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Ci sono ombre inquietanti che si dipanano nel passato del presidente del Senato Renato Schifani. Eda questa oscurità sembrano spuntare di tanto in tanto spettri che avvolgono la vita personale e professionale degli ultimi trent'anni dell'avvocato e senatore eletto nel collegio siciliano di Altofonte- Corleone sotto l'insegna di Silvio Berlusconi. Su questo passato ancora poco chiaro il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, è stato molto preciso: «Sappiamo che, secondo molti testimoni, l'avvocato Schifani aveva rapporti con ambienti pericolosi. E il suo ruolo andava ben oltre la semplice assistenza legale. Sono ombre che non lasciano tranquilli». Sgomberare le ombre misteriose e parecchio aggressive che circolano attorno a questo avvocato che ha difeso davanti ai giudici il patrimonio accumulato dai boss mafiosi e che oggi, quando si parla di Pdl difende sempre tutto e tutti, è un ruolo che spetta alla magistratura. Proprio per questo i pm di Palermo vogliono fare luce su questa zona grigia a partire dal contributo che potrebbe offrire il dichiarante Gaspare Spatuzza.
Ma non è il solo chiamato dalla procura a parlare di Schifani, vi sono anche altri testimoni in lista d'attesa. L'ex boss del quartiere Brancaccio lo scorso ottobre si è aperto con i magistrati di Firenze ed ha sostenuto, durante un interrogatorio, che l'attuale seconda carica dello Stato nei primi anni Novanta avrebbe avuto un ruolo nel mettere in contatto i mafiosi stragisti Giuseppe e Filippo Graviano con Marcello Dell'Utri e Silvio Berlusconi. La procura fiorentina non ha approfondito il tema perché non è di sua competenza, ed ha inviato a Palermo il verbale top secret. Solo in parte è stato depositato nel processo d'appello a Dell'Utri, ma il fulcro sul quale potrebbero ruotare nuovi scenari giudiziari e politici è ancora coperto dalla massima segretezza. Il boss Giuseppe Graviano di cui parla il dichiarante è lo stesso che nel 1993 subito dopo avere organizzato le stragi di Roma, Milano e Firenze, avrebbe detto a Spatuzza «ci siamo messi il Paese nelle mani» grazie a Berlusconi e Dell'Utri che stavano per entrare in politica.
Ciò che afferma Spatuzza sul ruolo di Schifani nel mettere in contatto i Graviano con Dell'Utri e Berlusconi è solo farina del suo sacco o è stata davvero una confidenza del boss stragista? A sciogliere il nodo saranno i pm siciliani che a settembre interrogheranno Spatuzza per chiarire questo collegamento e valutare eventuali sviluppi giudiziari.
Su Schifani pende infatti un'archiviazione - decisa dal gip di Palermo nel 2002 - per concorso esterno in associazione mafiosa: un procedimento che può essere riaperto solo con l'arrivo di nuovi elementi d'accusa.
L'inchiesta archiviata nei confronti del presidente del Senato, all'epoca avvocato civilista, riguardava vicende diverse e prendeva le mosse dalle dichiarazioni del pentito Salvatore Lanzalaco su un appalto che sarebbe stato pilotato dalla mafia a Palermo.
Erano i primi anni Novanta e in quel periodo i lavori pubblici venivano decisi attorno a un tavolo al quale sedevano i boss, gli imprenditori e i politici. Lo studio di progettazione di Lanzalaco preparava gli elaborati per le gare, i politici mettevano a disposizione i finanziamenti, le imprese si accordavano, la mafia eseguiva i subappalti. Inoltre clan e uomini di partito incassavano anche una tangente.
Tutt'altra storia rispetto alle trattative condotte dalle cosche nel 1993 per trovare nuovi referenti politici. Ma pur sempre indagini relative all'ipotesi di un sostegno esterno a Cosa nostra e che potrebbero venire quindi riaperte in base alle nuove dichiarazioni di Spatuzza.
Il procuratore Francesco Messineo ha deciso che a occuparsi della questione saranno gli aggiunti Antonio Ingroia e Ignazio De Francisci e i sostituti Nino Di Matteo e Paolo Guido, che hanno già individuato una lista di persone da sentire: oltre a Spatuzza, il collaboratore di giustizia Francesco Campanella, il giovane politico di Villabate, alle porte di Palermo, amico dell'ex ministro Mastella, che fece arrivare a Bernardo Provenzano la falsa carta d'identità per il ricovero a Marsiglia.
Fonte: L'Espresso
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