di DINO PATERNOSTRO
Ho ancora negli occhi la tre-giorni toscana, i nuovi volti che ho conosciuto, quelli “vecchi” che ho rivisto, i grandi spazi delle feste de “L’Unità”, l’abbuffata di ”cacciucco”, il piatto tipico livornese che richiede almeno cinque qualità di pesce. E poi la presentazione del progetto “Liberarci dalle spine” negli spazi-dibattiti, il grande interesse per i percorsi di legalità che si stanno sperimentando lungo l’asse Sicilia-Toscana, la consapevolezza che le mafie son delle brutte bestie, che tutti insieme dobbiamo battere.
Quest’ultima avventura è cominciata la sera di venerdì 28 luglio, con l’arrivo all’aeroporto di Firenze, dove c’era Maurizio Poggi ad attendermi. Da lì, in macchina, siamo arrivati a Sieci, frazione di Pontassieve, per la presentazione del progetto “Liberarci dalle spine” alla festa de “L’Unità”. Ma prima c’era da onorare la buona cucina fiorentina e i suoi bravissimi cuochi. E l’abbiamo fatto con gusto. Mentre stavamo sorseggiando un caffè al bar, sono arrivati Andrea, Riccardo, Selene, Matilde e Jessica, cinque volontari fiorentini, che erano stati a Corleone qualche settimana prima per lavorare sui terreni confiscati alla mafia. Abbracci e baci. Poi, sollecitati da me («Ma questi ragazzi sono pazzi! Figuratevi che, piuttosto di andare a mare a Rimini o a Riccione, hanno deciso di fare le vacanze a Corleone, lavorando e sudando sui terreni confiscati alla mafia, facendosi i calli alle mani, sotto il sole cocente!», la loro esperienza corleonese l’hanno raccontata con molta passione ai cittadini presenti al dibattito, in un’area attrezzata del grande parco della festa, che confina col fiume Arno. Ed hanno fatto un altro “miracolo”: un assessore di Pontassieve si è “prenotato” per ospitare e commercializzare i prodotti di “Liberaterra” durante una mostra-mercato prevista per novembre.
La sera di sabato 29 luglio, sempre insieme ad Andrea, Riccardo, Selene, Matilde e Jessica, il progetto l’abbiamo presentato a Rosignano Marittimo, in provincia di Livorno. Ad attenderci c’era Angela Concione, che subito ci ha portati al ristorante, “consigliandoci” di assaggiare il loro piatto tipico, il “cacciucco”: un consiglio che non abbiamo potuto rifiutare… Per il dibattito sono arrivati anche Maurizio Pascucci, vera e propria “anima” di “Liberaci dalle spine”, e Francesca Balestri. Era notte fonda quando siamo ritornati a Firenze. La novità di questa tre-giorni toscana è stata che mi hanno persino “impedito” di dormire in albergo. Selene, infatti, mi ha ceduto il suo appartamento di Firenze, per la gioia della madre che, per tre notti, l’ha potuta avere tutta per se. E poi, né lei, né gli altri volontari mi hanno mollato un momento. Abbiamo pranzato e cenato insieme, siamo usciti insieme, abbiamo chiacchierato e discusso insieme per ore. Della lotta alla mafia e dei percorsi di legalità, delle prospettive dell’Italia e del mondo, di rivoluzione e riformismo, di processi democratici dal basso, di poteri e contropoteri. Insomma, di tutto…
In fondo, è questo “il Ponte” Sicilia-Toscana. Abbiamo detto che unisce molto di più di un qualsiasi ponte in acciaio e cemento. Ed è vero. Infatti, è un “ponte” fatto di cuori e sentimenti, di convinzioni ideali e progetti etici, che animano ormai centinaia e centinaia di ragazze e ragazzi, di donne e uomini. Sono le ragazze e i ragazzi che dalla Toscana vengono in Sicilia – a Corleone e a Canicattì – per lavorare sui terreni confiscati alla mafia, affidati alla coop “Lavoro e non solo”. Sono le ragazze e i ragazzi che da Corleone vanno in Toscana, per sperimentare il primo campo antimafia in una Regione, dove quasi tutti credono (e sbagliano) che la mafia non esiste. Sono le donne e gli uomini che questi campi organizzano ed animano sia in Sicilia che in Toscana.
Quanti di questi ragazzi ho conosciuto dal 2005 ad oggi? Tanti. I loro nomi non li ricordo tutti, ma i loro volti sì. Tutti belli e tutti luminosi. Tutti animati da una grande voglia di fare, di costruire, di sognare, di dimostrare che “un altro mondo è possibile”. Qui ed ora. E quanti di queste donne e di questi uomini ho conosciuto dal 2005 ad oggi? Tanti. Maurizio Pascucci, Francesca Balestri, Maurizio Poggi, Calogero Parisi ed Anna Bucca. E i soci della coop, Salvatore, Franco, Bernardo e tutti gli altri.
Se oggi – dopo sconfitta della “primavera” del ’93 – Corleone ha saputo in qualche modo mantenere la sua capacità di “aprire” le porte al “mondo”, di dare e ricevere fiducia, lo si deve a loro, a questi straordinari ragazzi. A quelli che, ostinatamente, lavorano per 365 giorni l’anno sui terreni confiscati alla mafia. E a quelli che dalla Toscana scelgono di venire in Sicilia per lavorare con loro, per stare insieme a loro, per pensare, ridere e scherzare con loro.
Allora, come non essere fiduciosi? Come non avere speranza di futuro? “Quand’ero piccolo – raccontava Paolo Borsellino – la mafia non esisteva e chi ne parlava lo faceva solo per diffamare la Sicilia. Oggi la mafia esiste. I giovani sanno che c’è e le stanno togliendo il consenso”. E tutti sappiamo che, senza consenso, prima o poi essa sarà sconfitta.
Dino Paternostro
1 agosto 2007
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