PRESIDENTE.È iscritto a parlare il senatore Lumia. Ne ha facoltà.
LUMIA (PD). Signor Presidente, onorevole Ministro, onorevole Sottosegretario, colleghi, il testo licenziato dal Governo aveva una buona idea – che il Partito Democratico chiedeva da mesi venisse messa all’ordine del giorno delle priorità complessive dello Stato e dei lavori del Parlamento – ma non era un buon testo. La Camera lo ha corretto e ha fatto un buon lavoro, al quale rendiamo onore. Tuttavia lo strumento del decreto ci impedisce oggi al Senato di apportare altre correzioni che sicuramente potrebbero trovare unanimità, nonché essere utili per rendere operativa, responsabile ed efficace la struttura dell’Agenzia nei suoi compiti, nei suoi rapporti con il territorio, nel suo personale, nella possibilità di utilizzare veramente a fini sociali e produttivi i beni confiscati. Questo non ci è stato consentito perché il decreto-legge va in scadenza.
Ecco perché, Ministro, al Senato deve prendere formalmente l’impegno che all’avvio dei lavori dell’Agenzia ci sarà un’attenta cura per intervenire nuovamente, in modo veloce e snello, e fare in modo che questa idea non fallisca. In quel caso, infatti, perderemmo tutti credibilità, perché nella lotta alla mafia l’aggressione ai patrimoni e soprattutto l’utilizzo sociale e produttivo di questi beni sono l’arma vincente, l’arma insostituibile, un’arma tanto cara a Pio La Torre, colpito il 30 aprile 1982 a Palermo, e al prefetto, generale Dalla Chiesa, colpito il 3 settembre dello stesso anno sempre a Palermo. Il Parlamento in quel caso arrivò il giorno dopo – secondo quella idea dell’antimafia che spesso qualifico come “il ritardo perdente” – cioè solo il 13 settembre.
Ministro, c’erano due idee che potevano rendere la buona proposta dell’Agenzia debole in partenza, anzi, per alcuni versi, contraddittoria e destinata al fallimento: la vendita dei beni e l’esclusione dell’autorità giudiziaria, soprattutto nella fase iniziale, quando il bene è ancora sotto sequestro. Lei sa, Ministro, che quando il bene è ancora sotto sequestro l’autorità giudiziaria, attraverso gli amministratori giudiziari, può continuare l’indagine, può scoprire ulteriori beni che si nascondono, può evitare che le organizzazioni mafiose mantengano un dominio e un controllo, diretto o indiretto, su quel bene. Abbiamo fatto bene, c’è stata una battaglia dura, sia contro la vendita dei beni sia per reinserire la funzione, in cooperazione con l’Agenzia, dell’autorità giudiziaria attraverso gli amministratori giudiziari, ma non siamo riusciti a risolvere altre questioni, che adesso le sottopongo.
L’Agenzia, Ministro, come è stato detto da diversi colleghi, nasce come una struttura debole, intanto nel personale. Per questo le chiediamo di valorizzare quel personale che ha maturato un’esperienza nell’Agenzia del demanio, una struttura che non ho mai difeso, perché l’ho sempre ritenuta inadeguata, chiamandolo a far parte dell’Agenzia, così da dare subito un impulso operativo e positivo, senza perdere tempo ed evitando che l’Agenzia possa subire intermediazioni clientelari della politica che possano portare all’immissione nell’Agenzia stessa di personale invece scadente e non preparato a svolgere la funzione che la legge gli assegna.
Infine, Ministro, con la non costituzione in tutte le prefetture di comitati non burocratizzati in mano al coordinamento dei prefetti si rischia di assegnare all’Agenzia un compito che non può svolgere in tempi velocissimi. Si immagini lei, Ministro: circa 5.000 beni ancora non assegnati che l’Agenzia dovrebbe direttamente, in modo centralizzato, assegnare nei vari territori. Ma mi dica un po’, Ministro: che ne sa l’Agenzia (che avrà la sua operatività positiva a Reggio Calabria) di Milano? Ma che ne sa (se la scelta fosse stata Milano) un’agenzia centralizzata a Milano di quello che succede a Reggio Calabria o Palermo? L’assegnazione dei beni confiscati deve essere riposta ai comitati provinciali governati e coordinati dai prefetti perché, come è stato dimostrato in Commissione parlamentare antimafia, i prefetti sono stati un elemento chiave e positivo per la gestione dei beni confiscati.
Certo, abbiamo registrato casi scandalosi come quello che è avvenuto a Palermo, su cui ho presentato anche un’interrogazione, dove alcuni beni sono stati assegnati ad organizzazioni con fini di lucro e senza un’attività sociale. Un fatto gravissimo su cui dovrebbe vigilare, Ministro, e su cui dovrebbe accertare tutte le responsabilità per andare sino in fondo senza guardare in faccia nessuno. Ma la possibilità di dotare di strumenti e di funzioni dirette i comitati provinciali attraverso i prefetti potrebbe essere una chiave vincente, lasciando all’Agenzia nazionale compiti di coordinamento e poteri sostitutivi qualora nei territori non si abbia la forza, la capacità di poter assegnare quei beni e controllare il corretto uso sociale dei beni confiscati.
