venerdì 27 luglio 2007

Enrico Letta: "Sono pronto. Il Pd non sarà un partito personale. Ho studiato da leader...

di Marco Damilano

Gli esordi in politica. Il ruolo di ministro a 32 anni. E ora la sfida a Veltroni: Colloquio con Enrico Letta. Da venerdì in edicola


Alle nove di sera di martedì 24 luglio Enrico Letta gioca con i cubi anti-stress al suo tavolo di sottosegretario alla presidenza del Consiglio a Palazzo Chigi. Arrivano notizie sempre più drammatiche sugli incendi al Sud, la tv è accesa sulle votazioni del Senato, come al solito convulse. Resta solo qualche minuto per concentrarsi sulla novità di queste giornate, la decisione di candidarsi alla guida del Pd con un video trasmesso on line. "Mi è venuta l'idea durante una notte insonne", racconta Letta, deciso a togliersi definitivamente di dosso l'immagine dell'abatino: il giocatore di bello stile che non ama lottare. Appuntamento per i suoi supporter il 14 settembre a Piacenza, una convention nella città del quotidiano 'La Libertà', parola chiave del programma lettiano. Perché ha deciso di candidarsi?"Sul piano personale ho deciso di farlo perché nella vita devi rimettere in circolo i talenti che hai ricevuto. Ho avuto la fortuna di vivere per dieci anni accanto a una delle più grandi personalità del dopoguerra, Beniamino Andreatta. C'è chi ha investito su di me, mi è stata data l'opportunità di fare un'esperienza unica, ministro a trentadue anni in settori cruciali. Ora penso di dover mettere a disposizione quello che ho imparato. Sul piano politico, stiamo costruendo un partito per durare decenni, non per restare uniti nelle prossime tre settimane. Il Pd è l'approdo finale di una lunga transizione: per questo le primarie sono un'occasione straordinaria, da non perdere. Chi dice che basta un candidato unico vede i partiti come una cosa statica, con le loro truppe che non si devono dividere, con i confini già definiti. Non è così: c'è una società piena di idee, di risorse, di competenze. Le primarie saranno un volano".Il suo amico Pierluigi Bersani, però, ha rinunciato per "non disorientare gli elettori". Non si sente un guastafeste?
"Rispetto le decisioni di tutti, e in particolare delle persone che stimo di più. Cosa penso io è implicito nella scelta che ho fatto: rischio in prima persona, ci metto la faccia. Potevo benissimo accodarmi, spero di essere un canale che fa entrare nel Pd gente nuova. E poi, il Pd ha un grande obiettivo di sistema: rompere lo schema del partito personale, il berlusconismo che si è insinuato ovunque, a destra, al centro, a sinistra, una malattia politica che il Pd deve estirpare".Quali sono i sintomi del virus?"L'Italia è un'anomalia in Europa. Tutti i partiti si identificano con il leader che li guida, non hanno una leadership contendibile. In An comanda Fini e Storace se n'è andato, per mettere su un altro partito personale. La politica italiana sembra la casa del Grande fratello, ci sono dieci persone in attesa di nomination. E non è vero che i movimenti personali sono l'effetto dell'americanizzazione della politica, il moderno. Negli altri paesi non funziona così. Il Pd deve rompere questo schema: può far nascere un movimento politico che sopravvive al suo leader e costringere gli altri ad abbandonare la logica del partito personale. Dovrebbe essere l'opposizione a innovare, ma è statica, marmorea, tocca a noi farlo, dal governo".Walter Veltroni rischia di avere contratto la stessa malattia?"No, il Pd non potrà mai essere un partito personale. Ho troppa stima di Veltroni per pensare che possa immaginare una cosa del genere. E so che non è così. E la nostra gente non è un pubblico televisivo, non è una claque che applaude. Ecco perché dico che la competizione è positiva: obbliga tutti a sforzarsi per fare un passo in più".Lei si candida a rappresentare la generazione dei trentenni: pensa di averlo fatto davvero con la riforma delle pensioni?"Questa esperienza di governo mi ha trasformato. Mi ha fatto capire la differenza tra essere riformista nei fatti e esserlo con le parole. Essere riformista a parole non è molto difficile, esserlo nei fatti è molto più complicato. Devi trovare le soluzioni adeguate, sei criticato da una parte e dall'altra, ma poi trasformi un'idea in vita vissuta per milioni di italiani. Sulle pensioni potevamo fare di più, ma abbiamo trovato un equilibrio che rivendico. Abbiamo eliminato l'iniquità dei tre anni in una notte, lo scalone, senza penalizzare in nulla la mia generazione. Abbiamo fatto una sfilza di cose che i giovani aspettavano da anni: il decollo della previdenza integrativa con lo sblocco del Tfr, il riscatto della laurea a costo di saldo, la totalizzazione dei contributi che è la priorità per ogni trentenne, la garanzia che i giovani di oggi non avranno dal 2031 una pensione inferiore al 60 per cento del loro stipendio. Nei fatti abbiamo cominciato ad attaccare quella precarietà che è il vero nemico dei giovani. È stato faticoso, dobbiamo ringraziare Romano Prodi, innanzi tutto, e poi Tommaso Padoa-Schioppa, Cesare Damiano e chi tra le parti sociali ha contribuito a questo buon accordo".

