di CARLO BONINI
ROMA - Il Comandante Generale della Guardia di Finanza, Cosimo D'Arrigo, siede sul lato lungo del piccolo tavolo di lavoro del suo ufficio in viale XXI Aprile. Generale, Roberto Speciale prima le ha dato del "poveretto" e dell'abusivo, annunciando il suo rientro. Poi, si è dimesso da un incarico in cui nessuno lo aveva reintegrato con una lettera in cui ha messo in mora il legittimo potere costituzionale del Governo, ordinando al suo capo di Stato maggiore di trasmettere la missiva all'intero Corpo. Lei, il primo giugno scorso, nel suo primo ordine del giorno da Comandante generale, scrisse: "Di Roberto Speciale ho apprezzato il profondo senso dello Stato e delle Istituzioni, l'intimo, radicato culto dei valori e delle regole, lo straordinario spirito di servizio verso la nostra Patria!". Userebbe ancora queste parole?
ROMA - Il Comandante Generale della Guardia di Finanza, Cosimo D'Arrigo, siede sul lato lungo del piccolo tavolo di lavoro del suo ufficio in viale XXI Aprile. Generale, Roberto Speciale prima le ha dato del "poveretto" e dell'abusivo, annunciando il suo rientro. Poi, si è dimesso da un incarico in cui nessuno lo aveva reintegrato con una lettera in cui ha messo in mora il legittimo potere costituzionale del Governo, ordinando al suo capo di Stato maggiore di trasmettere la missiva all'intero Corpo. Lei, il primo giugno scorso, nel suo primo ordine del giorno da Comandante generale, scrisse: "Di Roberto Speciale ho apprezzato il profondo senso dello Stato e delle Istituzioni, l'intimo, radicato culto dei valori e delle regole, lo straordinario spirito di servizio verso la nostra Patria!". Userebbe ancora queste parole?
"Innanzitutto, tengo a dire che, come forse lei saprà, il capo di Stato maggiore non ha dato alcun seguito alla richiesta di Speciale. Perché nessun seguito legittimo quella richiesta poteva avere. Detto questo, sarò molto franco. Sette mesi fa espressi quel giudizio sulla base di una conoscenza e di un'amicizia che dura da 42 anni e che oggi confermo, non certo per malinteso senso di generosità. Ma in questi sette mesi sono accadute molte cose. E' un altro film. La situazione è degenerata e il generale Speciale, che ha continuato ad agire per fatto personale, ha perso il senso della realtà. Perché, vede, la lettera di dimissioni da un incarico che non aveva e in cui non avrebbe mai potuto essere reintegrato è una lettera fuori dalla realtà. Dico sempre ai miei collaboratori, che ciascuno di noi ha il suo tempo. Il tempo di Speciale è finito. Lui ha deciso che è finito in una certa data. Per me era finito molto prima".
E' qualcosa di più e di peggio di una lettera fuori della realtà. E' un manifesto di infedeltà istituzionale.
E' qualcosa di più e di peggio di una lettera fuori della realtà. E' un manifesto di infedeltà istituzionale.
"Io non so perché l'abbia scritta. So soltanto che è stato anche sollecitato da alcuni amici dentro e fuori la Guardia di Finanza i quali sostengono che volesse fare "un bel gesto" per liberare il Corpo dall'imbarazzo. Ma non voglio essere ambiguo. E dunque le dico chiaramente che non solo non condivido nulla dei contenuti di quella lettera, ma che i principi della nostra Costituzione prevedono che in caso di conflitto tra Autorità politica e autorità militare, i generali debbano giustamente perdere. Sempre".
A proposito di ambiguità, in questi sette mesi lei ha taciuto. Quasi a conferma di quel che si diceva di lei il giorno della nomina. D'Arrigo è un re Travicello che non riuscirà a spostare neppure un posacenere.