Così, Ministro, vi è un altro fatto gravissimo: l’assenza di un fondo. I beni confiscati, come lei sa, nella stragrande maggioranza dei casi sono vandalizzati e distrutti dalle organizzazioni mafiose. Quando sanno che quel bene è destinato al sequestro, ecco che immediatamente cala la mannaia delle organizzazioni mafiose e quando soprattutto il bene è destinato alla confisca viene del tutto reso privo delle sue qualità. In sostanza viene vandalizzato. Ecco perché, Ministro, avere un fondo in grado non solo di ripristinare l’agibilità dei beni ma soprattutto di accompagnarne l’utilizzo sociale e produttivo è un elemento vincente.
Ecco perché abbiamo proposto anche qui diverse soluzioni. Nella vostra ottica, mi piacerebbe sapere se siete d’accordo di destinare una piccola percentuale, almeno il 15 per cento, del cosiddetto Fondo giustizia al ripristino dell’uso sociale e produttivo dei beni. Avanziamo diverse proposte anche attraverso emendamenti. Scelga una di queste proposte e costituisca questo fondo per fare in modo che l’uso sociale e produttivo dei beni sia l’arma vincente e non diventi una corsa ad ostacoli, piena di difficoltà, spesso in grado di portare al fallimento piuttosto che al successo.
Inoltre, Ministro, ci sono gravi manchevolezze, tra le quali la più importante è l’assenza di un ruolo forte degli enti locali. Quando l’ente locale è coinvolto quel bene confiscato responsabilizza tutta la comunità. Quando l’ente locale si deve riunire in consiglio comunale, quando il sindaco deve fare una scelta, quel bene confiscato sul territorio diventa una grande risorsa ed anche un’assunzione di responsabilità, perché quando l’ente locale è privo di responsabilità quel bene scivola sulla pelle della comunità locale. Invece quando quel bene chiama in causa il ruolo, le funzioni dell’ente locale, quel bene diventa scelta di vita per molti sindaci, per molti consiglieri comunali. Diventa un colpo mortale all’organizzazione mafiosa.
In conclusione, Ministro, un altro riferimento: il volontariato deve essere coinvolto di più. Infine, Ministro, se dovete fare una sede a Palermo, vi propongo Corleone: lì può esserci una sede vera, con grande significato e con una grande funzione.
(Applausi dal Gruppo PD e del senatore Astore).
LUMIA (PD). Signor Presidente, onorevole Ministro, onorevole Sottosegretario, colleghi, il testo licenziato dal Governo aveva una buona idea – che il Partito Democratico chiedeva da mesi venisse messa all’ordine del giorno delle priorità complessive dello Stato e dei lavori del Parlamento – ma non era un buon testo. La Camera lo ha corretto e ha fatto un buon lavoro, al quale rendiamo onore. Tuttavia lo strumento del decreto ci impedisce oggi al Senato di apportare altre correzioni che sicuramente potrebbero trovare unanimità, nonché essere utili per rendere operativa, responsabile ed efficace la struttura dell’Agenzia nei suoi compiti, nei suoi rapporti con il territorio, nel suo personale, nella possibilità di utilizzare veramente a fini sociali e produttivi i beni confiscati. Questo non ci è stato consentito perché il decreto-legge va in scadenza.
Ecco perché, Ministro, al Senato deve prendere formalmente l’impegno che all’avvio dei lavori dell’Agenzia ci sarà un’attenta cura per intervenire nuovamente, in modo veloce e snello, e fare in modo che questa idea non fallisca. In quel caso, infatti, perderemmo tutti credibilità, perché nella lotta alla mafia l’aggressione ai patrimoni e soprattutto l’utilizzo sociale e produttivo di questi beni sono l’arma vincente, l’arma insostituibile, un’arma tanto cara a Pio La Torre, colpito il 30 aprile 1982 a Palermo, e al prefetto, generale Dalla Chiesa, colpito il 3 settembre dello stesso anno sempre a Palermo. Il Parlamento in quel caso arrivò il giorno dopo – secondo quella idea dell’antimafia che spesso qualifico come “il ritardo perdente” – cioè solo il 13 settembre.
Ministro, c’erano due idee che potevano rendere la buona proposta dell’Agenzia debole in partenza, anzi, per alcuni versi, contraddittoria e destinata al fallimento: la vendita dei beni e l’esclusione dell’autorità giudiziaria, soprattutto nella fase iniziale, quando il bene è ancora sotto sequestro. Lei sa, Ministro, che quando il bene è ancora sotto sequestro l’autorità giudiziaria, attraverso gli amministratori giudiziari, può continuare l’indagine, può scoprire ulteriori beni che si nascondono, può evitare che le organizzazioni mafiose mantengano un dominio e un controllo, diretto o indiretto, su quel bene. Abbiamo fatto bene, c’è stata una battaglia dura, sia contro la vendita dei beni sia per reinserire la funzione, in cooperazione con l’Agenzia, dell’autorità giudiziaria attraverso gli amministratori giudiziari, ma non siamo riusciti a risolvere altre questioni, che adesso le sottopongo.