Che lezione trae quando siede qui, al tavolo delle trattative, con le parti sociali?"Visto da qui, da Palazzo Chigi, si ha l'impressione che il sistema stia implodendo, si stia frammentando in mille pezzi, è un vestito di Arlecchino, uno specchio rotto dove ciascuno vuole rappresentare solo un tassello. Per questo serve il Pd: non si fa un partito grande immaginando che si possano sommare i pensionati, gli autonomi, i dipendenti. Serve una visione generale che superi la frammentazione". Il Pd come sarà: più vicino ai sindacati, più vicino alla Confindustria, equidistante?"Il Pd dovrà parlare con tutti. E poi decidere. Il Pd è la grande occasione per finire con il collateralismo. Nella prima Repubblica la Dc rappresentava la Cisl e un po' di Confindustria, il Pci la Cgil e un pezzettino di Uil. Il Pd dovrà parlare allo stesso modo con imprese, lavoratori, lavoro autonomo, cooperative. È una cosa utile anche per il mondo sociale: la logica della cinghia di trasmissione è finita, non c'è più". Lei ha firmato il referendum elettorale puntando al sistema tedesco. Per Arturo Parisi lo scontro è tra chi vuole il ritorno al proporzionale e chi difende il modello bipolare. Lei da che parte sta?"Ho cominciato a fare politica con i primi referendum di Segni. Quel movimento obbligò il sistema politico a una buona legge elettorale, il Mattarellum, lo abbiamo scoperto dopo quando è arrivato il Porcellum. Bisogna fare di tutto per eliminarlo: il referendum è il vincolo esterno più forte, ma il Parlamento può approvare una riforma elettorale. Il modello tedesco sembra quello che raccoglie consensi più larghi, io dico: andiamo a vedere".Dietro il modello tedesco non c'è il ritorno al proporzionale, le mani libere dei partiti che si alleano dopo il voto?"Niente mani libere, il sistema tedesco è tedesco, non italo-tedesco. Un sistema che favorisca il bipolarismo e sia compatibile con i grandi partiti: il Pd sarà un grande partito, dall'altra parte c'è Forza Italia. Dobbiamo costruire un modello elettorale che consenta un bipolarismo non delle estreme, com'è stato fino ad ora, ma un bipolarismo che ruoti attorno ai grandi baricentri dei due campi".Cosa pensa del manifesto dei coraggiosi di Rutelli che chiedono un nuovo centrosinistra? Lei fu il primo a parlare di allargamento della maggioranza..."E infatti c'è stato!"Però Marco Follini oggi è con i coraggiosi di Rutelli. Mentre la sua firma non c'è."Tutti i contributi sono buoni, e anche quello lo è, saranno mesi di discussione. Io ho tante cose da dire, comincerò a dirle. Perché vuol farmi misurare con il manifesto di chi non si candida? Mi candido con le mie idee".Ne anticipi una: il Pd deve allearsi anche con l'Udc o guardare solo a sinistra?"Il nostro obiettivo è rafforzare questa maggioranza. Molto dipenderà dalla forza che il Pd darà al governo Prodi. È questo il passaggio chiave: il Pd sta rafforzando il governo Prodi, aver accelerato è stato positivo perché è possibile fare una mediazione più avanzata se si parte da posizioni più nette. Lo dimostra la vicenda delle pensioni: un Pd dai contenuti riformisti nei fatti e non a parole aiuta il governo Prodi a fare scelte coraggiose". All'ultimo congresso della Margherita lei invitò il partito a sfidare i Ds sulla leadership. Non l'hanno ascoltata, la maggior parte voterà per Veltroni..."Ho detto che non potevamo accontentarci di fare i vice-presidenti e i vice-sindaci. Sono stato conseguente con quel discorso. Potevo acconciarmi a convenienze personali, mi prendo un bel rischio ma come potevo fare altrimenti e poi continuare a dire che bisogna rischiare".Il ticket Veltroni-Franceschini è la fotografia di un atteggiamento rinunciatario?"Rispetto le scelte di ognuno. Le mie sono diverse".Si aspetta che le arrivino voti dai Ds?"La mia candidatura ha senso solo se mette insieme Margherita, Ds e mondo ulivista. Perderne solo uno dei tre sarebbe una sconfitta anche raggiungendo un'alta percentuale di voti".Sa cosa si dice? Veltroni sarà il centro del Pd, la Bindi la sinistra, lei è la destra...
"Prima i contenuti, poi il posizionamento. Punto su un concetto come quello di libertà, che è il contrario dell'arbitrarietà di Berlusconi. Il concetto di partecipazione. La 'missione natalità', affrontare il basso tasso di nascite del nostro paese, che sarà il cuore del mio progetto politico. E la lotta alla cooptazione, il grande disastro nazionale: un metodo che vige nelle università, nelle professioni, in politica con una legge elettorale che è il suo trionfo. Voglio aprire una crociata contro la cooptazione e far partecipare chi non si è mai avvicinato alla politica".Lei è un cattolico dichiarato: condivide la sentenza che proscioglie il medico di Welby, Mario Riccio, dall'accusa di omicidio e lo definisce invece un adempimento del suo dovere? "Sono un cattolico liberale. Su questi temi sfido chiunque ad avere risposte che non siano preconcette. La bussola tradizionale non ti orienta più: buona parte dell'agenda politica non ha più risposte, vanno trovate insieme con un'elaborazione molto complicata".Ha fatto discutere la sua affermazione sugli anni Ottanta come i migliori della vita. Pensava ai Duran Duran o a Craxi?"In Italia sono stati gli anni del debito pubblico, una colpa grave di quella classe politica. Ma io difendo quel decennio. Guardiamolo in dimensione globale. Per me gli anni Ottanta significano la caduta del muro di Berlino, la libertà nei paesi dell'Est, la fine dell'apartheid. È finito il mondo bloccato, chiuso, totalitario, si è aperta la libertà".Per finire: chi mette nel Pantheon del Pd?"Non mi piace questo gioco. Preferisco dire quello che penso. E chiedo a quelli che verranno con me di fare altrettanto".
(Da L'Espresso)
27 luglio 2007

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