È partita lunedì da Roma la dodicesima Carovana nazionale antimafie, promossa dalle associazioni Libera, Arci e Avviso Pubblico. Il viaggio, lungo due mesi, prevede cento tappe: un giro per l'Italia attraverso il quale riaffermare l'importanza della legalità e della lotta a tutte le mafie. In realtà le carovane sono due. Entrambe partiranno del centro Italia ma poi si separeranno. Una in direzione Nord, l'altra verso Sud, per poi ricongiungersi a Comiso in Sicilia, il 12 dicembre. La carovana è partita da un luogo già di per sé significativo: la Casa del jazz di Roma, ricavata in una villa sequestrata ad un componente della Banda della Magliana. Alla conferenza stampa di presentazione hanno partecipato Paolo Beni, presidente nazionale Arci, don Luigi Ciotti, presidente di Libera, Roberto Montà, vicepresidente di Avviso Pubblico e Roberto Morrione, presidente di Libera Informazione. All’incontro sono intervenuti anche due familiari di vittime di mafia. Quest’anno la carovana assume un significato particolare visto il 60esimo anniversario della Costituzione e della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. E scopo della Carovana sarà riaffermare i valori di questi due preziosi documenti e «ricordare che in Italia la vera emergenza sicurezza sono mafie e corruzione».
Paolo Beni, presidente nazionale dell’Arci ha lanciato l’allarme sull’espansione della mafie: «I poteri mafiosi allargano la loro influenza sulla società italiana, non sono più ristretti a un ambito regionale, e hanno anche differenziato le loro strategie». Beni ha sottolineato che la mafia «fa affidamento sul vuoto sociale» e dunque è essenziale «creare delle reti di solidarietà, impedire l'isolamento sociale, la devitalizzazione degli spazi democratici». Purtroppo al giorno d’oggi si sta andando in una direzione opposta: «La percezione che si ha è che i valori dominanti siano quelli della competizione e dell'egocentrismo» afferma Beni. Il presidente dell’Arci sottolinea che bisogna invertire la rotta e ricostruire quel «senso di comunità democratica toglie terreno alla cultura dell'illegalità». Don Luigi Ciotti, presidente di Libera, ha spronato all’azione: «Si uccide anche con il silenzio, anche con i nì. Bisogna dire no». Il sacerdote antimafia, dopo aver ricordato Falcone, cita Dalla Chiesa: «Lo Stato dia come diritto ciò che la mafia dà come favore». Il presidente di Libera ha attaccato anche la politica sottolineando che «le mafie non moriranno mai se non si cambia un certo modo di fare le politiche, se non si attuano politiche sociali sui territori». Anche Roberto Montà ha puntato il dito contro le responsabilità della politica evidenziando che «in Italia sono 180 i consigli comunali sciolti per infiltrazioni mafiose». Roberto Morrione ha invece attaccato il mondo del giornalismo sostenendo che «c'è una scarsa attenzione da parte della grande stampa nei confronti dell'espansione delle mafie». La carovana ha chiesto il riconoscimento ufficiale del 21 marzo come giornata della memoria e dell'impegno, dedicata alle vittime della mafia. Infine per i promotori, l’iniziativa non mira solo ad essere contro la mafia ma anche a proporre valori e politiche positive, dal sostegno alle famiglie delle vittime alla promozione della cultura della legalità.
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