L’Agenzia, Ministro, come è stato detto da diversi colleghi, nasce come una struttura debole, intanto nel personale. Per questo le chiediamo di valorizzare quel personale che ha maturato un’esperienza nell’Agenzia del demanio, una struttura che non ho mai difeso, perché l’ho sempre ritenuta inadeguata, chiamandolo a far parte dell’Agenzia, così da dare subito un impulso operativo e positivo, senza perdere tempo ed evitando che l’Agenzia possa subire intermediazioni clientelari della politica che possano portare all’immissione nell’Agenzia stessa di personale invece scadente e non preparato a svolgere la funzione che la legge gli assegna.
Infine, Ministro, con la non costituzione in tutte le prefetture di comitati non burocratizzati in mano al coordinamento dei prefetti si rischia di assegnare all’Agenzia un compito che non può svolgere in tempi velocissimi. Si immagini lei, Ministro: circa 5.000 beni ancora non assegnati che l’Agenzia dovrebbe direttamente, in modo centralizzato, assegnare nei vari territori. Ma mi dica un po’, Ministro: che ne sa l’Agenzia (che avrà la sua operatività positiva a Reggio Calabria) di Milano? Ma che ne sa (se la scelta fosse stata Milano) un’agenzia centralizzata a Milano di quello che succede a Reggio Calabria o Palermo? L’assegnazione dei beni confiscati deve essere riposta ai comitati provinciali governati e coordinati dai prefetti perché, come è stato dimostrato in Commissione parlamentare antimafia, i prefetti sono stati un elemento chiave e positivo per la gestione dei beni confiscati.
Certo, abbiamo registrato casi scandalosi come quello che è avvenuto a Palermo, su cui ho presentato anche un’interrogazione, dove alcuni beni sono stati assegnati ad organizzazioni con fini di lucro e senza un’attività sociale. Un fatto gravissimo su cui dovrebbe vigilare, Ministro, e su cui dovrebbe accertare tutte le responsabilità per andare sino in fondo senza guardare in faccia nessuno. Ma la possibilità di dotare di strumenti e di funzioni dirette i comitati provinciali attraverso i prefetti potrebbe essere una chiave vincente, lasciando all’Agenzia nazionale compiti di coordinamento e poteri sostitutivi qualora nei territori non si abbia la forza, la capacità di poter assegnare quei beni e controllare il corretto uso sociale dei beni confiscati.
Così, Ministro, vi è un altro fatto gravissimo: l’assenza di un fondo. I beni confiscati, come lei sa, nella stragrande maggioranza dei casi sono vandalizzati e distrutti dalle organizzazioni mafiose. Quando sanno che quel bene è destinato al sequestro, ecco che immediatamente cala la mannaia delle organizzazioni mafiose e quando soprattutto il bene è destinato alla confisca viene del tutto reso privo delle sue qualità. In sostanza viene vandalizzato. Ecco perché, Ministro, avere un fondo in grado non solo di ripristinare l’agibilità dei beni ma soprattutto di accompagnarne l’utilizzo sociale e produttivo è un elemento vincente.
Ecco perché abbiamo proposto anche qui diverse soluzioni. Nella vostra ottica, mi piacerebbe sapere se siete d’accordo di destinare una piccola percentuale, almeno il 15 per cento, del cosiddetto Fondo giustizia al ripristino dell’uso sociale e produttivo dei beni. Avanziamo diverse proposte anche attraverso emendamenti. Scelga una di queste proposte e costituisca questo fondo per fare in modo che l’uso sociale e produttivo dei beni sia l’arma vincente e non diventi una corsa ad ostacoli, piena di difficoltà, spesso in grado di portare al fallimento piuttosto che al successo.
Inoltre, Ministro, ci sono gravi manchevolezze, tra le quali la più importante è l’assenza di un ruolo forte degli enti locali. Quando l’ente locale è coinvolto quel bene confiscato responsabilizza tutta la comunità. Quando l’ente locale si deve riunire in consiglio comunale, quando il sindaco deve fare una scelta, quel bene confiscato sul territorio diventa una grande risorsa ed anche un’assunzione di responsabilità, perché quando l’ente locale è privo di responsabilità quel bene scivola sulla pelle della comunità locale. Invece quando quel bene chiama in causa il ruolo, le funzioni dell’ente locale, quel bene diventa scelta di vita per molti sindaci, per molti consiglieri comunali. Diventa un colpo mortale all’organizzazione mafiosa.
In conclusione, Ministro, un altro riferimento: il volontariato deve essere coinvolto di più. Infine, Ministro, se dovete fare una sede a Palermo, vi propongo Corleone: lì può esserci una sede vera, con grande significato e con una grande funzione.
(Applausi dal Gruppo PD e del senatore Astore).
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