La Procura di Caltanissetta ha aperto una nuova inchiesta sul fallito attentato al giudice Falcone, sventato quasi per caso il 21 giugno del 1989. Le rivelazioni di un pentito coinvolgono un altro presunto appartenente a Cosa Nostra.
CALTANISSETTA - La Procura della Repubblica di Caltanissetta ha aperto una nuova inchiesta sul fallito attentato al giudice, Giovanni Falcone, sventato il 21 giugno 1989 nella villa a mare dell'Addaura, a Palermo. I magistrati hanno iscritto una persona nel registro degli indagati. Si tratterebbe di un mafioso di Palermo accusato di essere fra gli esecutori materiali e che fino adesso non è stato mai sfiorato dalle indagini. Il nuovo retroscena è stato raccontato ai pm nisseni dal collaboratore di giustizia, Angelo Fontana, un sicario delle cosche di Palermo condannato all'ergastolo. Secondo il pentito, in seguito al fallito attentato a Falcone, venne ucciso uno spacciatore la cui colpa era stata quella di aver assistito alle fasi esecutive del commando che piazzò la borsa con l'esplosivo tra gli scogli, a pochi metri dalla riva, a fianco del passaggio obbligato che dalla villa in cui alloggiava il magistrato conduceva al mare. Il testimone ucciso era Francesco Paolo Gaeta, il quale, secondo Fontana, aveva assistito, per caso, mentre faceva il bagno nel mare dell'Addaura. Fra i nomi che il collaboratore ha fatto c'è anche quello di Angelo Galatolo, 42 anni, condannato a 13 anni in Appello per il fallito attentato. Gaeta, tossicomane, era ritenuto un personaggio inaffidabile. "Per questo motivo - ha rivelato Fontana - Vito Galatolo, padre di Angelo, appariva preoccupato: se a questo lo pigliano, diceva, ci consuma a tutti". Il pentito ha quindi riferito che Vito Galatolo, boss dell'Acquasanta, mai coinvolto nell'inchiesta, in un primo tempo provò a tenere Gaeta sotto controllo, ma in seguito decise di farlo eliminare. Per questo motivo i Galatolo si rivolsero a Fontana, nipote di Vito e cugino di Angelo. Francesco Paolo Gaeta fu ucciso a Palermo il 2 settembre 1992 a colpi di pistola. La causale finora conosciuta di quell'omicidio che costò a Fontana l'ergastolo, fa riferimento ad un regolamento di conti tra trafficanti di droga. er l'attentato all'Addaura sono già stati condannati a 26 anni di reclusione ciascuno Totò Riina, Salvatore Biondino ed Antonino Madonia, mentre Vincenzo Galatolo, zio di Angelo, a 18 anni, a nove anni e quattro mesi il collaboratore di giustizia Francesco Onorato.
La Sicilia, 20/11/2008
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