Sei miliardi di euro torneranno alla Regione, diminuiranno i costi delle bollette
di Ignazio Panzica
Parrebbe “alea iacta est”. Il Governo Lombardo ter, con il sostegno del PD, ha deciso di introdurre nella prossima Finanziaria regionale una norma per “far tornare nelle mani delle pubbliche amministrazioni la gestione delle acque in Sicilia”. Lo ha deciso la Giunta regionale di Governo. Si interrompe così, un allegro banchetto economico di enormi dimensioni, a cui si erano autoinvitate grandi imprese private (italiane e straniere) sbarcate in Sicilia negli anni scorsi per mettere le mani sopra le risorse idriche siciliane. Ma anche sui finanziamenti pubblici (provenienti da UE, Stato, Regione e gli stessi comuni) per tutti gli interventi di lavori migliorativi che le bucherellate e vetuste reti idriche siciliane necessitano.
Il dato finanziario sin’ora acclarato parla di sei miliardi di euro nell’arco di trent’anni, procedendo secondo un cauto calcolo di stima, fondato su valori economici odierni. Ovviamente, al netto degli altrettanto guadagni stratosferici, mensili e cash, provenienti dagli aumenti indiscriminati delle bollette dell’acqua ai cittadini siciliani. Il caso più clamoroso, per sfacciataggine, è stato quello di APS (Acque Potabili Siciliani) che tre anni fa ha vinto la gara (ndr. peraltro, cosa strana, in quanto unico partecipante) per la gestione dell’intero sistema idrico della provincia di Palermo. Degli investimenti promessi di tasca sua , siamo ad una quota attorno alle due/tre centinaia di migliaia di euro. In compenso, stanno programmando la gestione, con regole private essendo privati, di lavori di ristrutturazione ed innovazione delle reti per decine di milioni di euro dei primi finanziamenti pubblici. Ma non basta. L’APS nel contratto firmato con i comuni della provincia di Palermo, si è garantita, oltre alla copertura (accollata sempre aumentando liberamente e periodicamente le bollette agli utenti) dei costi generali, un utile contrattuale annuo anch’esso garantito, che non può scendere sotto il 7% , a consuntivo di fine anno.
In Giunta di Governo è stato l’Assessore Cimino ai proporre l’emendamento governativo per chiudere con i “processi di privatizzazione” della gestione delle acque in Sicilia. Emendamento concordato con i deputati regionali del PD Cracolici e Panepinto.
In particolare Panepinto, è uno dei portavoce del “cartello dei 143 comuni siciliani promotori all’ARS di un ddl per l’acqua pubblica”. Proposta di legge popolare avanzata in rappresentanza di un milione e quattrocentomila siciliani che, con molta probabilità, fungerà da base al ddl di riforma del sistema idrico siciliano, atteso in aula subito dopo la Finanziaria. Del resto, il deputato regionale agrigentino del PD, è stato testimone oculare della “follia della privatizzazione”. Avendo assistito in diretta alle performance “senza rossore in viso” della Girgenti Acque, che ad Agrigento ha fatto tanto male, da riuscire a mettersi contro sia il centrosinistra, che il centrodestra (cuffariani compresi), riuscendo ad aumentare le tariffe idriche senza, però, mai aver accennato a risolvere, o migliorare, il dramma dell’acqua nell’agrigentino. Finendo, infine, pure, più volte clamorosamente bistrattata e sbugiardata su trasmissioni televisive nazionali come “Striscia la notizia”, “Report”, “Exit”; un disastro vero e proprio.
La norma di ripubblicizzazione dell’acqua che presenterà il Governo Lombardo, procederà allo scioglimento degli “ATO idrici”, prevedendo un regime transitorio di 12 mesi per le società miste, o tutte private, che già operano nelle province dell’Isola, laddove gestiscono i sistemi e le reti idriche. Scioglimento che, peraltro, è coerente con l’abrogazione dell’art.148 del Dlgs 152/06 ottenuto in Parlamento dalla Lega Nord solo a fine marzo scorso. Allo spirare dei 12 mesi, i contratti privati, oggi in essere, decadranno tutti. Ai privati la legge concederà solo piccoli indennizzi (ndr. solo il danno emergente) da determinare secondo taluni parametri precostituiti caso per caso.
Quali le previsioni sulla futura legge di riforma che seguirà dopo la Finanziaria regionale. Il primo passo per la “ripubblicizzazione del bene acqua”, dovrebbe essere la trasformazione di “Sicilia Acque” (ndr. erede dell’EAS) da “Spa” di diritto privato ad un “Ente di diritto pubblico”. A cascata, l’operazione dovrebbe ripetersi in tutte le nove province siciliane; grossomodo sulla falsariga della già varata “riforma del sistema regionale dei rifiuti”. Prevedendo, per il futuro, una lista certa di diritti e doveri in capo ai comuni -gestori di nuovo in prima persona - seppure tra loro liberamente consorziati.
