impastato, il giornalista Mario Francese, il segretario della DC Giuseppe Riina, il capo dell'ufficio istruzione Cesare Terranova, il maresciallo Lenin Mancuso, il presidente della Regione siciliana Piersanti Matarella: macelleria mafiosa.Alcuni di quei morti sono bottino di guerra dei Bontate e dei Badalamenti, la vecchia aristocrazia di Cosa Nostra: gli stessi capi mafia che la sentenza indica come amici suoi, senatore Andreotti. Leggiamo insieme? "La Corte ritiene che un'autentica, stabile e amichevole disponibilità dell'imputato verso i mafiosi si sia protratta fino alla primavera del 1980... anche (attraverso) dirette relazioni del senatore Andreotti con gli esponenti di spicco della cosiddetta ala moderata di Cosa Nostra, Stefano Bontate e Gaetano Badalamenti", amichevoli relazioni che "hanno determinato il solerte attivarsi dei mafiosi per soddisfare, ricorrendo ai loro metodi, talora anche cruenti, possibili esigenze dell'imputato o di amici del medesimo...".Metodi talora anche cruenti, senatore. Per soddisfare possibili sue esigenze. Non accadeva sulla luna ma in Sicilia, una trentina di anni fa, quando lei era già stato cinque volte capo del governo e sedici volte ministro. Perché dovremmo far finta che tutto ciò non sia accaduto? Che due sentenze pronunciate in nome del popolo italiano siano solo cialtronerie? Cosa infiamma gli adulatori d'ogni parrocchia politica che oggi si prostreranno e le rivolgeranno i loro benevoli auguri, senza trovare il coraggio di chiederle conto e verità, almeno per una volta, di ciò che sta scritto su quelle sentenze?
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