"Non sono un re Travicello e, al di là dell'apparenza, non ho neppure un buon carattere. In questi sette mesi, anche facendo violenza a me stesso, mi sono imposto il silenzio per chiudere con un passato che non ci deve più riguardare. Per disgiungere il problema personale di Roberto Speciale dai destini e dall'immagine di un Corpo di 60 mila donne e uomini. Io dovevo spegnere rapidamente un antagonismo strisciante che attraversava ufficiali di grado elevato del Corpo e non prestare il fianco a strumentalizzazioni interne. Dovevo capire dove stavo, cosa era la Guardia di Finanza e, soprattutto, capire di chi mi potevo fidare non solo dal punto di vista professionale, ma della coerenza con le istituzioni".
Che significa "coerenza con le istituzioni"?
"E' coerente con le istituzioni un finanziere che pensa che la Guardia di Finanza è un'istituzione dello Stato, una risorsa del Paese, non uno strumento buono per l'affermazione di interessi privatistici, di parte. E mi riferisco non solo agli interessi di parte espressi dalla politica, ma anche agli interessi economici. La Guardia di Finanza è un'arma letale. E' una macchina delicata, con le sue criticità, che deve essere tenuta al riparo da tentazioni. Siamo tutti uomini e viviamo immersi nello stesso contesto. Ma la Guardia di Finanza deve essere un'istituzione neutrale. E guardi che non sto parlando solo di un desiderio, ma di un progetto da coltivare quotidianamente".
E quando lei ha assunto il Comando che grado di "contagio" ha registrato?
"Ho avvertito degli schieramenti, delle fazioni. Come dicevo, inevitabilmente, gli ufficiali del Corpo sono funzionari dello Stato esposti. Ma proprio per questo, proprio per comunicare quel concetto di neutralità, non mi sono avventurato nel gioco delle appartenenze e delle opposte fazioni".
Che però esistono. Nella passata legislatura, la Guardia di Finanza di Roberto Speciale è stata uno snodo cruciale di un sistema di spionaggio illegittimo a fini politici che ha visto l'intelligence del Corpo, con il suo II Reparto, lavorare in perfetta osmosi con il servizio segreto militare diretto dal generale Pollari, ex capo di stato maggiore della Finanza. Non c'è stata vicenda cruciale della vita democratica del Paese, dalle scalate bancarie agli accessi abusivi alle banche dati tributarie, alla violazione del segreto istruttorio su notizie politicamente sensibili, che non abbia visto al lavoro dei finanzieri. Non crede che ignorare il problema e dire semplicemente che si volta pagina non sia sufficiente?
"Io non ero qui fino a sette mesi fa, e ho visto una volta sola il generale Pollari, cui, come gesto di cortesia, ho offerto un caffè nel mio ufficio. Io posso dire dunque cosa farò di qui a qualche settimana. La cosiddetta intelligence della Guardia di Finanza, il II Reparto, così come è stato conosciuto, non esisterà più. Sarà riorganizzato. La cosiddetta intelligence della Finanza si occuperà di analisi di fonti aperte, di analisi di banche dati, e terrà rapporti con i nostri ufficiali presenti all'estero nelle ambasciate. Lo spionaggio sarà fatto da chi istituzionalmente lo deve fare, i Servizi. La Guardia di Finanza farà polizia giudiziaria e tributaria, lotta all'evasione".
E il patrimonio di informazioni accumulato in questi anni che fine farà? E come sarà possibile ricostruirne l'uso che ne è stato fatto? Individuare i soggetti cui è già stato consegnato?
"Conosco da una vita e sono amico dell'ammiraglio Branciforte, nuovo direttore del Sismi. E insieme stiamo lavorando proprio a questa materia. Per altro, il Sismi ha cominciato a restituire al Corpo, anche se in numeri ancora molto esigui rispetto all'esodo d'origine - parliamo di una quindicina di effettivi, al momento - sottufficiali che erano transitati al Servizio nella precedente gestione. I finanzieri che rimarranno al Sismi saranno impiegati esclusivamente in attività di spionaggio e contrasto alla criminalità economica, ai grandi traffici illeciti. Le informazioni sin qui raccolte resteranno patrimonio del Corpo e delle sue banche dati, sotto la responsabilità del Comandante generale".
