Il ministro Fabio Mussi critico sul protocollo-welfare: competitività non è solo tagliare il costo del lavoro. Intervista a La Repubblica del 31 luglio 2007
di Luisa Grion
ROMA - Chiarisce subito la sua posizione: «Voglio che il governo resti in carica, credo nella mediazione e nel dibattito parlamentare, ma non tollero che si faccia passare per ricatto quello che è un legittimo dissenso». Fabio Mussi, ministro della Ricerca fa parte di quel terzo della maggioranza contraria al Protocollo sul Welfare. Favorevole all´accordo sulle pensioni - «è un compromesso equilibrato» - non accetta la parte riguardante competitività e lavoro.
Ministro, il Protocollo venerdì andrà al Consiglio dei ministri e probabilmente sarà approvato. Lei cosa farà?
«Darò battaglia politica. E comincerò chiedendo che si apra un tavolo per discutere delle vere questioni riguardanti la competitività, e che il capitolo sul lavoro non sia inserito nella Finanziaria, ma presentato come disegno di legge, in modo da lasciar spazio al dibattito politico».
Perché è contrario a due delle tre parti del Protocollo?
«Perché per quanto riguarda la competitività se ne parla solo in termini di taglio del costo di lavoro. Su innovazione, ricerca, formazione, impegno da parte delle aziende non c´è nulla. Per quanto riguarda il lavoro cosa dire se non che rispetto alle aspettative il risultato è molto deludente?».
Rutelli ha appena detto che gli accordi non si toccano e che è ora di finirla con i ricatti.
«Non accetto che un atteggiamento critico meditato venga bollato come ricatto. Anche perché tutte le volte che Rutelli ha espresso un´opinione nessuno ha parlato di ricatti da parte del centro. Su questo punto voglio essere chiaro: c´è una sinistra parlamentare con 150 rappresentanti, la sua voce ha tutti i numeri per avere un peso. Il partito democratico non ha né i voti, né i seggi per aspirare ad un monocolore, quindi il programma comune va rispettato».
E se la coalizione litiga sul modo di leggere quel programma?
«Se ne parla. Il programma delle elezioni non va più bene? Si ricontratta, vediamo cosa far cadere e cosa mantenere».
I suoi colleghi della sinistra radicale dicono intanto di voler far ricorso alla piazza. Condivide questa posizione?
«Portare la gente in piazza è un rischio, io sono per un dibattito politico che incida sulla linea del governo. Ma se invece di manifestazione contro il governo parliamo di pubbliche discussioni, di immersioni nella realtà del paese bene, credo che ciò sarà buona cosa per tutti».
E se intanto che si dibatte il governo di cui si fa parte cade?
«Una caduta del governo per mano della sinistra è assolutamente da evitare, ma questo non vuol dire piegare la testa e accettare tutto quello che si decide nello spazio assai variegato del nascente partito democratico».
Qual è l´attacco più forte oggi, quello centrista o quello radicale?
«Vedo crescere le vocazioni centriste, ma collegandole alla nascita del Pd credo che la tendenza sia ineluttabile».
L´opposizione ha paragonato i ministri della sinistra radicale alla Banda dei quattro. Lei rivestirebbe il ruolo del «teorico» Zang Chunqiao. Come si trova in quella parte?
«Beh, allora voglio fare la parte della leader: Jiang Qing, la vedova di Mao».
di Luisa Grion
ROMA - Chiarisce subito la sua posizione: «Voglio che il governo resti in carica, credo nella mediazione e nel dibattito parlamentare, ma non tollero che si faccia passare per ricatto quello che è un legittimo dissenso». Fabio Mussi, ministro della Ricerca fa parte di quel terzo della maggioranza contraria al Protocollo sul Welfare. Favorevole all´accordo sulle pensioni - «è un compromesso equilibrato» - non accetta la parte riguardante competitività e lavoro.
Ministro, il Protocollo venerdì andrà al Consiglio dei ministri e probabilmente sarà approvato. Lei cosa farà?
«Darò battaglia politica. E comincerò chiedendo che si apra un tavolo per discutere delle vere questioni riguardanti la competitività, e che il capitolo sul lavoro non sia inserito nella Finanziaria, ma presentato come disegno di legge, in modo da lasciar spazio al dibattito politico».
Perché è contrario a due delle tre parti del Protocollo?
«Perché per quanto riguarda la competitività se ne parla solo in termini di taglio del costo di lavoro. Su innovazione, ricerca, formazione, impegno da parte delle aziende non c´è nulla. Per quanto riguarda il lavoro cosa dire se non che rispetto alle aspettative il risultato è molto deludente?».
Rutelli ha appena detto che gli accordi non si toccano e che è ora di finirla con i ricatti.
«Non accetto che un atteggiamento critico meditato venga bollato come ricatto. Anche perché tutte le volte che Rutelli ha espresso un´opinione nessuno ha parlato di ricatti da parte del centro. Su questo punto voglio essere chiaro: c´è una sinistra parlamentare con 150 rappresentanti, la sua voce ha tutti i numeri per avere un peso. Il partito democratico non ha né i voti, né i seggi per aspirare ad un monocolore, quindi il programma comune va rispettato».
E se la coalizione litiga sul modo di leggere quel programma?
«Se ne parla. Il programma delle elezioni non va più bene? Si ricontratta, vediamo cosa far cadere e cosa mantenere».
I suoi colleghi della sinistra radicale dicono intanto di voler far ricorso alla piazza. Condivide questa posizione?
«Portare la gente in piazza è un rischio, io sono per un dibattito politico che incida sulla linea del governo. Ma se invece di manifestazione contro il governo parliamo di pubbliche discussioni, di immersioni nella realtà del paese bene, credo che ciò sarà buona cosa per tutti».
E se intanto che si dibatte il governo di cui si fa parte cade?
«Una caduta del governo per mano della sinistra è assolutamente da evitare, ma questo non vuol dire piegare la testa e accettare tutto quello che si decide nello spazio assai variegato del nascente partito democratico».
Qual è l´attacco più forte oggi, quello centrista o quello radicale?
«Vedo crescere le vocazioni centriste, ma collegandole alla nascita del Pd credo che la tendenza sia ineluttabile».
L´opposizione ha paragonato i ministri della sinistra radicale alla Banda dei quattro. Lei rivestirebbe il ruolo del «teorico» Zang Chunqiao. Come si trova in quella parte?
«Beh, allora voglio fare la parte della leader: Jiang Qing, la vedova di Mao».
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