domenica 12 dicembre 2010

Il funerale e la retorica antimafia

Corleone rischia di restare impantanata nella retorica dell’antimafia. Rischia di restare schiacciata dal “pensiero unico”, secondo cui (in una città proclamata unilateralmente “città della legalità” dall’amministrazione comunale) per la mafia non ci sia (quasi) più spazio. Rischiamo “di farci il film” di una mafia ormai all’angolo o, comunque, sulla difensiva, sotto i “colpi” della magistratura, delle forze dell’ordine, della società civile e del Comune “trasparente”. Rischiamo di coltivare l’illusione dei “Padrini” (in carcere, in procinto di uscire dal carcere o appena usciti dal carcere) guardati male dai cittadini corleonesi, isolati, emarginati. A noi pure piacerebbe pensare tutto questo. Sarebbe bello, se solo fosse vero. Purtroppo, non è vero. Certo, non siamo come 20-30 anni fa, ma ancora bisogna farne di strada. Purtroppo, i boss e i loro “amici” godono ancora di tanto (troppo) rispetto a Corleone. Ed anche di un certo consenso.


Il pretesto per una riflessione sulla Corleone di oggi ci è stato dato dal funerale di Simone Provenzano, fratello del boss mafioso Bernardo, che ha tanto colpito il giornalista di “Repubblica” Salvo Palazzolo. Si tratta delle impressioni di un giornalista onesto, intelligente e coraggioso, che ha tutta la nostra stima. Sicuramente non voleva dire (e non ha detto) che “tutto” il popolo corleonese ha ossequiato il fratello del boss, ma che al funerale si respirava una certa area di “rispetto”, probabilmente di eccessivo “rispetto”. Non si deve scrivere questo? Disturba qualcuno? Invece, faremmo bene ad essere critici, a non abbassare la guardia, perché gli spazi di libertà e di democrazia non sono mai conquistati una volta e per tutte. C’è sempre il rischio del passo indietro, del ritorno al passato. Non dimentichiamo che fino a pochi mesi fa c’è stato un omicidio eccellente nelle campagne vicino Corleone. Non dimentichiamo che tanta parte dell’economia agricola viene ancora fortemente condizionata dai mafiosi. Non lasciamoci trascinare dalla retorica del ministro Alfano, secondo cui si tratta ormai di arrestare l’ultimo boss mafioso ancora in libertà (Matteo Messina Denaro) e Cosa Nostra sarà sconfitta. Purtroppo, la riproduzione della mafia rischia di essere più veloce degli arresti. Per un boss dal nome noto, ci sono tanti altri boss dai nomi meno noti o addirittura sconosciuti in piena attività. Non disarmiamoci per amore di retorica, quindi. (d.p.)

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