Giuseppe Lupo, segretario del Pd Sicilia |
Dopo i corteggiamenti, gli encomi solenni di Lombardo e soci, alla vigilia di un’importante tornata elettorale amministrativa, il Pd siciliano rischia di ritrovarsi solo, frastornato e diviso al suo interno.
L’assemblea di Catania non ha realizzato l’unità del partito nel sostegno alla giunta dei “tecnici”. Anzi, il contrasto ne è uscito aggravato dalle polemiche e dall’annuncio di ben due referendum anti-Lombardo: uno, deliberativo, proposto dall’interno (Bianco ed altri) e l’altro dall’esterno (Idv, Sel, Prc). Consultazioni insidiosissime che, visti i risultati di quelle già svolte e i fermenti del quadro politico, rischiano di delegittimare il gruppo dirigente. Ma, oltre ai problemi interni, il Pd è chiamato ad affrontare quelli più spinosi dei rapporti con i partiti alleati, con lo stesso governatore in vista delle imminenti elezioni amministrative rispetto alle quali il “terzo polo”(dentro cui c’è anche Lombardo) ha dichiarato l’equidistanza da Pdl e Pd e rivendicato la libertà di presentare propri candidati a sindaco e eventualmente trattare con tutti al secondo turno. Alla faccia della coerenza! Si riapre, dunque, l’asta delle opzioni politiche, secondo l’offerta più conveniente.
Cracolici si appella al rispetto dei patti (quali?), e invoca dal governatore le garanzie date a suggello degli accordi di maggioranza ai più sconosciuti.
Affari loro? No, del parlamento, dei cittadini, degli elettori siciliani che hanno il diritto di conoscere la natura e la portata di tali patti segreti che non sono intese fra privati ma accordi politici riguardanti il governo democratico della Sicilia.
In ogni caso, è agevole rilevare che l’equidistanza disinvoltamente proclamata dai partiti del “terzo polo” porterebbe a escludere l’esistenza di un accordo elettorale strategico per le prossime amministrative e per le regionali.
E’ questo un punto politico ineludibile che va chiarito, subito e in pubblico, dai protagonisti di questa maggioranza “carbonara”insediatasi al governo della regione.
Altrimenti, si dovrebbe dar credito alle voci di manovre, occulte e palesi, miranti a riaggregare, su basi nuove, le forze del centro destra in crisi, lasciando il Pd, solo e diviso, col cerino in mano alla ricerca degli alleati perduti, di centro e di sinistra.
Proprio ieri, questi ultimi hanno ribadito a Lupo che senza una rottura con Lombardo non ci saranno accordi elettorali. Insomma, per il Pd siciliano si profila una stagione difficile, dagli esiti imprevedibili.
Anche perché in Sicilia si stanno attivando dinamiche inedite dovute all’irrompere di taluni fatti drammatici, quali la condanna definitiva e l’uscita dalla scena politica del senatore Cuffaro e, per altri versi, le possibili dimissioni del premier Silvio Berlusconi.
Gli effetti prodotti da questi due fatti potranno determinare nell’isola una nuova situazione politica e di governo.
Senza Cuffaro e con Mannino in disparte, il consistente patrimonio elettorale del Pid sarà facile preda dell’occhiuta ingordigia di cacciatori di centro e di destra che se ne contenderanno i quarti più pregiati.
Dietro il Pid, infatti, vediamo un corteo di parenti e amici apparentemente addolorati, ma in realtà impazienti di spartirsi l’eredità del caro estinto.
D’altra parte, di fronte a una prospettiva incerta molti esponenti del Pid cercheranno altrove una ri-collocazione certa.
Credo che l’equidistanza del terzo polo abbia molto a che fare con tale disagio.
Sull’altro versante s’avanza Forza del Sud (Fds) una sorta di partito-insalatiera fondato dal sottosegretario (in carica) on. Micciché contro le chiusure arroganti del suo ministro dell’economia Tremonti e dei suoi alleati della Lega nord.
Trionfo della contraddizione o una limonata scipita per palati poco esigenti?
Come già abbiamo rilevato, Fds è nato come centro di accoglienza per profughi provenienti dal PdL in crisi e oggi (discorso e presenze al convegno inaugurale di domenica ad Agrigento) ambisce a rafforzare il suo ruolo, soprattutto in Sicilia, di diga di contenimento dell’esodo precipitoso dal PdL che potrebbe essere provocato dalle dimissioni di Berlusconi. Sì, perché senza il Cavaliere il Pdl non ha futuro.
Inoltre, Micciché ha necessità di riaggregare attorno alla sua annunciata auto- candidatura a presidente della regione altre forze politiche di destra e di centro, in particolare Fli e Udc.
In questa eventualità, al Pd resterebbe un’unica carta: tentare di mettere insieme Lombardo e i tre partiti alla sua sinistra. Mission impossible, ovviamente.
Se un tale scenario dovesse verificarsi, questo Pd, arroccato ai vertici e diviso alla base, potrebbe restare vittima di un attacco concentrico, da destra e da sinistra, mirante a strappargli quote di consenso e a intaccare la sua rappresentanza negli enti locali e all’Ars dove, per altro, è evidentemente sovradimensionata.
Agostino Spataro* pubblicato in “la Repubblica” del 26 gennaio 2011
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