Stesse certezze sono programmate per la determinazione delle tariffe, a cominciare dal ritorno di quelle sociali per l’uso domestico-familiare: “Le tariffe per tutti gli usi dovranno essere definite tenendo conto dei principi di cui all’articolo 9 della Direttiva 2000/60 CE e dovranno contemplare, con eccezione per l’uso domestico, una componente aggiuntiva di costo per compensare : a) le attività di depurazione o di riqualificazione ambientale necessarie per compensare l’impatto delle attività per cui viene concesso l’uso dell’acqua; b) la copertura dei costi relativi alle attività di prevenzione e controllo”.
Ma attenzione che, l’iniziativa del Governo regionale sul sistema della gestione privata delle acque in Sicilia, viene ad ovviare a due pesanti ed inquietanti controindicazioni che si erano addensate sul settore privatizzato.
La prima, ovviamente, si riferiva alle numerose infiltrazioni già documentate dalle varie Procure dell’Isola. Il caso più clamoroso è stato quello di Franco Gulino (proprietario di un gruppo di quaranta società operanti in diverse regioni italiane, con interessi pure in Sud America) rinviato a giudizio dai PM di Messina “per concorso esterno in associazione mafiosa”, per l’affare dei rifiuti di “MessinAmbiente”. Vicenda giudiziaria nella quale, tramite l’Emit, è finita pure la potente e discussa famiglia Pisante. In quell’occasione nell’aprile 2007, l’Altecoen la società di Gulino, è stata definita dalla Corte dei Conti siciliana : “un’azienda infiltrata dalla criminalità mafiosa, che risulta introdotta pure nel settore dei termovalorizzatori, al fine di ottenere ingenti guadagni”.
La seconda, invece, l’aveva addirittura sollevata, nel novembre 2006, Giuseppe Catricalà Presidente della Autorità garante della concorrenza”, con una serie di rilievi sulla gara per l’Ambito territoriale ottimale (ATO) celebrata nella provincia di Palermo, ed aggiudicata a un raggruppamento temporaneo di imprese, poi confluito in Acque Potabili Siciliane (APS).In particolare, sono questi i rilievi dell’Authority Antitrust : commistione di ruoli tra affidamento dei servizi e appalto dei lavori; possibilità di esecuzione dei lavori da parte degli stessi soci di APS; snaturamento dell’oggetto della gara, il cui vero scopo sembra essere l’accaparramento dei lavori da parte dei soci (in questo caso sino al 70% delle opere), più che l’affidamento in gestione del servizio idrico. Poi, ancora, la composizione azionaria di Aps. Secondo Catricalà, la quota di maggioranza assoluta, il 52%, è posseduta da Società acque potabili di Torino - controllata per il 30,86% da Iride (Amga di Genova e Aem di Torino) - e per una quota analoga da Smat (Societa metropolitana acquedotti di Torino).
Tra gli altri soci di APS figurano il costruttore pugliese Giovanni Putignano, uno dei leader nella progettazione, costruzione e gestione di impianti idrici. Ma anche il colosso Conscoop, la grande cooperativa di costruzione emiliana presente anche in Unipol. Nonché, l’onnipresente Ottavio Pisante, stavolta con “Galva”. La compagine azionaria riunisce intorno a un socio specializzato nelle gestione dei servizi idrici (le utilities di Genova e Torino), imprese di progettazione, costruzione e impiantistica: le stesse che possono realizzare fino al 70% delle opere.
Insomma, la ripubblicizzazione delle acque in Sicilia, se riuscirà ad andare in porto con la Finanziaria, rappresenta una svolta epocale : a) per il ruolo di contestazione democratica che ha giocato un movimento (politicamente trasversale) di 143 comuni; b) perché era ed è uno dei principali impegni programmatici antimafia concordati tra il presidente della Regione e l’asse Cracolici-Lupo-Lumia nel PD siciliano.
In termini economici, fra riforma dell’acqua e chiusura del piano dei quattro megatermovalorizzatori, saranno stati sottratti alla” influenza” delle infiltrazioni mafiose una massa di denaro attorno ai 13 miliardi di fondi pubblici. In gran parte utilizzabili, poi, in modi e con programmi più conducenti all’interesse collettivo dei siciliani, e più aderenti agli interessi dell’economia ”ridando ossigeno” al mercato del mondo delle imprese in Sicilia.
Siciliainformazioni, 16 aprile 2010
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