Perché siete stati reticenti sull'uso che è stato fatto nella precedente gestione dei fondi riservati?
"Non siamo stati affatto reticenti. Abbiamo semplicemente ricordato al Parlamento quali sono le procedure che governano l'uso di quei fondi. Che il comandante generale è responsabile dell'intero impiego delle somme in bilancio e che non esistono giustificativi di dettaglio di quelle spese. Oggi, insomma, io sono in grado, per il passato, soltanto di sapere quanto denaro è stato speso, da chi, per autorizzazione di chi e quando. E sono informazioni che, se mi verranno richieste dalla Procura militare di Roma o dalla Corte dei Conti, non avrò nessuna difficoltà a fornire. Detto questo, ho stabilito che d'ora in avanti, i fondi riservati vengano distribuiti per intero soltanto agli uffici periferici per contribuire a far fronte a spese che le nostre limitate risorse spesso non ci consentono di coprire".
In 4 anni, Speciale ha distribuito 500 encomi solenni, di cui hanno beneficiato 100 ufficiali. Non crede che questo sia sufficiente a predeterminare le carriere e dunque il futuro dell'intero Corpo. Ad assicurare continuità con la passata gestione?
"Le rispondo di no. E con assoluta certezza. Prima di Natale, varerò un piano di impiego che prevede l'avvicendamento di circa il 60 per cento degli ufficiali in posizioni di comando su tutto il territorio nazionale. E nelle decisioni che abbiamo preso in Commissione avanzamento, quegli encomi solenni cui lei fa riferimento non hanno pesato. Per un motivo molto semplice. Ne ho esaminato una per una le motivazioni e la legge di avanzamento non prevede che faccia carriera chi ha più encomi. Ma chi è più capace. Per altro, tengo a dire che, oggi, dopo sette mesi, i generali di corpo d'armata sono su questo punto assolutamente coesi con le mie posizioni. Le dirò di più. Ho detto che, personalmente, non darò più di un encomio solenne l'anno. E che quella decisione dovrà essere condivisa dal basso. Dai comandi territoriali".
Anche a Milano ci saranno avvicendamenti?
"Anche a Milano. Perché Milano non è diversa da altri comandi e deve dunque essere una piazza soggetta al naturale turn-over di qualunque altra importante città".
E' ancora convinto che il ponte aereo di spigole e gli elicotteri di Speciale, i voli assicurati ai politici siano, come ebbe a dire all'Espresso, episodi destinati a risultare "meno pregnanti di quel che appaiono"?
"Per noi, la storia delle spigole e dei voli è un terribile macigno che faticheremo a rimuovere. Le dico però che a me le spigole non piacciono e che se a Orvieto è più conveniente andare in macchina che in elicottero, vado in macchina, perché me ne frego dell'immagine. Detto questo, il ministro Padoa Schioppa mi ha chiesto di verificare le procedure che regolano i voli assicurati alle autorità, per renderle più stringenti e sobrie. E' una cosa che farò immediatamente. Tengo anche a dire che, come deciso circa due anni fa, stiamo ammodernando la flotta aeronavale, il che ci consentirà di renderla più efficiente e meno costosa, tagliandola del 40 per cento".
Il viceministro Vincenzo Visco è stato crocifisso per essersi azzardato a denunciare in solitudine nel palazzo della politica "anomalie" nel funzionamento della Gdf. Dopo quel che lei ha detto e promette di fare, aveva poi così torto?
"Il ministro Visco non è un passante. Ha la legittimità e l'autorità di chi è stato eletto democraticamente. Ha delle prerogative politiche che esercita e dunque il diritto di indicare, come ogni ministro, di qualunque colore sia il governo, delle priorità e degli obiettivi cui un comandante generale è tenuto a dare corso. Io ho avuto l'incarico di colmare il gap, il vuoto, che si era aperto tra l'Autorità politica e il Corpo. E sto lavorando per questo".
(La Repubblica, 19 dicembre 2007)
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